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Steven Spielberg premiato dalla Berlinale: "Ai giovani dico fate attenzione alla storia, e ai dettagli"

Il regista ha ricevuto dal festival tedesco l'Orso d'oro onorario, ed è protagonista di un Omaggio che è stata l'occasione per il pubblico tedesco per rivedere molti dei suoi capolavori. Ecco cosa ha raccontato, entusiasta e generoso, alla stampa presente al Festival di Berlino.

Steven Spielberg premiato dalla Berlinale: "Ai giovani dico fate attenzione alla storia, e ai dettagli"

"Se avete tutti così tanto interesse a parlare con me, vuol dire che devo aver fatto due o tre cose giuste in questi anni", dice Steven Spielberg sorridendo. Ha appena allungato oltre il tempo previsto l'incontro con la stampa presente al Festival di Berlino, che quest'anno gli ha conferito l'Orso d'oro alla carriera e gli ha dedicato una retrospettiva omaggio. Un incontro che è stato l'occasione per Spileberg di raccontare e raccontarsi.
"Non credo che nulla sia cambiato in me da quando ho iniziato a fare il regista", esordisce l'autore di innumerevoli capolavori, uno dei più grandi e influenti registi dei nostri tempi. "Sento ancora dentro di me il potere del cinema che mi trascina e che so trascina molti miei colleghi, sento lo stesso livello di incredibile eccitazione quando trovo l'idea per un nuovo film, un'eccitazione che nella mia vita è stata superata solo da quella per la nascita dei miei figli".
I figli. Alcuni di loro, racconta Spielberg, erano tornati a vivere con lui e con sua moglie durante i mesi più duri della pandemia, quelli in cui Spielberg si sentiva "sequestrato dentro casa, e per fortuna la mia famiglia era con me". È stato in quel frangente, racconta il regista, che ha pensato fosse arrivato il momento per raccontare la storia che, in un modo o nell'altro, ha sempre raccontato, "ma mai in maniera così esplicita". La storia è ovviamente quella della sua famiglia, quella di The Fabelmans, "la storia di mio padre e di mia madre".
"La pandemia", spiega Spielberg, "mi ha veramente spaventato all'inizio, e mi ha fatto iniziare a pensare come mai prima alla mortalità, e al fatto che stavo invecchiando. Al passato pensavo da quando mia mamma è morta sei anni fa, ma è stato in quel momento che ho trovato il coraggio per raccontare la mia storia".
The Fabelmans, dice il regista, "è stato il film più difficile dal punto di vista emotivo che abbia girato (prima lo era stato Schindler's List, e quello più duro dal punto di vista fisico è stato Lo squalo) e molte volte sul set sono stato travolto dalle emozioni". In più, spiega Spielberg, la lavorazione di The Fabelmans si è sovrapposta anche con quella di West Side Story, altro film che aveva molto a cuore per motivi diversi, e l'impegno emotivo e mentale è stato tale che, dice, "non ho avuto tempo di pensare a quello che avrei fatto dopo come faccio di solito, tanto che ora mi trovo per la prima volta senza sapere a cosa lavorerò: una sensazione bella e orribile allo stesso tempo. Passerò il resto di quest'anno a chiedermi cosa farò".

Steven Spielberg dice di non pensare troppo all'influenza che ha avuto su generazioni di spettatori: "di solito non penso molto, visto che per anni ho fatto un film dopo l'altro senza interruzioni". Dice però, citando per esempio di The Daniels di Everything Everywhere All at Once, di trovare lui, oggi, più influenza negli autori giovani, con la loro audacia, che non nei grandi maestri che lo hanno guidato per anni.
Racconta di quando i suoi genitori andarono a vedere Sentieri selvaggi al cinema senza di lui, e di come lui il giorno dopo prese due quarti di dollaro e andò al cinema da solo; di quando la sua segretaria gli fece leggere il racconto di Richard Matheson su Playboy che trasformò in Duel ("il film che ha convinto i produttori ad avere fiducia in me"); di come E.T. si debba a Truffaut, che gli disse “tu hai il cuore di un bambino, e dovresti girare un film con dei bambini”; dell’aver scelto Janusz Kamiński come direttore della fotografia dopo aver visto il tv movie di Diane Keaton Fiore selvaggio (“gli chiesi se se la sentiva di girare un film in bianco e nero, mi rispose che in Polonia, alla scuola di cinema, avevano soldi solo per le pellicole in bianco e nero”).
Sulla scena dell’incontro con John Ford che chiude The Fabelmans Spielberg dice che “è quella più fedele alla realtà di tutto il film, è andata così parola per parola. Per anni mi sono vergognato di quell’incontro, e un po’ anche di quello che mi aveva detto Ford, ma poi ho capito che in quel modo ruvido e spiccio mi aveva fatto un enorme regalo, dato un grandissimo consiglio”.
Ai giovani registi o aspiranti lui non direbbe certo “and now get the fuck out of here”. “Il consiglio che do di solito è di fare grande attenzione alla storia che si racconta: è quella che attira l’attenzione, non le inquadrature. Consiglio ai registi di scrivere, o di far coppia con bravi sceneggiatori. E di fare attenzione ai dettagli, mentre di non preoccuparsi delle cose più grandi, che si risolvono da sole, perché un film è la somma di tutti i dettagli che lo compongono”.
Ma c’è una cosa, dice Spielberg, e lo ha dimostrato in tutto il suo cinema, che per lui è fondamentale: “Se non gioco mentre lavoro, se non mi diverto, c’è qualcosa che non va. Per questo cerco sempre di mettere dell’umorismo anche nelle situazioni più tragiche”.

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