Harvey Keitel: Mr. Wolf, a Taormina, parla di Scorsese, della strage di Orlando e... di papponi
Un grande attore per una grande lezione di vita e di cinema.
Con Susan Sarandon, che lo ha preceduto di due giorni sul palco del Palazzo dei Congressi per una Taoclass, Harvey Keitel ha in comune non solo Thelma & Louise, ma l’assidua frequentazione dei set hollywoodiani e una carriera “monstrum” che però non ha minato la sua umiltà, la sua gentilezza e una tranquillità che nasce la una certezza: la consapevolezza di aver avuto in dono dalla vita - e da grandissimi registi - un mestiere sublime, che si è trasformato, se non in una missione o una ricerca di perfezione, in una spinta a darsi e a dare, e a contribuire a rendere l’arte (sia essa cinema, teatro o musica) uno strumento per rendere il mondo un posto migliore. Sorridente, ironico e non avaro di riflessioni e aneddoti, il Signor Wolf di Pulp Fiction, che ha servito anche l'immaginazione di Paolo Sorrentino, ha conquistato il TaorminaFilmFest con i suoi racconti su Martin Scorsese e il pappone di Taxi Driver, e condividendo con il pubblico il suo immenso amore per il metodo, ragione di vita e nume tutelare di alcuni fra i migliori attori di sempre.
L’Actors Studio - Per me L’Actors Studio rappresenta il massimo per un attore. In America è un’istituzione. Come sapete, tutto è cominciato quando Lee Strasberg ha portato negli Stati Uniti il cosiddetto metodo Stanislavskij. Ad alcuni non piace la parola metodo, la considerano una parolaccia, che usano per sminuire il lavoro di un attore. Non bisogna per forza seguire il metodo, diciamo che si tratta di un suggerimento, di una possibilità, proprio come con il traffico e i semafori rossi di Napoli. A Napoli, quando un semaforo diventa rosso, è un optional, sei libero di non fermarti, è un consiglio, una possibilità. Allo stesso modo, il metodo dev’essere uno spunto, devi cominciare dal metodo per arrivare a un tuo metodo, magari trovando un’altra strada… o un altro semaforo. E comunque, per entrare all’Actors Studio, devi fare un provino ed è dura, io ne ho dovuti fare due.
Non scendere di livello - Il metodo è uno standard, e quando dico standard, non parlo di una regola rigida, ma di un livello che deve tendere il più possibile verso l’alto e sotto il quale cerchiamo di non andare. E’ importante non scendere, soprattutto perché viviamo in un mondo dove il livelllo è già piuttosto basso. Putroppo è una lotta impari, perchè ci sono molti attori, registi e sceneggiatori che non aspirano al massimo, e allora per chi mira così in alto diventa difficile rinunciare a progetti che non sono di qualità eccelsa, ma che comunque ti fanno guadagnare. E invece bisogna guardare in alto, non arrendersi.
La strage di Orlando - Oggi, qui a Taormina, penso a quello che è accaduto a Orlando, e mi viene ancora in mente il concetto di standard. L’artefice della strage è una persona che ha uno standard molto diverso dal nostro, che insegue con la nostra stessa passione e che lo ha spinto a massacrare 50 persone. Non ha fatto quello che ha fatto per caso, aveva un’idea precisa. Per questo è giusto che ci siano i festival del cinema, perchè solo attraverso i festival, e quindi attraverso la cultura e l’arte, riusciremo a condividere delle cose e a cambiare il mondo. I politici non ce l’hanno fatta. Nella mia fantasia penso che, se quell’uomo di Orlando fosse stato in un luogo come questo e avesse incontrato attori, registi e scrittori, forse non avrebbe fatto quello che ha fatto, perché esiste un altro modo di vivere. Quando rifletto su queste cose, penso a mio figlio che è giovane e mi viene un po’ paura per lui.
I monaci - Mentre venivo qui un amico mi ha raccontato una cosa. In Italia c’è un ordine monastico che deve rispettare una regola assai curiosa legata alla castità: non si posso avere animali di sesso femminile. Questo dimostra la forza con cui si difendono idee lontane dalle nostre.
A pranzo al Cremlino - Una volta sono stato invitato a pranzo al Cremlino insieme ad altri 15 attori e personaggi di cinema. Putin ci ha detto: voi artisti avete più potere sulla gente di quanto non ne abbia io. Gli avrei voluto rispondere: sì, ma tu hai le pistole e le usi. D’accordo, noi abbiamo il cinema, la danza, la musica, la pittura, ma se dall’altra parte ci sono le armi, è una battaglia durissima da combattere.
L’incontro con Martin Scorsese - Martin è stato uno studente dell’NYU. Lui studiava cinema mentre io vendevo scarpe e nel frattempo studiavo recitazione. Avevo bisogno di un lavoro per coltivare la mia passione e comunque andavo a tutti i provini. Un giorno mi presentai all’NYU per un film diretto da un giovane studente di nome Martin Scorsese. C’erano tanti attori come me, che guadagnavano poco. Avremmo lavorato gratuitamente, avremmo girato solo nel weekend. Ricordo che, dopo aver superato 3 provini, andai all’NYU di sera. Il campus era vuoto e le luci erano spente. Entrai e qualcuno mi disse: Martin sta per arrivare, vai in quella stanza in fondo al corridoio e aspetta laggiù. Entrai in una stanzetta illuminata da una luce fioca e mi trovai di fronte una scrivania con sopra una triste lampadina. Sembrava di stare in un commissariato di polizia. C’era una persona seduta alla scrivania. Con tono brusco mi disse: siediti! E io: no, cerco Scorsese. E lui: mettiti su quella c… di sedia! E io: non mi rompere, vai fare in… A quel punto ho fatto per andarmene e ho visto Martin che arrivava di corsa dicendo: Fermi tutti, è un’improvvisazione! Gli ho risposto: la prossima volta che vuoi fare un’improvvisazione, avvisaci!
Il cinema italiano - Non è che mi sono svegliato una mattina e mi sono ritrovato protagonista del film di Sorrentino. Sicuramente il cinema italiano ha influenzato molto il cinema americano. Amo Fellini, De Sica, la prima volta che ho visto un film di Pasolini, sono rimasto davvero colpito.
Diventare un pappone per Taxi Driver - All’epoca facevo teatro e non sapevo cosa significasse essere un pappone, quindi dovevo asolutamente capirlo attraverso l’esperienza. Così ho approcciato una prostituta su Broadway e le ho spiegato che dovevo interpretare un pappone e imparare cose sull’argomento. Rammento che lei non diceva una parola, mentre io parlavo, parlavo, parlavo. A un certo punto si è arrabbiata e mi ha detto: ma vattene! A quel punto mi si è presentato un uomo che mi ha raccontato di essere un ex pappone. L’ho portato all’Actors Studio, abbiamo improvvisato per due settimane e mi ha insegnato tutto quello che c’è da sapere sui papponi.