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Si potrebbe dire che l'animazione nasca ancora prima del cinema, con le lanterne magiche che simulavano il movimento con una rotazione di disegni, a metà del '600. Ma non esageriamo: l'animazione come noi l'intendiamo nasce col cinema. George Melies stesso nei primi del '900 compie i primi esperimenti col passo uno o “stop motion”, scattando singoli fotogrammi che, in sequenza, regalano movimento a oggetti inanimati. L'animazione disegnata vede i suoi natali a metà degli anni Dieci, con gli storici primi esperimenti dell'illustratore Winsor McCay (Gertie the Dinosaur nel 1914), e nello stesso anno con la creazione del rodovetro: un foglio trasparente sul quale disegnare il singolo fotogramma da scattare, posto su uno sfondo che rimane fisso. Intrecciandosi con l'estetica delle comiche del muto, il cartoon in America esplode tra il 1918 e il 1919, quando i fratelli Fleischer creano Koko the Clown e nasce il gatto Felix, ad opera di Otto Messmer e Pat Sullivan.
Walt Disney comincia ad agire nei primi anni Venti e crea Topolino nel 1928, legandolo alla magia del primo cinema sonoro. In Europa Lotte Reiniger nel 1926 realizza il primo lungometraggio animato (in decoupage, figure ritagliate), Le avventure del Principe Achmed, seguita poco dopo da Ladislas e Irene Starevich, che dal 1929 al 1937 danno vita al lungo in stop-motion Una volpe a corte.
Negli Stati Uniti in quegli anni sboccia nel frattempo la cosiddetta Golden Age del cartoon, dalla metà degli anni Trenta a ben oltre la metà dei Quaranta, sublimata dalla pietra miliare Biancaneve e i sette nani (1937) della Disney: oltre a Walt, operano altri geni della matita, e siamo costretti a notare solo i più importanti. C'è la Warner Bros e la sua Termite Terrace di geni come Chuck Jones, Tex Avery e Friz Freleng, con la scuderia comprendente Bugs Bunny e Daffy Duck; alla MGM ci sono Tom e Jerry, creati da Hanna & Barbera, prima di mettersi in proprio. Presso lo studio dei Fleischer, si lavora sodo sul grande successo del Popeye animato. Il trauma della II Guerra Mondiale e la necessità di film di propaganda smuovono l'animazione straniera nei Quaranta, portando per esempio il Giappone al primo lungo (Momotaro's Divine Sea Warriors del 1944) e ai nostrani La rosa di Bagdad e I fratelli dinamite, entrambi ultimati nel 1949.
Gli anni Cinquanta sono un periodo di transizione, nel quale nasce l'animazione per la tv, ormai concorrente del cinema: i cortometraggi cinematografici diminuiscono progressivamente in funzione delle produzioni per il piccolo schermo (la prima è Crusader Rabbit del 1949). Al cinema l'animazione sopravvive per le grandi produzioni come La bella addormentata nel bosco della Disney (1959), mentre i cartoon in tv esplodono negli anni Sessanta in tutto il mondo: in America con la scuderia di Hanna & Barbera (Braccobaldo, Scooby, Yogi), in Italia con il nostro Carosello (Bruno Bozzetto, la Gamma Film, i fratelli Pagot). In Giappone nasce nel 1962 l'anime, con l'adattamento del manga Astro Boy, curato dal suo autore Osamu Tezuka.
Gli anni Settanta e la prima metà degli Ottanta sono il periodo più nero dell'animazione mainstream: l'animazione tv scende di qualità tecnica e artistica, con dubbi appalti all'estero, chiude il nostro Carosello, e la controcultura prende piede. I lavori di Ralph Bakshi come Fritz il gatto (1972) parlano agli adulti, mentre la Disney, orfana di Walt, tira la cinghia. Solo in Giappone l'anime conosce il suo primo periodo d'oro, diventando tra un Mazinga, un Lupin e una Candy Candy il punto di riferimento di una generazione rimasta orfana di Braccobaldo.
Dopo il picco di crisi a metà degli anni Ottanta, l'animazione al cinema ridiventa un vero business con il Rinascimento Disney, che per convenzione si fa partire da La sirenetta (1989), anticipato l'anno prima dall'exploit della tecnica mista di Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988). Ai grandi incassi disneyani (Il re leone è del 1994), si affianca il trionfo di prodotti di vasto successo trasversale: si vedano le provocazioni dei Simpson e South Park, ma anche l'ascesa di Hayao Miyazaki e dello Studio Ghibli in Giappone. Prima ancora che i concorrenti della Disney siano in grado di riavviare in modo omogeneo i cartoon a mano libera, nel 1995 l'esperimento di Toy Story targato Pixar impone una virata verso l'animazione in CGI: una rivoluzione che nei successivi vent'anni lascia a scontrarsi sul campo del largo budget principalmente la Pixar, i Walt Disney Animation Studios, l'Illumination Entertainment di Cattivissimo Me e Minions, e la Sony Pictures Animation. Parallelo a questo mercato, resiste un fermento di gran qualità nell'ambito della stop-motion e dei film animati a budget più basso. Grazie a un interesse verso l'animazione che ormai, fortunatamente, non si assopisce più, anche lavori come La mia vita da zucchina riescono nel bene a farsi notare, mentre l'anime sempreverde continua a vantare il suo infinito stuolo di animatori.