Un'associazione di registi iraniani accusa di propaganda per il regime un film selezionato in concorso a Cannes
Una dura polemica sta spaccando la comunità dei registi iraniani, da sempre in prima fila per la libertà di espressione artistica. Un'associazione ha accusato il film selezionato per il concorso del Festival di Cannes di fare propaganda per il regime e rappresentare un paese che non esiste. Rasoulof non è d'accordo.

Sono anni di grande fermento e ricambio generazionale, fra gli artisti di una società giovane come quella iraniana. Da sempre in prima linea per il rispetto della libertà di espressione sono in particolare i registi di una cinematografia da tempo fra le più interessanti a livello mondiale. Sono alcuni anni che abbiamo registrato un malcontento sempre più evidente, ancora di più dopo lo scoppio della rivoluzione Donne, vita, libertà, per l'abitudine di rappresentare in maniera poco veritiera la quotidianità dei protagonisti dei film che circolavano (e circolano) nei festival internazionali, quindi salvo alcune eccezioni con il nullaosta del governo. In che modo? Per esempio mostrando donne che indossano il velo, anche in casa e in famiglia, addirittura di notte o a letto con il marito. Fra i più vocali, recentemente, sono stati i registi de Il mio giardino persiano, Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha, da poco condannati dal regime per ridicoli capi d'accusa.
Non ci stupisce più di tanto, quindi, come ancora prima della presentazione di Woman and Child di Saeed Roustayee al prossimo Festival di Cannes, il nuovo lavoro del regista iraniano sta suscitando dure polemiche che mettono in luce l'evidente turbamento all'interno della comunità cinematografica iraniana. Tanto da spingere Mohammad Rasoulof, fuggito dal paese un anno fa per finire e presentare liberamente Il seme del fico sacro a Cannes, a doversi giustificare per essersi "schierato" con forza in difesa di Roustayee. È infatti intervenuto dopo che un'associazione di registi iraniani indipendenti di opposizione al regime, la IIFMA, ha accusato Woman and Child, uno dei due film in concorso insieme a It Was Just An Accident di Jafar Panahi, di essere stato prodotto con il permesso del governo, e quindi di dover essere considerato "un film di propaganda".
Se la sono presa anche con il Festival di Cannes, "piegatosi alle autorità repressive iraniane" per aver selezionato un film in cui le protagoniste, "a partire dalla protagonista Parinaz Izadyar, appaiono nel film indossando il velo (hijab), che molte donne in Iran rifiutano di indossare in segno di protesta contro il regime". L'organizzazione, guidata da un produttore di base a Dubai, Kaveh Farnam, collaboratore in passato anche di Rasoulof, sostiene di rappresentare centinaia di membri della comunità cinematografica iraniana, più della metà dei quali si troverebbero all'interno dei confini iraniani, e considera la scelta di Roustayee "un tradimento del movimento Donna, Vita, Libertà", nato dopo la morte della giovane curda Mahsa Amini, arrestata per aver indossato in maniera non corretta il velo.
Secondo quanto dichiarato da Farnam (che non ha visto il film) a Variety, "le donne, soprattutto le giovani generazioni, non indossano più il velo islamico e hanno lottato per questo per anni, molte hanno sacrificato la vita per questo. Mostrare che la gente obbedisce ancora alle stupide regole del governo è una rappresentazione falsa della nostra società che tradisce la lotta delle donne e delle giovani generazioni".
In un comunicato, Mohammad Rasoulof, bombardato di critiche per il suo post di sostegno alla selezione del film in concorso a Cannes, ha spiegato che per lui "esiste una netta distinzione tra i film di propaganda della Repubblica Islamica e i film realizzati sotto il vincolo della censura. L'idea che qualcuno possa cercare di impedire ad altri di partecipare a festival internazionali va contro i principi della libertà artistica e persino contro i diritti umani fondamentali. Un clima del genere esercita anche un'enorme pressione sui registi iraniani che non possono lavorare al di fuori del sistema ufficiale o al di là della censura. Sono intrappolati tra due forze: da un lato, la pressione dell'apparato di censura; dall'altro, la pressione di coloro che etichettano qualsiasi tipo di attività professionale come tradimento del popolo o complicità con il regime, negando agli altri il diritto di scegliere la propria strada. Non tutti sono in grado di correre i rischi che comporta la realizzazione di film clandestini".
Il venditore internazionale del film, Goodfellas, anche finanziatore insieme a un non specificato altro soggetto privato, ha voluto precisare che Woman and Child "non ha ricevuto supporto dal governo iraniano" e che Roustayee, come Panahi, è un ben noto dissidente da molti anni.