La Pixar e il Viaggio di Arlo alla Festa del Cinema di Roma
Lo story artist Kelsey Mann parla del metodo di lavoro e ci mostra 30 minuti d'anteprima del nuovo film

La retrospettiva Pixar alla Festa del Cinema di Roma 2015 è la prima che si svolga in Europa. La tiene a battesimo Kelsey Mann, story supervisor di Il Viaggio di Arlo, nuova fatica della casa di Emeryville, in uscita il 25 novembre in Italia. Oltre a mostrarci 30 minuti di anteprima del lungometraggio, Mann ha raccontato un po' di sè e del metodo di lavoro pixariano, tornando dietro le quinte della casa che è una sorta di fenomeno cinematografico contemporaneo.
Respinto dalla Pixar nel lontano 2000 con una gentile lettera, Mann non si è dato per vinto e ha fatto gavetta: prima in un piccolo studio d'animazione a Minneapolis, poi trasferendosi a Los Angeles, dove si è occupato per qualche tempo di animazione in flash per il web. Fuori dall'orario di lavoro continuava a seguire corsi per perfezionare le sue capacità grafiche, finché un successivo impegno presso Cartoon Network non l'ha portato vicino alla Pixar, dov'è finalmente entrato nel 2010. Prima di occuparsi di Arlo, è stato supervisore degli storyboard di Monsters University, dirigendo anche il cortometraggio Party Central con gli stessi personaggi. Subito dopo gli è stato chiesto dal regista Pete Sohn di entrare a far parte del team di Il viaggio di Arlo.
Kelsey considera la posizione di story artist, cioè il disegnatore dello storyboard, che illustra, rielabora, espande e testa la sceneggiatura, una delle migliori: di fatto dà vita al film prima che gli altri reparti comincino a dargli la forma finita. Lui e Sohn si sono stati inoltre attivamente impegnati per aggiornare il processo di storyboarding a una forma che conciliasse il vecchio col nuovo: il disegnare e produrre idee in forma collegiale (risorsa preziosa dai tempi di Biancaneve fino ai primi anni 2000), con la possibilità di abbozzare ogni inquadratura elettronicamente con tavolette grafiche Cintiq. L'uso di quest'ultime relegava infatti qualche anno fa ogni story artist alla solitudine di un ufficio, ma l'allestimento del "bullpen" (lett.: "recinto del bestiame") ha ricreato l'antica magia: in un open space tutti gli artisti dello storyboard disegnano adesso con le loro Cintiq, condividendo costantemente il loro lavoro con i colleghi.

Il processo rimane concettualmente sempre lo stesso: lo storyboard, più volte revisionato, viene assemblato in sequenza producendo versioni ultra-provvisorie del film ("storyreel"), sotto forma di schizzi e voci guida. Per Arlo, Mann ci dice che l'intero lungometraggio veniva ogni sei settimane rivisto per intero, modificato o massacrato da tutti, fino ad arrivare a quel "10 e lode" che Sohn cercava. Con quale criterio? "I miei film preferiti sono quelli con emozioni vere, lo story departement indaga sulle emozioni, non sui dettagli: abbiamo lavorato sul ricordo di noi a quell'età, o sui timori che abbiamo per i nostri stessi figli".
I 30 minuti del Viaggio di Arlo che abbiamo avuto modo di ammirare a porte chiuse svelano una ricerca di originalità non immediata: perché, pur ammettendo che nessuno si stupisca per un cartoon con dinosauri, digitale e non (Alla ricerca della Valle Incantata, Dinosauri, We're Back), il "what if" cercato da Mann e Sohn si basa su un'inversione bizzarra di una struttura di genere. Si tratta della tipica storia del "ragazzo con il suo cane" – ci dice Mann – "solo che qui il ragazzo è un dinosauro e il cane è un bambino!" Rimasto orfano di padre, allontanato da un incidente dalla sua famiglia, il giovane dinosauro Arlo deve tornare dai suoi, aiutato da un cucciolo di uomo (Spot) che non parla, a differenza di tutti i dinosauri del film. Grande enfasi viene data all'immagine, tecnicamente superba, per restituire panorami vasti, realistici e ultradettagliati, ma soprattutto alla musica e al sound design, che in più di un caso compensano un dialogo rarefatto. Premessa e soluzioni narrative, a detta di Mann, non erano poi tanto difficili da immaginare, ma si sono rivelate molto più difficili da eseguire! "Usare pochi dialoghi è come denudarsi su un palcoscenico!" - scherza Kelsey.
D'altronde, la loro versione di Il viaggio di Arlo arriva dopo quella scartata di Bob Peterson: il film è stato in lavorazione per cinque anni, ma l'incarnazione che vedremo al cinema, firmata Sohn-Mann, è stata confezionata in appena due. Una lavorazione a tempo di record che pare sia terminata appena una settimana fa! Tra divertenti caratterizzazioni e una coraggiosa giustapposizione di fotorealismo quasi contemplativo con gag puramente cartoon (la cui efficacia andrà verificata davanti al lungometraggio completo), Il viaggio di Arlo respira anche un'aria western. E' proprio quest'anima che permette a Kelsey di fornirci un esempio concreto dell'esplorazione creativa a oltranza dello story department: quando Sohn ha deciso per l'influenza western, si è arrivati persino a immaginare un saloon "naturalistico" dove far passare Arlo e Spot, il bambino. "Mi sa che stiamo esagerando!" – è stata la riflessione che ha arginato la fantasia. Ma è facile immaginare che, tra quelle divertite menti in fermento vulcanico, qualcuno possa esserci rimasto male.
Sarà per un'altra volta: in ogni film Pixar c'è sempre già tanto.