Rocky aveva un fan: Charlie Chaplin, parola di Sylvester Stallone
Il primo Rocky arrivò in sala un anno prima che morisse il grande Charlie Chaplin. Sylvester Stallone tempo fa rivelò che non solo "Charlot" fece in tempo a vedere il film, ma che gli mandò anche una lettera affettuosa: un onore sul serio inaspettato.

Slashfilm ha ricordato una rivelazione di Sylvester Stallone forse dimenticata dai più: dopo l'uscita del primo Rocky nel 1976, l'attore ricevette un'inaspettata lettera di un fan molto illustre. Tanto illustre da lasciarlo incredulo: Charlie Chaplin, considerato uno dei padri della cinematografia, incarnazione di un'altra icona immortale della settima arte, Charlot. Ma cosa c'era scritto nella lettera? Leggi anche Sylvester Stallone non ha mai avuto i diritti di Rocky: "Me ne cedi una parte?", chiede al 93enne Irwin Winkler (UPDATE)
La lettera di Charlie Chaplin a Sylvester Stallone su Rocky
Potrebbe sembrare quasi uno scherzo: Charlie Chaplin, l'interprete di Charlot, un'icona dell'immaginario collettivo, che scrive a una star appena nata, Sylvester Stallone, dopo l'uscita di Rocky. Non lo è, come raccontò nel 2010 a GQ lo stesso Sly, impegnato ora nella promozione della serie Tulsa King. Rocky uscì nel 1976, mentre Chaplin, a quel punto non più attivo, sarebbe morto nel dicembre del 1977. L'attore, interprete, sceneggiatore e regista che ha contribuito a cementare la grammatica cinematografica ai tempi del muto e oltre, ebbe il tempo di vedere la prima storia di Rocky Balboa e scrisse una lettera affettuosa a Stallone per complimentarsi con lui.
Sylvester non ha voluto rivelare molto della lettera, se non una frase chiave: "Rocky mi ricorda un piccolo personaggio che un tempo interpretavo." Forse fa sorridere pensare a un paragone tra un personaggio epico-drammatico come Rocky Balboa e il mitico vagabondo Charlot in tanti cortometraggi e in film storici come Il monello, Tempi moderni e Luci della città (dove peraltro c'è una memorabile scena di boxe). Se la soluzione narrativa era diversa, plausibilità contro comicità slapstick, Chaplin vide la comunanza nella resistenza di un uomo ai margini della società e teoricamente destinato a perdere. Ma che non per questo gettava la spugna e rinunciava sopravvivere e a combattere, per se stesso e per gli altri sfortunati.
Insomma, per Chaplin in Rocky Balboa batteva lo stesso cuore di Charlot, e chissà che Stallone, poi autore a tutto tondo dei suoi lungometraggi, anche in regia e produzione, non l'abbia preso a modello di dedizione autoriale alle proprie creature.
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