Trap, M. Night Shyamalan guarda al suo periodo nero dopo The Village: "Mi sentivo svuotato"

Intervistato da The Atlantic per l'imminente uscita del suo ultimo thriller Trap con Josh Hartnett, il regista M. Night Shyamalan si è abbandonato anche ai ricordi meno felici: esploso nel 1998 con Il sesto senso, vide una potente battuta d'arresto nella sua carriera con il flop di Lady in the Water nel 2006, e da allora ha impiegato quasi dieci anni per tornare sulla breccia e ritrovare il suo spirito. Due candidature agli Oscar, quattro Razzie, Manoj ha spiazzato se stesso, il pubblico e i fan più volte... Leggi anche Trap, M. Night Shyamalan lo descrive: "Il silenzio degli innocenti in un concerto di Taylor Swift"

M. Night Shyamalan e il suo periodo nero dal 2006 al 2015

Quando lo sceneggiatore di Stuart Little all'improvviso debuttò alla regia a 29 anni con l'horror Il sesto senso (1998), interpretato da Bruce Willis e Haley Joel Osment, Hollywood e il pubblico trovarono il loro nuovo autore: le due nomination all'Oscar, per migliore regia e sceneggiatura, proiettarono M. Night Shyamalan nell'Olimpo, con una sequenza successiva apprezzata: Unbreakable (2000) e Signs (2002), tutti esponenti di un cinema fantastico con un tocco esoterico molto personale, potenziati dal marchio di fabbrica del "colpo di scena ribaltante nel finale". A partire da The Village (2004) qualcuno iniziò però ad avanzare dubbi sulla prevedibilità del meccanismo e sulla presunzione tematica dell'autore (non chi scrive: nella recensione di The Village lo considero sempre splendido, ora come allora). Fatto sta che da Lady in the Water (2006) cominciò il tracollo, tra incassi in caduta libera, critica demolitoria e addirittura tre candidature ai Razzie (vinti due su tre). Qualcuno non vedeva l'ora di abbatterne la statua, e Shyamalan a sua volta si perse: E venne il giorno (2008) precipitò, così lui accettò regie su commissione per L'ultimo dominatore dell'aria (2010, adattamento di un anime) e After Earth (2013, progetto di Will Smith), con i Razzie che gli stavano sul collo, come sempre forti coi deboli.
Eppure Shyamalan non si è mai dato per vinto, è ripartito dal bassissimo costo per The Visit (2015), tornando alle origini horror, e da allora - seppure non più deificato - è tornato come garanzia se non altro di se stesso e del suo particolare mondo: Split (2016), Glass (2019), Old (2021), Bussano alla porta (2023) e ora Trap. Di sé e di quel periodo "Shimy" dice:

Il cinema di genere mi ha sempre aiutato a parlare di cose più emotive. [...] Dentro di me ho questa cosa: una parte di me, che non è un granché, vuole piacere a tutti, vuole lasciare tutti soddisfatti. L'altra parte dice: brucerò la mia casa per un'idea, senza pensarci un attimo. Queste due parti si danno sempre battaglia. [...] Se potessi rifare The Village, lo rifarei quasi del tutto identico. I critici videro il caos in Lady in the Water, io ci vedo il jazz. [...] Sono un immigrato, in buona sostanza, che non racconta storie sugli immigrati. A volte credo che le mie cose sarebbero più digeribili se facessi film sui matematici indiani o roba del genere. Allora mi darebbero il beneficio del dubbio. [... Con Avatar e After Earth] ero entrato nella mia fase "da mercenario". E non sono per niente bravo in quello, non lo so fare per niente, mi sentivo svuotato. [...] Teoricamente il mio metodo di lavoro oggi è diventato: creare film dal budget che sia il più umanamente basso possibile. Un processo liberatorio ma che mette anche paura.