The Lighthouse: la recensione del film horror con Robert Pattinson e Willem Dafoe presentato a Cannes

19 maggio 2019
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Il regista di The Witch arriva sulla Croisette - sponda Quinzaine des Réalisateurs - con la sua opera seconda. E delude con un film pretestuso e supponente.

The Lighthouse: la recensione del film horror con Robert Pattinson e Willem Dafoe presentato a Cannes

Sta purtroppo diventando una spiacevole ricorrenza dover constatare come sempre più spesso registi che avevano firmato un esordio interessante, o magari perfino un paio di film azzeccati, vedano andare a picco sotto il peso di ambizioni eccessive e mal riposte il loro lavoro successivo.
È questo, purtroppo, il caso di Robert Eggers, acclamato da tutti - e, devo ammettere, anche da me - come nuovo fenomeno del cinema horror americano dopo un primo film francamente notevolissimo come The Witch. Che, con The Lighthouse, gira un'opera seconda supponente e pretestuosissima.

Col senno di poi, c'erano stati indizi sufficienti a fare una prova: da quelli più blandi (un casting un po' troppo spostato verso la stardom hollywoodiana di quanto non fosse lecito aspettarsi, con Willem Dafoe e soprattutto Robert Pattinson come protagonisti unici della storia), ad altri ben più consistenti (l'intervista di Dafoe a Patterson con la retorica sulla difficoltà delle riprese, la notizia per cui Eggers fosse andato in cerca di macchine da presa e lenti d'epoca  - anni Venti e  Trenta - per girare in pellicola e in bianco e nero).
Ma il beneficio del dubbio non si nega quasi a nessuno, e comunque la curiosità era molta.

Fin dalle sue prime immagini, però, The Lighthouse mette in scena un formalismo che non è solo fine a sé stesso, ma che è derivativo e presuntuoso, pronto a citare a ogni pié sospinto pietre miliari del cinema muto e prima del colore; così come dal punto di vista del racconto, che più che essenziale è esile e un pelo ridicolo, e che Eggers infarcisce di un numero elevatissimo di citazioni e semi-plagi provenienti dall'enorme calderone della storia del cinema fantastico e dell'orrore, mescolati in un impianto che mescola riferimenti tanto a certo Dreyer quanto a Bergman, passando per Shining.

Più che un horror, infatti, The Lighhouse è uno psicodramma sul progressivo scivolare nella follia di due uomini, o di uno soprattutto, nel quale l'elemento sovrannaturale (cosa c'è nella lanterna del faro? la sirena che appare a un certo punto è reale o immaginaria?) è poco più di un pretesto per riempire i vuoti del racconto.
Dafoe e Pattinson fanno a gara a chi sbraita di più, e a chi strabuzza meglio gli occhi: il primo parlando come una parodia del nonno di Braccio di Ferro (Eggers, in un passaggio che vorrebbe autoironico, fa dire a Pattinson che la parodia è quella di Ahab: ma siamo nel 1890, ed è dubbio che uno zotico come quello avesse letto il capolavoro di Melville pubblicato nel 1851, peraltro con insuccesso commerciale); il secondo tornando ai livelli interpretativi dell'era Twilight.

Nel fallimento di The Lighthouse, che non fa paura e non trasmette alcuna inquietudine, uno zampino ce lo deve aver messo anche la A24, etichetta produttiva supercool USA che, dopo aver sfornato alcuni titoli non indifferenti, pare negli ultimi tempi aver inaugurato un filone manierato e un po’ fighetto dentro il quale questo secondo film di Eggers sembra rientrare con tutte le scarpe.



  • Critico e giornalista cinematografico
  • Programmatore di festival
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