Another Earth: Incontro con il regista Mike Cahill e la protagonista Brit Marling
Durante lo scorso Festival di Locarno abbiamo avuto modo di incontrare Mike Cahill, giovane regista americano esordiente, regista di Another Earth. Insieme a lui un talento emergente come Brit Marling, attrice protagonista, ma anche cosceneggiatrice del film
Durante lo scorso Festival di Locarno abbiamo avuto modo di incontrare Mike Cahill, giovane regista americano esordiente, regista di Another Earth. Insieme a lui un talento emergente come Brit Marling, attrice protagonista, ma anche cosceneggiatrice del film
D: Questo film ha una sua impronta stilistica molto particolare. È un film indipendente, a momenti un road movie, un film di fantascienza. È l’insieme di tanti stili?Mike Cahill: Il genere cinematografico è qualcosa di interessante, ma talvolta ti imprigiona e questo non è umano. Gli esseri umani passano dalla commedia, al dramma, al terrore, magari la fantascienza no ma… volevamo raccontare una storia che esplorasse l’essere umano, il perdono. Per fare questo abbiamo creato questa metafora poetica di un duplicato della Terra su nel cielo, dove vivi tu, io, Brit e altre 6 miliardi di persone, grazie al quale l’idea di confrontarsi con te stesso è una possibilità reale. Questa cosa del confrontarsi evoca l’emozione del giudizio di te stesso. Come giudicheresti un’altra versione di te? Questo è un film di fantascienza, una storia d’amore, un thriller, un dramma, però queste definizioni perdono di significato, alla fine è umano.
D: La musica ha un ruolo fondamentale, una sinfonia, lo spazio, le stelle e tutto il resto. Mi è sembrato che in qualche modo è come se nella prima parte questa sinfonia venga composta, mentre nella seconda parte venga suonata al pubblico.
Mike Cahill: Interessante...
D: Come se nella prima parte del film fosse un’esperienza personale della protagonista, molto intensa ed introspettiva, mentre poi comincia ad aprirsi al mondo.
Mike Cahill: La musica è molto importante in questo film perché esteticamente è un film realista, vérité, volevamo che sembrasse vero e la musica riesce ad amplificare quella realtà. La musica è stata composta da un gruppo chiamato Fall on Your Sword, Will Bates e Phil Mossman, di Brooklyn. Della loro musica mi piace il fatto che abbia atmosfere classiche ed atmosfere elettroniche. La musica classica incontra quella elettronica, con un risultato molto naturale. La crudezza del film si fonde con la crudezza della musica. La musica viene creata da Rhoda che ha un suono suo, quello del violoncello, ed un certo numero di note. Mentre John è il piano, la melodia. Quando fanno l’amore, per la prima volta queste note suonano insieme anche se non sono in armonia, devono ancora fare musica insieme. Sono riusciti a realizzare la colonna sonora con questa precisione, John è un compositore quindi la musica per il suo personaggio è ancora più importante. Rhoda risveglia la sua passione per la musica attraverso l’amore. È molto importante.
D: Come è stato scrivere e interpretare il personaggio allo stesso tempo? È una storia molto intensa con pochi dialoghi. Come è stata questa esperienza?
Brit Marling: Scrivere è stata una necessità perché a Los Angeles per un’attrice di vent’anni con poca esperienza è molto difficile ottenere ruoli sostanziosi. Di solito ti ritrovi in un film horror mentre ti inseguono con un’ascia, una pistola o un coltello. Allora mi sono detta che se volevo fare qualcosa di un certo spessore dovevo cercare di scriverlo. Si è rivelata un’esperienza meravigliosa perché la preparazione al ruolo avviene attraverso la scrittura. Passi così tanto tempo con il personaggio, certo non sei nella sua testa, ma scrivi per tanto tempo pensando a questa persona. Mentre scrivevamo ci siamo messi nei panni di tutti, abbiamo vissuto come John e come Rhoda. Quando è il momento di interpretare il personaggio hai già vissuto e sperimentato così tanto della sua vita, è come se fossi a metà del lavoro. Però ci sono delle cose che scopri solo quando sei sul set, che solo durante l’interpretazione si rivelano diverse da quando l’hai scritte. Come la scena in cui boxano con la Wii, sulla carta era molto aggressiva. Ci sono queste due persone che hanno un incidente, lei uccide la famiglia di lui e si trovano a picchiarsi in maniera aggressiva, mentre poi si è rivelata una scena dolce e tenera. Molti elementi si sono rivelati diversi da ciò che avevamo scritto.
D: Che mi dici del modo in cui sei vestita, perché gli abiti sono importanti. All’inizio sembri nascondertici dentro...
Brit Marling: Un cappuccio, l’uniforme e gli stivali da addetta alle pulizie. Alla fine la vediamo con un vestito, però anche con le scarpe da ginnastica. È sempre vestita da maschiaccio.
D: Questa è una storia intima, privata, non pubblica. È un film molto diverso da quelli di fantascienza ai quali siamo abituati.
Mike Cahill: Se questo film fosse stato prodotto a Hollywood sarebbe stato un blockbuster da 100 milioni di dollari e avrebbero attaccato l’altra Terra. Questo a noi non interessava, volevamo raccontare un dramma umano. Allora abbiamo utilizzato il film e la tecnica per dare un’idea di ciò che succede nell’universo, ma il dramma è molto intimo ed è quello che volevamo raccontare. Volevamo parlare di perdono, non certo di guerre intergalattiche.
D: Ti sei ispirato a film di fantascienza di tipo realistico come I figli degli uomini, o film del genere? Forse la tua è stata una reazione alla fantascienza realizzata in CGI. Rimani fedele all’uomo e alla realtà.
Mike Cahill: Certo, mi sono ispirato a quel genere. I figli degli uomini è fenomenale, District 9 è un film eccellente, così come lo è Solaris. La fantascienza all’inizio si basava su opere letterarie, raccontava la realtà con qualcosa in più, per poter meglio comprendere l’essere umano. Poi però con l’avvento degli effetti speciali abbiamo perso l’essenza di questo genere di film. Solitamente le grandi produzioni non hanno bisogno di una storia perché hanno due robot giganteschi che combattono per due ore e mezza. La sostanza è andata perduta ecco perché volevamo riportare la fantascienza al suo significato orginario, ovvero esplorare l’umanità.
D: Il tema del perdono è il fulcro del film. Abbiamo un mondo grigio, non bianco o nero. Penso che questo film sia impegnativo anche dal punto di vista morale.
Brit Marling: Mi piace che tu abbia usato la parola grigio, è vero, non ci sono risposte facili, anche alla fine del film non si capisce se lei abbia o no perdonato se stessa. È sempre più complicato di quello che sembra. In questo film raccontiamo una storia dove il perdono più importante per qualunque crimine commesso riguarda noi stessi. Se John o la sua famiglia la perdoneranno non è così importante, il fatto è se lei riuscirà a perdonarsi. La domanda è: riuscirai a sopravvivere sapendo chi sei e cosa hai fatto? L’altra Terra è la manifestazione letterale ed evidente del giorno del giudizio. Se incontrassi te stessa, odieresti o ameresti quella persona, la invidieresti, potresti perdonarla? Non penso sia facile trovare una risposta, come succede anche alla fine del film.