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Jackie Chan: "Non userò mai la controfigura finché non mi ritirerò. Cioè mai!"

Tra poco nel cast di Karate Kid: Legends, al cinema dal 5 giugno, Jackie Chan ha ribadito il suo approccio a ogni interpretazione: oggi come cinquant'anni fa, usare una controfigura non sarà mai un'opzione!

Jackie Chan: "Non userò mai la controfigura finché non mi ritirerò. Cioè mai!"

Avete presente quando attori come Tom Cruise dicono di fare a meno delle controfigure? Tutti loro hanno un maestro, da più di cinquant'anni: Jackie Chan, che stiamo per rivedere in Karate Kid Legends, al cinema dal 5 giugno. Chan è davvero immarcescibile: a 71 anni rimane uno degli araldi di un cinema fisico, tra le arti marziali e lo slapstick, autoironico, leggero eppure estremamente professionale nel suo prendere sul serio le scene d'azione. Quando si parla di Chan, non c'è differenza tra attore e controfigura... e Jackie, intervistato da Haute Living, ha spiegato che non rinuncerà mai a questo elemento. È più forte di lui. Leggi anche Colpi d'amore, intervista a Ke Huy Quan: "Ho sempre desiderato essere come Jackie Chan, Stallone e Schwarzenegger"

Jackie Chan, una carriera trascorsa a farsi male sul serio, con orgoglio

La lunghissima carriera di Jackie Chan nel cinema di Hong Kong è iniziata negli anni Sessanta, quand'era ancora un bambino, ma non è esplosa fino alla metà dei Settanta. Da allora uno degli eroi action per eccellenza, all'occorrenza (e volentieri) anche commediante, regista e coreografo di arti marziali, per cinquant'anni è diventato garanzia e mito per tutti coloro che ne apprezzano la dedizione fisica ai ruoli. Tra pochisismo in Karate Kid: Legends, Chan non ha intenzione di ritirarsi... e di conseguenza non ha intenzione di smettere di eseguire le acrobazie suo marchio di fabbrica. Non è solo una questione di sfida con sé stesso: come spiega, è proprio una necessità poetica.

Naturalmente, io faccio sempre di persona le mie sequenze d'azione. Non cambierà mai finché non mi ritirerò... cioè mai! E a dirla tutta, lo faccio ormai da 64 anni filati, non mi preparo nemmeno più fisicamente. È tutto nel cuore e nell'anima, memoria muscolare. Tanto tempo fa, non potevamo fare altro che essere davvero lì e saltare. Punto. Oggi con i computer attori e attrici possono fare qualsiasi cosa, ma hai sempre la sensazione che manchi un po' il realismo. È un'arma a doppio taglio. Da un lato chi recita è sempre più in grado di fare scene d'azione impossibili, con l'aiuto della tecnologia, eppure, d'altro canto, l'idea del pericolo e del limite diventa nebulosa, il pubblico è come anestetizzato. Ma non voglio di certo incoraggiare le persone a rischiare la vita per fare le scene che feci io. Davvero è troppo pericoloso! [...]
Ero in Jugoslavia [girando Armour of God nel 1986, ndr] e mi feci malissimo. Caddi da un albero, di testa. Mi fecero una craniotomia, fui letteralmente a un passo dal paradiso - o dell'inferno, dipende da dove mi avrebbero mandato! Fui costretto a fermarmi quasi per un anno e Dio solo sa quanto fu difficile per me quell'anno. [...]
Non puoi mai fare qualcosa che piaccia a tutti, l'unica cosa che puoi fare è essere vero, fedele a te stesso. Il cinema è l'arte del rimpianto. Pensi sempre che avresti potuto fare di più e meglio. Ma per quanto mi riguarda, finché mi spingo al mio limite, posso andare avanti senza rimpianti.
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