Conspiracy: la recensione del dramma con Kenneth Branagh sull'incontro che diede il via alla Shoah

24 gennaio 2020
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Kenneth Branagh guida un cast corale sulla conferenza fra i vertici del potere nazista che iniziò la pianificazione concreta della Soluzione Finale del problema ebraico.

Conspiracy: la recensione del dramma con Kenneth Branagh sull'incontro che diede il via alla Shoah

Nell’inverno del 1942 il grande inverno russo aveva frenato l’avanzata dell’esercito nazista verso Mosca, durante la Seconda guerra mondiale. Per la prima volta l’ambizione hitleriana di un Reich nazista eterno era messa in discussione dallo stato dei combattimenti sul territorio, ma anche negli stessi corridoi del potere tedesco. Proprio in quei giorni quindici ministri, dirigenti e autorevoli esponenti nazisti, non i leader, si riunirono in una residenza di campagna innevata sulle rive di un lago, a Wannsee, vicino Berlino, per dibattere a quattr’occhi gli aspetti tecnici di quella che sarebbe stata la Soluzione finale (del problema ebraico). “In due ore, questi uomini cambiarono il mondo per sempre”, secondo le parole del narratore che accoglie noi spettatori, oltre agli ospiti, del film televisivo Conspiracy, firmato HBO e BBC, che di quell’incontro è un resoconto appassionate, raggelante, e fedele, almeno a quanto risulta dall’unica trascrizione rimasta della riunione.

Un incontro che coinvolse proprio quei burocrati che “obbedirono solo agli ordini”, che costituirono i quadri volenterosi che misero in pratica le sussurrate o urlate direttive del führer e dei gerarchi dei più alti vertici. Conspiracy mostra la conferenza di Wannsee, in realtà un incontro durato un paio d'ore, dai preparativi precedenti all'arrivo degli ospiti alla loro partenza, a colpi di Heil Hitler, con aggiornamenti più o meno fanaticamente e falsamente ottimistici sulla situazione del fronte orientale. L’eleganza delle residenza, e la cura formale del servizio impeccabile, fanno da contraltare raggelante al tragico ordine del giorno discusso proprio lì, fra pizzi ben stirati, porcellane e cristalli. Un trionfo di divise, di SS, gli ospiti che hanno convocato la riunone, Gestapo, Wehrmacht, capi del partito e politici ministeriali, sul fronte o nei palazzi del potere, perché “essere un buon soldato richiede disciplina per fare anche l’impensabile, la politica richiede l’abilità di far fare ad altri cioè che è impensabile fare da soli”.

Il nome più celebre fra i presenti, oggi, non certo all’epoca dei fatti, è quello di Adolf Eichmann (Stanley Tucci nel film), diventato una sorta di icona dello sterminio dopo il rapimento, il processo e la conseguente esecuzione a morte da parte dello stato d’Israele nei primi anni ’60. Il padrone di casa, capo diretto di Eichmann, qui rappresentato come efficace galoppino, arrivato buon ultimo, guidando in prima persona un aereo, è Reinhard Heydrich, un perfetto Kenneth Branagh, soprannominato il macellaio di Praga, governatore del Protettorato di Boemia e Moravia e numero due del leader delle SS, Heinrich Himmler. Fu a lui che venne assegnato il compito di cancellare gli ebrei dalla faccia della terra, almeno da quella che interessava ai nazisti. Un incontro partito dalla volontà delle SS di veder confermato formalmente il proprio piano, deciso ben prima di Wannsee.

Cortesie reciproche miste a tensioni per antipatie o disaccordi radicati nel passato, come in un consiglio d’amministrazione di una grossa corporation o di una banca. Anche questo elemento contribuisce al senso di disagio e inquietudine che coglie lo spettatore in questa disturbante occasione di essere al centro di un incontro storico, di una pagina fra le più vergognose della storia della convivenza fra i popoli. Passati in rassegna come fossero i personaggi di una storia corale alla Agatha Christie, con la differenza che non ci sono innocenti e tutti sono colpevoli, portatori di segreti e del Segreto successivo a questo incontro.

Come sbarazzarsi degli ebrei? "Nessuno li vuole ai propri confini, neanche l’America di Roosevelt", tanto per sottolineare anche le responsabilità del non intervento delle potenze alleate. Qualche timida opposizione o perplessità circola intorno al tavolo, sudori freddi di anime meno compromesse in grado di rendersi conto della disumanità senza precedenti di quanto stavano pianificando, o semplicemente in disaccordo sulle modalità effettive dello stermininio. Non manco ogni tanto una pausa per sottolineare la qualità del vino, fra il conto di una pulizia etnica e un lungo dibattito tecnico su chi cosa fare degli ebrei misti, di primo o secondo tipo, e su chi avrebbe dovuto considerarsi realmente ebreo. Qui il punto di vista pragmatico delle SS si scontra con il dott. Stuckart (Colin Firth) rigoroso teorico della razza e promulgatore delle celebri Leggi di Norimberga, da anni studioso di un razzismo radicato e scientifico, non “ideologico come il vostro”, che accusa Heydrich "di non saper odiare".

Conspiracy è uno dei migliori film sulle dinamiche del potere nazista, sulla portata inusitata del concetto arendtiano di banalità del male, sulla burocrazia ostinata e inumana dietro allo sterminio di milioni di persone. Dialoghi serrati, interpretazioni impeccabili, per un film da vedere e conservare fra i classici sul nazismo e la Shoah, di una violenza quasi insostenibile, pur non mostrando neanche un ferimento o una goccia di sangue.



  • critico e giornalista cinematografico
  • intervistatore seriale non pentito
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