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Oscar 2020: Chi è Bong Joon-Ho e cosa ha fatto prima di Parasite

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Un veloce ripasso del trionfatore degli Academy Awards con 4 Oscar all'attivo. Un talento che arriva da lontano e che ha avuto ottimi maestri.

Oscar 2020: Chi è Bong Joon-Ho e cosa ha fatto prima di Parasite

Se non siete frequentatori del Far East Festival e dei grandi festival internazionali, è probabile che prima di Parasite non abbiate visto sul grande schermo gli altri film del trionfatore assoluto degli Oscar 2020, Bong Joon-Ho, che a soli 50 anni si è aggiudicato 4 statuette: miglior sceneggiatura originale, miglior film internazionale, miglior regia e miglior film. Anche se gli Oscar sono i più prestigiosi, non sono ovviamente questi gli unici riconoscimenti ricevuti da Parasite che ha vinto la Palma d'Oro a Cannes, un Golden Globe, due BAFTA, lo Screen Actors Guild per il cast e una marea di premi della critica oltre a incassi record in patria. Ma come ha preso il via la carriera di Bong Joon-Ho?

Bong Joon-Ho: gli inizi

Bong Joon-Ho è nato a Daegu, nella Corea del Sud, il 14 settembre 1969, e si è trasferito a Seul con la famiglia quando era ancora bambino. Studia sociologia e all'università partecipa attivamente alle manifestazioni del movimento studentesco contro il governo, respinte dalla polizia a suon di gas lacrimogeni (e questo è uno degli elementi ricorrenti nei suoi film). Dopo aver svolto il servizio militare obbligatorio e terminato gli studi, fonda un collettivo chiamato Yellow Door, con studenti di altre università, con cui realizza i suoi primi film, tra cui un cortometraggio in stop motion intitolato Looking for Paradise e uno in 16 mm., White Man. A inizio anni '90 Bong Joon-Ho si iscrive a un programma di due anni della Korean Academy of Film Arts, dove realizza molti corti in 16 mm. I suoi film di diploma, Memory Within The Frame e Incoherence, vengono presentati al festival di Vancouver e di Hong Kong. Lavora anche per altri registi come direttore della fotografia, studia i film di Martin Scorsese e cita la filmografia di Quentin Tarantino tra le sue maggiori influenze. Molti anni dopo, avrà modo di ringraziarli dal palco degli Oscar, dove riesce a batterli.

I lungometraggi: da Barking Dogs Never Bite a Memorie di un assassino 

Il debutto di Bong Joon-Ho nel lungometraggio è del 2000, con Barking Dogs Never Bite, una commedia satirica in cui un professore disoccupato, irritato dal continuo abbaiare dei cani nel suo condominio, inizia a rapirli e a vendicarsi. Il film, girato proprio dove vive il regista dopo il matrimonio, viene apprezzato e invitato al festival di San Sebastian, vince allo Slamdance Film festival e al festival di Hong Kong, anche se in seguito lui lo disconoscerà, ritenendolo poco riuscito. Al secondo film Bong Joon-Ho firma il suo primo capolavoro: Memorie di un assassino (che la Academy porterà al cinema il 13 febbraio), del 2003, racconta la vera storia di un serial killer sudcoreano e degli omicidi impuniti (fino al 2019, quando il colpevole è stato trovato) di una serie di giovani donne. Il film - che marca la sua prima collaborazione con l'attore di Parasite, il carismatico Kang Ho-Song -, è una visione ipnotica e una riflessione densissima, stratificata e complessa, nonché molto critica nei confronti della giustizia e della società sudcoreana, sul concetto di banalità del Male e di come cambi le persone che devono confrontarcisi. A tratti grottesco, violento e straziante, ha un epilogo straordinario ed è stato un enorme successo di pubblico in patria, dove ha vinto i premi come miglior film, miglior regista, miglior attore e miglior fotografia. Memorie di un assassino è stato presentato al festival di Cannes e alla Mostra del cinema di Venezia, e ha vinto tre premi al festival di San Sebastian, incluso miglior film.

Da The Host a Mother

Il terzo lungometraggio di Bong Joon-Ho è un altro successo, commerciale e artistico: il monster movie The Host, del 2006, su una creatura anfibia mutante, che cresce nel fiume Han dopo che un medico americano (il compianto Scott Wilson) vi ha fatto gettare centinaia di litri di formaldeide. Da questa premessa da B-movie si sviluppa un film di grande spessore che parla anche di legami famigliari, attorno alla ricerca di una bambina, figlia del sonnolento e fallito protagonista (ancora Kang-Ho Song), rapita dalla creatura, ma ancora viva nelle fogne della città. The Host è un film che fa paura, affascina e ipnotizza per le sue soluzioni visive e la qualità delle interpretazioni e degli effetti speciali e che, ancora una volta, parla di altro, di un misterioso (inesistente) virus e della paranoia scatenata tra la popolazione, che sembra oggi un tema stranamente profetico. Tra scene di sommossa e critiche alla politica americana e sudcoreana, si dipana un creature feature tra i più belli e originali che si siano mai visti. The Host viene presentato a Cannes, alla Quinzaine des réalisateurs. Noto ormai internazionalmente, Bong Joon-Ho dirige un frammento del film collettivo Tokyo, con Michel Gondry e Léos Carax, incentrato su un ragazzo che vive da 10 anni recluso in casa, un hikikomori, che si innamora di una ragazza che consegna le pizze. Mother, del 2009, è la storia di una madre che cerca di salvare il figlio disabile accusato di un delitto: è ancora Cannes a ospitarlo, stavolta nella sezione Un certain régard, dove riscontra un notevole successo. Nel 2011 Bong Joon-Ho è in giuria al Sundance Film Festival, è presidente della Giuria della Caméra d'Or a Cannes ed è giurato anche al festival di Edimburgo.

Da Snowpiercer e Okja a Parasite

Nel 2013 dirige un cast internazionale nel suo primo film in lingua inglese, il riuscito e spettacolare Snowpiercer, dal graphic novel Transperceneige di Jean-Marc Rochette e Jacques Lob (qua la nostra recensione). Un altro successo stratosferisco, che porta direttamente al suo primo film realizzato per Netflix, il meno riuscito Okja, parabola ecologista un po' confusa, che è la storia dell'amicizia tra una bambina sudcoreana e un gigantesco “maiale” geneticamente modificato, e della rivolta di un gruppo di terroristi animalisti contro la multinazionale Mirando, presieduta da una spietata Tilda Swinton. Stavolta al regista sembra sfuggire il controllo del grottesco e il film risulta spesso confuso e sopra le righe, ma è comunque un nuovo successo. Presentato in concorso a Cannes, dopo i fischi all'apparire del logo Netflix, Okja riceve 4 minuti di standing ovation (la recensione la trovate qua).

E poi arriva Parasite, che entra nella storia del cinema mondiale assieme al suo realizzatore. Sarà interessante vedere come, dopo il meritato riposo e il trionfo assoluto del suo ultimo film, evolverà la filmografia di Bong Joon-Ho. Intanto vi invitiamo a scoprire l'opera di uno degli autori più originali e visionari (nel senso buono della parola) attualmente in attività, ricordandovi che potete ancora vedere al cinema Parasite e – dal 13 febbraio – Memorie di un assassino, sicuri che Bong Joon-Ho ci riserverà ancora tante belle sorprese.

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  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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