Quel giorno tu sarai: recensione del dramma sullo Shoah di Kornél Mundruczó
Tre personaggi, tre storie che legano i campi di concentramento, la Shoah e le nuove generazioni che provano a superare il trauma fino a oggi. Quel giorno tu sarai è un dramma di Kornél Mundruczó. La recensione di Mauro Donzelli.
Il tempo come trasmissione di un trauma lungo le generazioni. La memoria come elemento distorsivo di un ricordo da custodire o da superare. Sono molti e cruciali i temi messi in campo da Kornél Mundruczó nel suo film sulla Shoah, Quel giorno tu sarai, in originale Evolution, a evocare con giustezza proprio il percorso progressivo di un racconto sulle mille ramificazioni con cui la mente umana affronta un dramma di portata inaudita, fino a quel momento incomprensibile; ma in fondo ancora oggi.
Sono tre le generazioni di una famiglia al centro di un racconto che porta dalla Seconda guerra mondiale, dal campo di concentramento di Auschwitz, alla Berlino di oggi, multietnica eppure sempre alle prese con l’arroccamento di una comunità che si riconosce puntando il dito nei confronti di un diverso. Proprio nel riconoscere un’alterità fin dalle piccole banalità quotidiane, come un dolce con sapori diversi o una lanterna dalle forme particolari, risiede il germe dell’intolleranza. Auschwitz, Budapest, Berlino. Un viaggio in tre realtà cruciali del viaggio più drammatico del Novecento, quello delle patrie e delle identità sconvolte dall’Olocausto, da un prima e un dopo che ha colpito l'Europa e il mondo e provocato uno stress post traumatico senza precedenti. Un dolore che viene trasmesso da Eva, bambina nata miracolosamente fra le baracche del campo di concentramento, alla figlia Lena e poi al nipote Jonas. Una sofferenza collettiva che si può superare solo con una elaborazione individuale dettata dall’esperienza e da una memoria sempre viva.
Se il precedente film di Kornél Mundruczó, Pieces of a Woman, scritto sempre dalla compagna Kata Weber, era il racconto dell'elaborazione di un lutto personale di una donna a cui è stato impedito di essere madre, Quel giorno tu sarai elabora la colpa di esserlo stata, di aver partorito nonostante ogni elemento esterno suggeriva diversamente, in un luogo infernale, trasmettendo un lutto collettivo come peccato originale, stigma da portare come una maledizione per le generazioni seguenti. Un marchio, un numero stampato sulla pelle di una bambina di pochi giorni che rappresenta, come racconta l'anziana sopravvissuta, “una seconda nascita, un secondo compleanno”, quello imposto dalla Shoah. In un luogo che rappresenta “l’inizio e la fine di tutto”, per la loro come per molte altre famiglie, oltre che per il Novecento europeo.
Il primo, lungo piano sequenza dei tre che costituiscono il film ci porta alla sconvolgente scoperta di residui organici, vitali, in un luogo di morte come una camera a gas. Il primo capitolo di un viaggio in cui Mundruczó carica il racconto, come suo solito, di metafore esplicite, in un’esibizione carnale e spietata delle bassezze umane. Qui è l’acqua a irrompere come fluido al tempo stesso capace di scorrere indifferente, di sconvolgere ogni cosa incontri, ma anche di trasportare la vita oltre i confini.
Cos’era e cos’è oggi l’identità? Uno dei tanti interrogativi di una storia che diventa remota, protagonista diretta una generazione di testimoni che ormai sta scomparendo, una memoria da mantenere in vita, pur con tutti gli effetti distorsivi del tempo, con la sua inevitabile manipolazione. Come dice la figlia della bambina nata nei campi, ora donna di mezza età, unica a osservare in questa storia, a cui non è dedicato uno dei capitoli: “Eravamo ebrei quando non potevamo esserlo, e ora che possiamo esserlo non siamo ebrei”. Una frase con cui rivendica un’eredità religiosa e culturale che la madre sembra sempre più voler rimuovere. Rimane una nota di speranza, due ragazzi di religioni diverse che si scoprono e rappresentano la migliore risposta, orientata al futuro, a un antisemitismo che si rimanifesta strisciante e che si tende a ignorare; colpevolmente.
- critico e giornalista cinematografico
- intervistatore seriale non pentito