5 attori che hanno giurato di non lavorare mai più con David Fincher (tra cui Robert Downey Jr.)
Cosa ha spinto alcuni attori famosissimi, tra cui Robert Downey Jr., a non lavorare mai più con David Fincher? Il perfezionismo del regista di Fight Club ha giocato un ruolo decisivo: scopriamo chi sono i divi che difficilmente rivedremo in un suo film!

David Fincher potrebbe essere il regista dei vostri thriller preferiti, ma chi ha recitato sui suoi set, probabilmente, non lo ama allo stesso modo. Il geniale autore di Mank si è guadagnato una certa fama tra gli addetti ai lavori, che ha reso estenuante per alcuni attori lavorare con lui. C'è chi ha accusato il campo più di altri, al punto da prendere una drastica decisione: non lavorare mai più con lui.
A far perdere la testa ai divi in questione è stata soprattutto l'abitudine di Fincher di girare le scene così tante volte da perdere il conto. Ma chi ha giurato in segreto (oppure apertamente) di non mettere mai più piede su uno dei suoi set? Nella nostra cinquina non c'è Brad Pitt, che il regista ha già diretto in tre film, tra cui Fight Club, e dirigerà prossimamente in C'era una volta a Hollywood 2. In compenso, ci sono 5 star che, pur avendo offerto performance indimenticabili nei film di David Fincher, non accetterebbero un secondo round.
Robert Downey Jr.
Per un divo sopravvissuto all'armatura di Iron Man e alle peripezie di Sherlock Holmes, che sarà mai un thriller di David Fincher? Eppure Robert Downey Jr., una delle punte di diamante di Hollywood, sul set di Zodiac (2007) è arrivato al limite dell'esasperazione. L'attore si è sentito sotto pressione perché il regista arrivava a ripetere decine di volte la stessa scena, a volte per più di 70 ciak. Ma Downey, a riprese finite, non tolse il disturbo in punta di piedi. Secondo fonti lì presenti, avrebbe protestato contro il programma di lavoro massacrante lasciando barattoli di urina in giro per il set. Un'allusione non velata all'impossibilità di fare delle pause.
In Zodiac, Robert Downey Jr. ha interpretato il giornalista Paul Avery. Ai microfoni del New York Times, ha riassunto l'esperienza con parole suggestive: "Penso di essere la persona perfetta per lavorare per Fincher perché capisco i gulag". C'è chi sostiene che il regista riesca a dare vita ad interpretazioni degne di un Oscar proprio spingendo i suoi attori al limite. Poco importa: la star di Oppenheimer ha giurato che è stata la prima e unica volta.
Jake Gyllenhaal
Continuiamo a parlare di Zodiac e del co-protagonista Jake Gyllenhaal, che ha prestato il volto al vignettista Robert Graysmith. Per lui, lavorare nel mondo ossessivo David Fincher è stato più simile ad una prova di resistenza che ad un sogno creativo. Malgrado Gyllenhaal sia un attore meticoloso, ha confessato che recitare per Fincher gli è sembrato quasi un atto di sottomissione. Un'espressione forte che, ad ogni modo, il regista ha ricambiato criticando la performance dell'attore. "Non credo che gli fosse mai stato chiesto di concentrarsi sui dettagli - dichiarò al New York Times - e credo che fosse molto distratto".
Edward Norton
Fight Club (1999) è un cult indiscusso, nonché uno dei film più amati degli Anni Novanta. Edward Norton ha offerto una delle interpretazioni più iconiche e brillanti della sua carriera, impossibili da dimenticare. Quello che non abbiamo visto, è stato il tira e molla con David Fincher: i due non riuscivano proprio ad andare d'accordo. Il problema principale, secondo le indiscrezioni, è che l'attore aveva concepito il film come una commedia dark, con una strizzata d'occhio alla satira e all'assurdo. Il regista, d'altra parte, stava elaborando una visione cruda e nichilista in salsa esistenziale. La discrepanza creativa ha scatenato non poche tensioni sul set. Nessun dramma: solo lo scontro tra due perfezionisti. La reunion, ad ogni modo, è fuori questione. I disaccordi, evidentemente, sono stati abbastanza intensi da non collaborare più.
R. Lee Ermey
R. Lee Ermey non era certo un novellino in materia di registi autoritari, quando ha recitato in Seven (1995). È lo stesso attore che, con il ruolo del feroce Sergente Hartman, ha reso leggendario Full Metal Jacket. E tutti sanno che lavorare con Stanley Kubrick non era certo una passeggiata di salute. Eppure, David Fincher ha dato filo da torcere persino ad uno come lui. Durante le riprese dell'inquietante thriller acclamato dalla critica, lo stile del regista era, a suo dire, soffocante e rigido. Fincher, poco propenso alla collaborazione creativa, si aspettava che il cast seguisse le istruzioni alla lettera, rendendo gli attori più simili a "burattini". Ermey, nel lavoro, viveva d'istinto e improvvisazione: è comprensibile che si sia sentito limitato e abbia deciso che una volta fosse più che sufficiente.
Michael Douglas
Michael Douglas è un veterano di Hollywood. Quando ha girato The Game (1997) era a tutti gli effetti un attore navigato... ma, da quel set, è uscito profondamente svuotato. Il divo rispettava la visione di Fincher, ma il suo stile? Non altrettanto. Il suo instancabile perfezionismo e la pretesa di decine di ciak, finché ogni battuta non fosse perfetta, sfinirono Douglas. abituato a lavorare in modo efficiente e istintivo. Quella ripetitività lo fece sentire un pesce fuor d'acqua. Il divo non ha mai criticato apertamente il regista. Al tempo stesso, non ha mai negato che la mania del controllo e l'ossessione per i minimi dettagli abbiano reso The Game un'esperienza difficile. Sebbene ami molto il film, possiamo supporre che non si precipiterebbe a firmare per un sequel.