Fuga di mezzanotte 40 anni dopo: vita, morte e miracoli di un film passato alla storia
Nel novembre del 1978 usciva nelle nostre sale il film di Alan Parker con Brad Davis e noi ve lo raccontiamo.

“È mia intenzione realizzare un film molto violento, brutale e senza compromessi, il cui soggetto senza dubbio avrà un costo per tutti noi”. (Alan Parker, dalla lettera indirizzata alla troupe e al cast, prima delle riprese di Fuga di mezzanotte).
Quando chi l'ha vissuto, o chi lo studia, pensa al 1978 (e a molti anni che finiscono per 8, in verità) gli verrebbe quasi da dire, parafrasando una celebre espressione di Gianni Minà, “Formidabile quell'anno!”. Se non per tutto, sicuramente per il cinema, dove uscivano a getto continuo film rimasti nella storia. Alcuni di loro a un certo punto sono stati riposti sugli scaffali più alti e un po' dimenticati e vale dunque la pena, in occasione della ricorrenza della loro “nascita”, di tirarli giù e rispolverarli, per ricordare come e perché sono importanti e di culto. Uno di questi è sicuramente Fuga di mezzanotte (Midnight Express), che dopo essere stato presentato al festival di Cannes arrivò nelle nostre sale nel novembre di quell'anno (del giorno esatto, ahimé, si è persa memoria) e l'anno successivo vinse due Oscar, per le musiche del nostro Giorgio Moroder (alla sua prima colonna sonora) e per la miglior sceneggiatura non originale, scritta nientepopodimeno che da Oliver Stone, anch'egli agli esordi. In America il film andò bene al box office, dove conquistò un bel 17esimo posto mentre in Italia si piazzò al trentesimo (a titolo di curiosità, Grease fu il film più visto in entrambi i paesi, seguito da Superman e Animal House in America. In Italia al secondo posto c'era Il vizietto mentre Superman rimase in terza posizione, per non parlare della commedia di John Landis al numero 74). Fu un film che, nel bene (soprattutto) e nel male fece parlare tantissimo di sé.
LA STORIA
La storia, vera, era tratta dal libro autobiografico di William “Billy” Hayes, uno studente americano di 23 anni, che nel 1970 cercò di far passare dal confine turco due chili di hashish. Catturato, venne condannato a 4 anni e due mesi di carcere, ma in seguito l'accusa da possesso passò a contrabbando di droga e la pena fu commutata nel carcere a vita. Dopo un incidente avvenuto in prigione (non quello che si vede nel film), venne trasferito per un periodo in un manicomio. A nulla valsero le iniziative diplomatiche americane. Dopo un'amnistia, fu mandato in un carcere meno duro. Ma proprio mentre si aprivano spiragli di speranza, Hayes decise di non aspettare più. Fuga di mezzanotte raccontava questa storia e quella della sua rocambolesca evasione da un luogo che, nel film, assomiglia all'anticamera dell'inferno. Anzi, nelle mani di Oliver Stone, che seguì con passione le istruzioni del trentatreenne regista inglese Alan Parker, al suo secondo lungometraggio dopo la musical-comedy-parodia Piccoli Gangster, diventa una vera e propria discesa nei gironi danteschi, in bolge in cui i detenuti sono alla totale mercé di feroci demoni, ovvero di prigionieri delatori e sadici carcerieri.
L’unica censura che lo sceneggiatore si concesse – accentuando tutto il resto - fu l’attenuazione degli elementi omosessuali (nel film Hayes respinge le avances dello svedese, mentre nella realtà ebbe con lui un rapporto consensuale). Ovviamente non è affatto una rappresentazione realistica del racconto, per altro già ampiamente romanzato, fatto da Hayes nel suo libro, e non si tratta di un film razzista, nonostante lo scandalo, le proteste e gli incidenti diplomatici che provocò all’epoca. Interamente girato a Malta, fu bandito in Turchia, dove venne spiccato un mandato di cattura internazionale per l’autore, che nel 2007, perdonato, ci è tornato da figliol prodigo, chiedendo pubblicamente scusa per le esagerazioni che mettevano in cattiva luce il paese e il suo sistema carcerario. Perfino Oliver Stone è stato per anni persona non grata, e anche lui nel 2004 ha porto le sue scuse al popolo turco. Oggi, però, Fuga di mezzanotte è a dir poco tristemente profetico, fa pensare a paesi come l’Egitto e – di nuovo - la Turchia (le cui carceri per altro già all’epoca erano segnalate per le sistematiche violazioni dei diritti umani). È un film che trascende l’ambientazione e il momento storico, è una parabola sulla ferocia dell’uomo sull’uomo, con scene quasi insostenibili ma, ahimé, come ben sappiamo, fin troppo realistiche.
GLI ATTORI
A contribuire alla riuscita di un film carcerario che si iscrive di diritto nella storia del genere, oltre alla regia, alla sceneggiatura e alle musiche (fu per la disco hit I Feel Love, scritta per Donna Summer, che Moroder venne scelto per dare al film le sue pionieristiche sonorità elettroniche) c’è la scelta di un cast internazionale assolutamente perfetto. Partiamo dai cattivi: per noi italiani fu assolutamente sconvolgente vedere Paolo Bonacelli, famosissimo attore di teatro, tv e cinema (era il Duca in Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, sarà in seguito il Leonardo Da Vinci di Non ci resta che piangere e di recente lo abbiamo visto in Mission: Impossible III), nel ruolo del viscido Rifki. Una performance in cui è bravissimo, credibile, naturale, “vero” come tutti i vigliacchi delatori che da sempre esistono nel mondo e che in situazioni estreme si creano un comodo habitat sacrificando gli altri. La sua lotta col protagonista (SPOILER PER CHI NON HA VISTO IL FILM) e la conseguente scena della lingua strappata a morsi (una lingua, appropriatamente, di maiale) è uno dei momenti più impressionanti e indimenticabili di tutto il film.
In Fuga di mezzanotte, Bonacelli non è l’unico attore italiano: compaiono anche due notevoli caratteristi del nostro cinema, Gigi Ballista (che è il giudice) e il siciliano Franco Diogene, che è l’avvocato, oggi purtroppo entrambi scomparsi. All’epoca erano spesso presenti nelle farse, nei poliziotteschi e nelle commedie erotiche, eppure sono entrambi perfetti nel loro primo e unico film internazionale. E poi c’è il cattivo più cattivo, il carceriere Hamidou, interpretato da Paul L. Smith. Anche lui aveva una storia, molto singolare, con l’Italia. Per la sua somiglianza con Bud Spencer, lo avevano chiamato a interpretare, in coppia con Michael Daly, che sembrava Terence Hill, delle copie dei film del celebre duo. Lo ricordiamo in Carambola e Noi non siamo angeli, ad esempio, che magari i meno cinefili confonderanno appunto coi film originali. Era stato anche, per ovvi motivi, il Bluto del Popeye di Robert Altman. Ma qua, senza barba, nel ruolo dell’onnipotente carnefice, è davvero agghiacciante. La sua ultima apparizione è stata in Maverick, nel 1994, poi si è trasferito in Israele, dove è morto nel 2012.
E poi ci sono i “buoni”, o comunque le vittime. Un meraviglioso John Hurt interpreta il prigioniero inglese cocainomane, Max, che suggerisce ironicamente al protagonista di tagliare la corda, ma è scettico sulla possibilità di farlo seguendo le indicazioni dell’americano, Jimmy, che ha il volto del caratterista americano Randy Quaid, che nel 1973 era stato candidato all’Oscar e al Golden Globe per L’ultima corvé. Hurt, all’epoca 37enne, tornava al cinema dopo una lunga serie di interpretazioni televisive e teatrali e questo ruolo, per cui vinse il Golden Globe, gliene portò altri di grande prestigio, spalancandogli le porte della sua carriera hollywoodiana.
E infine c’era lui, Bill, il protagonista, l’indimenticabile Brad Davis, giovane attore di belle speranze, che Parker aveva voluto proprio perché sconosciuto (aveva all’attivo solo ruoli televisivi) e dotato della giusta dose di innocenza e vulnerabilità richieste dal ruolo. Una manciata di film, tanto talento, una grande bellezza e una vita stroncata dall’Aids (morì per suicidio assistito a soli 41 anni) per questo attore che nel 1982 fu un magnifico Querelle de Brest per Rainer Werner Fassbinder e che avrebbe potuto fare molto di più se non avesse incontrato la droga sulla sua strada. Un po' come quella che in quel film devastante, senza compromessi e ancora oggi importante che è Fuga di mezzanotte, il protagonista si portava attaccata al petto.
Questo è il trailer italiano vintage.