Martin Eden: la recensione del film di Pietro Marcello con Luca Marinelli in concorso al Festival di Venezia 2019

02 settembre 2019
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Ancora una volta la libertà espressiva e la voglia di osare del regista casertano colgono nel segno.

Martin Eden: la recensione del film di Pietro Marcello con Luca Marinelli in concorso al Festival di Venezia 2019

Al Festival di Venezia 2019 c'è stato chi ha portato il passato nel presente (Roman Polanski, col suo L'ufficiale e la spia), e chi nel presente ha fatto precipitare il futuro (Pablo Larraín con Ema). E poi è arrivato Pietro Marcello, che il tempo e la sua spazialità li prende e li condensa, e li lascia confliggere ed esplodere liberamente, senza più la schiavitù della direzionalità, dentro il suo Martin Eden.
Perché il nuovo film di Marcello - il suo primo di finzione pura, se di finzione pura possiamo comunque parlare - è un film futuribile e futurista, e arcaico assieme; e al tempo stesso capace di contenere le mille contraddizioni del nostro tempo, di raccontarne le origini, di ipotizzarne le derive. È un film dove un secolo intero, il "breve" Ventesimo, viene raccontato, evocato e rielaborato in una continua mescolanza di registri e stili, dove si confondono immagini e temi di decenni lontani, diventati improvvisamente non solo vicini, ma coesistenti: monta il fascismo, ad esempio, ma le auto sono degli anni Ottanta. C'è la televisione, ma l'industria e le lotte sindacali sono quelle d'inizio Novecento. Per tacer di una colonna sonora che mescola classica, elettronica e canzonette.

Ai tempi di Bella e perduta, parlai di Pietro Marcello come di un alchimista del cinema: qui, a dispetto di una sostanza narrativa più lineare e delineata,  il regista sembra voler fare un ulteriore passo avanti, mescolando sempre più la materialità del cinema e dei sentimenti che racconta con la pulsione ideale, spirituale e teorica, rilanciando ancora in termini di spregiudicata libertà artistica, di disincantata e mai eccessiva ambizione. Diventando quasi uno stregone, capace di lanciare il suo incantesimo di pellicola, di storie, di passioni, di vite. Di slancio viscerale e irrefrenabile per il cinema.

Come in quello di London, nel Martin Eden di Marcello ci sono la politica, la filosofia, la passione per l'arte, quella sentimentale e amorosa. C'è, soprattutto, e ancora di più rispetto alle pagine del romanzo, il tormento. Il Martin interpretato da un appassionato Luca Marinelli è ancora più tormentato di quello raccontato nel libro: è più rabbioso, più feroce, e al tempo stesso anche più dolce.
Ma la sua inconciliabilità sentimentale, filosofica ed esistenziale è ancora più radicale. E più dolorosa. E racconta la confusione di quel tempo, del Novecento, e che viviamo sempre più giorno dopo giorno, nella nostra quotidianità.

La trama del romanzo viene seguita con una fedeltà laica, scevra da moralismi e sovrastrutture, e Marcello la racconta come vuole, tralasciando qui e modificando lì, gestendo il tempo del racconto come un direttore d'orchestra che rallenta e accelera seguendo l'istinto e la sensibilità, giocando con le ellissi in maniera anche estrema, ma mai gratuita. Spiazzando, e regalando emozione.
Ed è abbastanza chiaro che nella voglia di Martin di farsi da sé e di raggiungere i suoi obiettivi, nel suo essere fortemente libero da condizionamenti e preconcetti ideologici, nella voglia di affermare la sua identità unica e individuale nel contesto di un sistema culturale e non che spinge all'omologazione e alla standardizzazione, e nel rispetto dell'altro e la lotta alla diseguaglianza, il regista veda molto sé stesso.

Quello di Martin Eden è un cinema che si sporca le mani, che è spiegazzato e liso dal tempo e dalla terra, e dalla fatica, ma che conserva sempre intatta la sua anima risoluta e potente. Che ti guarda fisso negli occhi e t'interroga. Non solo su quanto ti racconta, ma sul come. Sulla nostra capacità di poter ragionare e agire in maniera così libera e priva di sovrastrutture. Così come ha fatto Pietro Marcello: che magari a qualcuno potrà anche non piacere, ma cui non si può certo negare la voglia e la capacità di essere libero e di osare come pochissimi altri in Italia, e non solo.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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