Suburra - La serie: parlano i registi Michele Placido e Andrea Molaioli e la produttrice Gina Gardini
Il prequel in 10 episodi del film di Stefano Sollima è disponibile su Netflix dal 6 ottobre.

Suburra…In principio fu il libro di Giancarlo de Cataldo e Carlo Bonini, che fotografarono Roma nella sua opulenza e nella sua miseria in un testo che partiva dalla realtà ma che la coloriva e la arricchiva, mescolando i poteri forti in uno scenario da girone dantesco.
Poi arrivò l’adattamento di Stefano Sollima, un noir cupo, violento e popolato da personaggi quasi shakespeariani che parlava la lingua di un cinema stiloso, impeccabile, mai fumettistico.
Adesso è la volta di un prequel articolato in dieci episodi nato dalla collaborazione fra Cattleya e Netflix e che sarà disponibile sulla piattaforma on demand a partire dal 6 ottobre.
Ambientata fra la periferia, il Vaticano, i corrodoi del potere politico e la Roma "bene" dei salotti, Suburra - La serie si svolge nel 2008 e si concentra prevalentemente su tre ragazzi: Aureliano Adami, Spadino e Lele. Tre sono anche i registi che si sono "divisi" quasi dieci ore di azione, malefatte e dialoghi ora in lingua sinta ora in un romanesco mai caricaturale: Michele Placido, Andrea Molaioli e Giuseppe Capotondi. Nel giorno della presentazione della serie a Roma, incontriamo i primi due, accompagnati dalla produttrice Gina Gardini.

Regista dei due episodi iniziali, Placido saluta con entusiasmo la rivoluzione e modernizzazione a cui sta andando incontro la tv italiana: "Non pensavo che le cose sarebbero cambiate così in fretta nel nostro paese, e che avrebbero dato a noi registi la possibilità di esprimersi con tanta creatività investendo una tale quantità di denaro. Sono stato fortunato a entrare nel progetto Suburra - La serie. Avevo già lavorato con Cattleya per Romanzo criminale e la serie di Romanzo Criminale".
"La soddisfazione di questo lavoro" - continua Andrea Molaioli - "era già tutta contenuta nella nostra missione: realizzare una serie nata con l’intento di rivolgersi a una vasta platea internazionale. Al termine delle riprese, ho avuto la sensazione di aver fatto davvero qualcosa di diverso. E' stato bello partecipare a un progetto collettivo e conciliare il mio metodo di lavoro e la mia sensibilità con le visioni altrui".

A guardare tutta d’un fiato Suburra - La Serie non si ha l’impressione di trovarsi di fronte a un animale a tre teste, a una storia raccontata con tre stili inconciliabili e perciò disorganica, e questo perché a legare Placido, Capotondi e Molaioli sono stati fin dall’inizio diversi elementi. "Abbiamo trascorso del tempo insieme, prima di girare" - dice Placido - "per trovare una linea comune. Ognuno di noi ha una sensibilità particolare. Non abbiamo dovuto discutere per dividerci gli episodi".
"A prescindere dalle nostre differenze" - interviene Molaioli - "c’era una matrice comune fra noi tre, e cioè l’aver raccontato storie che hanno a che fare con la realtà e il desiderio che mai ci abbandona di nararre l’Italia nel suo aspetto politico e sociale".
"Avevamo due denominatori comuni" - riprende Placido - "Gina Gardini e Arnaldo Catinari, che ha seguito passo passo il progetto e ci ha accompagnati nei sopralluoghi. Avendo fatto il Centro Sperimentale di Cinematografia come regista, Catinari è un direttore della fotgrafia speciale. Gina, invece, ci ha regalato la sua esperienza di produttrice".

Gina Gardini, a cui dobbiamo anche le serie di Romanzo Criminale e Gomorra ci spiega il suo metodo di lavoro e, dalle sue parole, capiamo quanto il suo ruolo sia stato fondamentale nei 7 lunghi mesi di lavorazione: "Faccio in modo che il regista di turno abbia sempre ben presente la scena che sta girando. Cerco di non perdere mai di vista né l’arco della storia né quello del singolo personaggio. Noi non giriamo le serie in stile americano. In America il regista arriva, legge le poche pagine di sceneggiatura, gira in 9 giorni, dedica 1 giorno al montaggio e poi va via. Noi ci prendiamo cura dei nostri registi e li teniamo impegnati per più tempo, ma diamo loro piena libertà".
La Gardini ha trovato in Netflix un committente fenomenale e democratico che, sì, ha suggerito l’introduzuone di qualche personaggio femminile in più, ma ha rispettato l’identità culturale della serie, folgorata dal potenziale drammaturgico e cinematografico di Roma, città che continua a stregare la stessa producer: "Suburra non può svolgersi in una città che non sia Roma. Roma è uno dei personaggi più importanti della serie. Ricordo di aver detto, durante una delle prime riunioni con Neflix, che Roma è l’unico posto al mondo che, in pochi chilometri, riunisce il potere politico di Washington D.C. con la forza economica di New York City. A Roma c’è complicità fra chiesa, politica e criminalità, il che è unico. I temi della serie, però, sono universali, i rapporti fra i personaggi sono universali, i loro viaggi interiori, i conflitti tra fratelli, le colpe dei padri che ricadono sui figli".

Il fascino di Suburra - La serie sta certamente nel suo essere un romanzo di formazione: la cronaca dell’ascesa dello zingaro Spadino, del bravo ragazzo Lele e del futuro Numero 8. La pensano così sia gli sceneggiatori che Michele Placido: "Mi sembra che in Suburra - La serie le nuove generazioni sappiano autodeterminarsi e distaccarsi in qualche modo dalle vecchie. La cosa più bella di questi dieci episodi, comunque, almeno per me, è l’amicizia fra Spadino, Lele e Aureliano, un’amicizia contrastata e impossibile da prevedere, e vissuta da ciascuno nel suo particolarissimo modo. Spadino, Lele e Aureliano sono personaggi molto diversi fra loro e hanno tratto linfa vitale dalle differenze, sia nel lavoro che nella personalità, fra Alessandro Borghi, Eduardo Valdarnini e Giacomo Ferrara".
"Ci è venuto naturale lavorare con i ragazzi prima dell’inzio delle riprese" - aggiunge Molaioli. "Fra loro doveva formarsi un gruppo non solo di contrasti criminali, ma anche di fragilità".
"Mentre lavoravamo" - conclude Michele Placido - "scherzavamo sempre un po', parlavamo della nostra quotidianità. Si è impadronita di noi quella vena umoristica che fa parte della nostra commedia. Ecco: abbiamo portato la commedia all’italiana nel crime".