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Pantafa: al cinema dal 30 marzo l'horror al femminile sul folklore italiano con Kasia Smutniak

Arriva al cinema il 30 marzo, dopo l'anteprima al festival di Torino, l'horror Pantafa, il nuovo film di Emanuele Scaringi con Kasia Smutniak protagonista. Ce lo hanno presentato interpreti, regista e il produttore Domenico Procacci.

Pantafa: al cinema dal 30 marzo l'horror al femminile sul folklore italiano con Kasia Smutniak

Tra i film che arrivano al cinema il 30 marzo c’è anche un horror italiano molto particolare. Si intitola Pantafa, è diretto da Emanuele Scaringi ed ha come interpreti principali Kasia Smutniak e la sorprendente piccola debuttante Greta Santi, contornati da un ottimo cast di supporto che comprende Mario Sgueglia, Betti Pedrazzi, Francesco Colella e Giuseppe Cederna. Dopo l’adattamento de La profezia dell’armadillo di Zerocalcare, Scaringi, coadiuvato alla sceneggiatura da Tiziana Triana e Vanessa Picciarelli, porta sullo schermo una leggenda, quella della Pantafica, tipica di Abruzzo e Marche, che ha però molti corrispettivi in altre regioni e nel mondo. A presentarcelo sono stati gli autori assieme a Kasia Smutniak e Greta Santi, con Domenico Procacci, che ha prodotto il film con la sua Fandango, che lo distribuisce al cinema in 90 copie, assieme a Rai Cinema.

Pantafa: la trama del film

In Pantafa, una donna irrequieta, Marta, con la figlia Nina, si trasferisce nel paese montano di Malanotte, dove prende residenza in una grande casa un po’ diroccata. La bambina soffre di crisi di apnea del sonno e sente una misteriosa presenza che le toglie il respiro e la blocca a letto. Nel paese si sta preparando proprio la Festa della Pantafa, la strega rimasta senza figli che toglie la vita a quelli altrui. Ad aiutare Nina a difendersi dal Male con gli antichi rituali tramandati per generazioni saranno l’anziana Orsa e i bambini del luogo, mentre Marta comincia ad essere perseguitata a sua volta.

Pantafa: la leggenda in Italia e nel mondo

Il titolo e il personaggio del film fanno diretto riferimento alla Pantafica, personaggio del folclore abruzzese e marchigiano, a cui la credenza popolare attribuisce le crisi di apnea notturna, la paralisi ipnagogiche che possono provocare a chi ne soffre anche allucinazioni. Nel folclore viene rappresentata come una strega o un grosso gatto nero ed è una leggenda che ha numerosi corrispondenti in tutto il Paese. Ad esempio in Lucchesia, in Toscana, esiste il Linchetto, che come lei ha anche il vizio di attorcigliare le criniere dei cavalli e far inacidire il latte, oltre a soffocare i dormienti. E suoi equivalenti sono la pesantola in Istria, la fantasima in Toscana e Umbria, il pundacciu e l’ammuntadore in Sardegna e così via. Ogni regione ha il suo demone del sonno, in alcuni casi di sesso maschile. All’estero se ne ritrovano varianti in Canada, Egitto, Giappone, Cina e altri paesi orientali. Spesso per fermare questa entità notturna basta offrirle del vino, sparpagliare per terra piselli o chicchi di grano o mettere davanti alla porta della camera da letto una scopa di fili di saggina, per costringerla a contarli, dal momento che non può farne a meno. Il celebre dipinto di Johann Heinrich Füssli, L’incubo, del 1781, sembra fare riferimento a queste leggende.

Pantafa: l'horror e la paura secondo autori e protagonisti

Come è consuetudine di molti horror, Pantafa è pretesto per parlare anche di altro, in questo caso il rapporto tra una madre che si sente inadeguata nei confronti della figlia. Tra chi ha partecipato al film, c’è chi ha privilegiato questo aspetto perché non ama l’horror come genere o ne ha paura, come la protagonista e la sceneggiatrice Vanessa Picciarelli, e chi invece, come Emanuele Scaringi o la sceneggiatrice Tiziana Triana, ne è appassionato e dunque ha cercato di rendere le atmosfere di quelli che preferisce, senza indulgere in jump scares o facili effetti. Kasia Smutniak confessa che si è trattato di una lavorazione molto complessa, in cui la cosa più difficile per lei è stata “confrontarmi con la mia paura personale ed essere costretta a rifarlo il giorno dopo e il giorno dopo ancora”. Sul mostro che deve affrontare nel film, l’attrice dice:

Leggende simili sono presenti in tutte le culture e rimandano a racconti per bambini come Hansel e Gretel e Cappuccetto Rosso, storie terrificanti attraverso le quali si insegnava loro ad esorcizzare le proprie paure. C’è tanto di vero in questo film, a partire dalle crisi ipnagogiche, di cui si parla molto poco. Non è una paura di per sé, quella che raccontiamo, ma è una base che esiste nei nostri ricordi e diventa una cosa più profonda e diversa. Qua la paura ha un volto, un nome, è una figura femminile legata alla sensazione di oppressione, di pesantezza, di soffocamento, si accosta al rapporto madre figlia e a tutto l’universo femminile. Ci sono una bambina, una madre e una donna che tramanda il sapere e cerca di proteggere la bambina tramandandole il sapere abruzzese. La cosa che fa più pura è sentirsi inadeguati e non all’altezza quando si diventa un genitore, ci sono tante aspettative verso la figura della madre nella società. Questa è una bella base per raccontare queste paure e il genere è solo uno strumento.

Il regista Emanuele Scaringi commenta: "Siamo partiti da uno studio sulle paralisi ipnagogiche, questi disturbi del sonno che danno una sensazione di soffocamento e un terzo di chi ne soffre pensa che dipenda da questa figura, di cui si sa molto poco. Volevamo creare un nostro mostro, raccogliere le storie del folclore e cercare di radunare le nostre tradizioni. Rappresenta un Male, potevamo trattarlo anche con un film drammatico ma ci sembrava il mezzo più giusto farlo con horror". Ma come mai Domenico Procacci ha deciso di produrre un horror? Il produttore confessa: “Non sono un fan dell’horror, in 33 anni di attività è il primo che produciamo. Emanuele, con cui abbiamo già lavorato, continuava a propormelo e io gli dicevo “ma non hai un altro progetto?”, cercando di deviarlo. Poi lo hanno scritto e mi è piaciuto. Non ho un’ostilità preconcetta ma mi piace quando si lavora sul genere per raccontare altro, come il legame alle leggende di cui il film tratta”. Con Procacci, Smutniak racconta di aver cercato di vedere qualche horror ma “ci siamo fermati al primo, Babadook, perché io uscivo dalla stanza. Adesso non ci proverò neanche. Fare questo film non mi ha aiutato ad esorcizzare queste paure.”

La paura principale raccontata in Pantafa, ribadisce, per lei ha a che fare con altro: “Marta è un personaggio complesso, il suo rapporto con l’essere madre è molto complicato perché non si sente all’altezza, avverte la responsabilità di questo rapporto. Forse è già scappata tante altre volte, la figlia soffre di queste crisi e lei la sottopone all’ennesimo trasferimento in un posto nuovo, ha paura di essere mamma”. Scaringi sottolinea che il film “è anche una piccola critica a un modello di società che esige sempre la perfezione, per cui si tende a nascondere le fragilità e le debolezze verso se stessi, non sono ammessi errori” La piccola e bravissima coprotagonista, Greta Santi, commenta con molta maturità il personaggio di Kasia Smutniak: “Marta non è molto pronta per quello che sta succedendo a sua figlia, non è una cosa normale, deve imparare a gestire le situazioni, è normale che non sappia reagire di fronte a queste crisi che succedono a Nina. Essendo alla mia prima esperienza, ho subito instaurato un bellissimo rapporto con Katia e me lo porto dentro tutti i giorni, come cosa bella.”

“Ci siamo conosciute” - aggiunge Smutniak – "durante i provini. Era essenziale trovare una bambina piccola di età ma adulta e matura per poter sostenere il personaggio. Abbiamo fatto molti provini con le bambine che dovevano urlare e i genitori che aspettavano fuori. Con Greta è stato un colpo di fulmine, quando ha fatto la scena del primo attacco che era anche quello del provino, ma è una cosa diversa farlo in una stanza e su un set, era così vera e terrificante vederla recitare che è calato un lungo silenzio sul set e abbiamo pensato che quasi quasi non ci serviva il mostro. Lei è stata una grande, mi ha aiutato, era lei quella più forte, io avevo paura”. Ma a Greta piacciono gli horror? Di cosa ha paura? La risposta è sorprendente: “Mi piacciono e li guardo. A me spaventano le conseguenze delle nostre azioni”.

Per chi non ha paura, o vorrebbe averne ed è curioso di saperne di più su questa storia, Pantafa è al cinema dal 30 marzo distribuito da Fandango.

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  • Saggista traduttrice e critico cinematografico
  • Autrice di Ciak si trema - Guida al cinema horror e Friedkin - Il brivido dell'ambiguità
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