Vince il Joker, e tutti ridono. O quasi. Un commento ai premi del Festival di Venezia 2019
Il nostro parere sulle decisioni della Giuria della 76esima Mostra del Cinema.
A Venezia vince Joker, e tutti ridono.
Ridono ovviamente Todd Phillips e Joaquin Phoenix (che forse rideva troppo per presentarsi alla conferenza stampa dei vincitori, che ha disertato).
Ridono in casa Warner, potendo partire con lo slancio del Leone Alato alla conquista dei botteghini prima, e degli Oscar puoi.
Ridono gli appassionati di cinecomic, di blockbuster e - in generale - gli anti-cinefili per gusto, tesi o posa, che vedono trionfare al Lido il "loro" film.
Ride, sicuramente, anche Alberto Barbera, che stringe così ancor di più i suoi legami con Hollywood e che, soprattutto, conferma il suo come il festival più aperto al futuro tra quelli che contano nel giro internazionale, e come il più capace di far ponte con il circuito delle sale: basti pensare come a Venezia negli ultimi anni abbiano finto Guillermo del Toro con La forma dell'acqua, Roma di Cuaron (e di Netflix) e appunto ora il primo cinefumetto a essere presentato in concorso a un grande festival.
A modo loro se la ridono (amaramente) pure i commentatori più cinéphile, che vedono nel trionfo del Joker la caduta dell'ultimo bastione di credibilità delle giurie, e l'apertura di un varco che seminerà la barbarie nel mondo dell'arte cinematografica.
Io non rido, né piango. Posso riconoscere a Joker uno statuto differente rispetto a quello di molti altri cinecomic (che solitamente non amo particolarmente) e la voglia e la capacità di portare avanti un discorso politico forte, considerato lo stato delle cose nel mondo in cui viviamo. Ma - e se avete letto la mia recensione lo sapete - Joker era ben lungi dall'essere il Leone che avrei scelto.
La mia impressione è che si sia trattato di una scelta di compromesso all'interno di una giuria che Radio Lido ha raccontato come molto litigiosa, una scelta che andava in qualche modo a ricadere in un territorio neutrale, scontentando alcuni ma non scontentando molti. Ed è ovvio che per buona parte della giuria il vero Leone d'Oro sarebbe stato di L'ufficiale e la spia, che si è dovuto accontentare (si fa per dire) di quello d'argento.
Pessime, invece, le scelte della presidente Lucrecia Martel e dei suoi giurati su sceneggiatura e regia, ricadute inspiegabilmente su Yonfan e Roy Andersson. E opinabile anche il Premio Mastroianni all'attore non protagonista di Babyteeth.
Quasi da denuncia l'esclusione totale dal palmares di Ema, che con quello di Polanski era uno dei quattro titoli più belli visti al Festival di Venezia 2019. Gli altri due? Per una volta, due italiani: Martin Eden di Pietro Marcello e La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco.
Hanno vinto meritatamente la Coppa Volpi (andata a Luca Marinelli) e il Premio speciale della giuria. Ma avrebbero meritato molto di più.
Come scritto anche da Emiliano Morreale su La Repubblica di oggi, erano i film più liberi e coraggiosi del concorso. E quindi i più belli.
Anche questa, in qualche modo, è una vittoria di Barbera.
Martin Eden è in sala; La mafia non è più quella di una volta uscirà il 12 settembre. Andateli a vedere. Ne vale la pena.
Per il Joker e il suo ghigno, c'è ancora tempo: non lo vedremo prima del 3 ottobre.