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Festival di Venezia 2024: una guida completa ai film in Concorso

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Festival di Venezia 2024: Scopriamo qualcosa di più sui 21 film in concorso che si contenderanno il Leone d'Oro della 81esima edizione della Mostra del Cinema, in programma dal 28 agosto al 7 settembre.

Festival di Venezia 2024: una guida completa ai film in Concorso

La preapertura è quella di martedì 27 settembre con L'oro di Napoli di Vittorio De Sica in versione restaurata. L'apertura vera e propria, mercoledì 28, si celebrerà con la proiezione del nuovo, attesissimo film di Tim Burton, Beetlejuice Beetlejuice. Ma, lo sappiamo tutti benissimo, il Festival di Venezia 2024 entrerà pienamente nel vivo solo il 29 settembre, quando verranno proiettati i primi film del Concorso dell'81esima edizione della Mostra.
Sono 21 i titoli che concorreranno alla vittoria del Leone d'oro e degli altri premi che verranno assegnati dalla Giuria Internazionale presieduta da Isabelle Huppert e composta da Andrew Haigh, Agnieszka Holland, Kleber Mendonça Filho, Abderrahmane Sissako, Giuseppe Tornatore, Julia von Heinz e Zhang Ziyi. Andiamo a scoprirli più nel dettaglio.
Ecco i 21 film del Concorso del Festival di Venezia 2024.

Festival di Venezia 2024: Tutti i Film in Concorso

La stanza accanto, di Pedro Almodóvar

Di sicuro è uno dei titoli più attesi di tutta la mostra, questo primo film in lingua inglese del grande autore spagnolo che vede protagoniste due splendide attrici come Tilda Swinton (che con Almodóvar ha lavorato nel corto The Human Voice, anche questo presentato a Venezia) e Julianne Moore, alla sua prima collaborazione col regista. La storia è quella di due donne, Ingrid e Martha, in passato, quando lavoravano per la stessa rivista, grandi amiche. Poi la prima è diventata scrittrice, la seconda reporter di guerra e si sono perse di vista, ma il destino le riunisce quando si incontrano di nuovo in una circostanza estrema ma stranamente dolce. Ci possiamo aspettare un dramma intenso e di grande eleganza formale e narrativa come oramai Almodóvar ci ha abituati. Nel cast ci sono anche John Turturro, Alessandro Nivola, Juan Diego Botto, Raúl Arévalo, Melina Mathews e Victoria Luengo. Per lo spagnolo, già premiato nel 2019 col Leone d'oro alla carriera, è la terza volta in concorso alla Mostra dopo esserci stato con Donne sull'orlo di una crisi di nervi e con Madres paralelas. La stanza accanto debutterà nelle sale italiane il prossimo 5 dicembre.

Campo di battaglia, di Gianni Amelio

La prima volta a Venezia di Gianni Amelio risale al 1982, quando l'allora esordiente regista presentò al Lido, in concorso, Colpire al cuore. Dodici anni dopo ci tornò, sempre in concorso con Lamerica, e dopo altri quattro anni Amelio vinse il suo finora unico Leone d'oro con Così ridevano. Le altre partecipazioni con concorso sono quelle di Le chiavi di casa, La stella che non c'è, L'intrepido e Il signore delle mosche. Vero habitué della Mostra, Amelio quest'anno vi presenta un film liberamente ispirato al romanzo "La sfida" di Carlo Patriarca che racconta di due amici d'infanzia che sono ufficiali medici nello stesso ospedale militare sul finire della Prima guerra mondiale, e che si devono confrontare con il misterioso complicarsi delle ferite dei loro pazienti, e con una strana infezione che sembra colpire anche i civili. Protagonisti di Campo di battaglia, al cinema dal 5 settembre, sono Alessandro Borghi e Gabriel Montesi.

Leurs enfants après eux, di Ludovic e Zoran Boukherma

Due dei tre film francesi in corsa per il Leone d'oro dell'81ma edizione della Mostra sono stati diretti a quattro mani da due fratelli (o sorelle). È il caso di questo Leurs enfants après eux, firmato da due gemelli alla loro opera terza che, a partire da un romanzo di Nicolas Mathieu, raccontano una storia d'amore e di amicizia che vede protagonisti alcuni adolescenti di una valle sperdura in qualche luogo dell'est della Francia, ambientata durante la torrida estate del 1992. Nel cast ci sono anche Gilles Lellouche e Ludivine Sagnier.

The Brutalist, di Brady Corbet

Per certi cinefili, a dispetto di una durata abbastanza scoraggiante (siamo a tre ore e trentacinque minuti), questo terzo lungometraggio di Corbet, che arriva dopo L'infanzia di un capo (che venne presentato a Orizzonti) e Vox Lux (che fu in concorso) è uno dei film più attesi del festival. La storia, che guarda a un grande classico come La fonte meravigliosa, è quella di un un architetto ebreo ungherese che sopravvive all’Olocausto, emigra in America, vive in povertà finché incontra un mecenate che cambierà il corso dei successivi trent’anni della sua vita. Lo stesso Alberto Barbera, direttore della Mostra, ne ha parlato come il film più ambizioso di questo regista americano che già con le sue opere precedenti aveva dimostrato una chiara inclinazione a mirare piuttosto in alto, e a cogliere piuttosto precisamente nel segno. Protagonista di The Brutalist, girato in 70mm, è Adrien Brody, con al fianco Felicity Jones, Guy Pearce, Joe Alwyn, Raffey Cassidy, Stacy Martin, Emma Laird, Isaach De Bankolé, Alessandro Nivola.

Jouer avec le feu (The Quiet Son), di Delphine e Muriel Coulin

Le sorelle Coulin hanno iniziato a girare corti e documentari assieme nel 1996, e nel 2011 hanno firmato il loro primo lungo di finzione, un film davvero interessante dal titolo 17 ragazze, presentato alla Settimana della critica di Cannes e poi anche al Torino Film Festival. Dopo essere state di nuovo a Cannes, sezione Un Certain Regard con Voir du pays, arrivano per la prima volta a Venezia direttamente in concorso con questo film che racconta la storia di un padre single (interpretato da Vincent Lindon, uno dei più grandi attori francesi e europei) alle prese con i destini dei due figli: l’uno assennato e l’altro affascinato dagli estremismi di destra. Jouer avec le feu è un'opera che, chiaramente, mira a confrontarsi con le dolorose fratture politiche della società francese contemporanea, fratture che riguardano in generale l'Occidente.

Vermiglio, di Maura Delpero

I festival, in generale, tendono a avere i "loro" autori: registi che tornano abbastanza regolarmente nelle selezioni ufficiali coi loro film, sui quali le singole manifestazioni tendono spesso a investire fin dal loro esordi. Con la sua celebrata opera prima, Maternal, Maura Delpero era stata catturata dal Festival di Locarno diretto da Giona Nazzaro, che volle il film nel concorso principale. Ora è Alberto Barbera a scommettere forte su questa giovane autrice italiana. Vermiglio racconta le vicende di una famiglia che abita in un remoto villaggio del Trentino, sul finire della Seconda guerra mondiale, seguendo le storie di tanti fratelli e sorelle, di un padre maestro, di un soldato rifuguiatosi nella zona per sfuggire alla follia della guerra. Il tutto, nel corso di un anno che porterà con sé grandi trasformazioni. Un film che guarda alla grande lezione del cinema realista di Ermanno Olmi e del suo L'albero degli zoccoli, con in più uno sguardo chiaramente e intensamente al femminile. Vermiglio arriverà prossimamente al cinema con Lucky Red.

Iddu, di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza

Anche Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, gli autori di film come Salvo e Sicilian Ghost Story arrivano per la prima volta al Festival di Venezia direttamente in concorso. Iddu, nelle sale italiane il 10 ottobre distribuito da 01 Distribution, racconta la storia di fantasia di Catello, un politico siciliano di lungo corso, colluso con la mafia, che dopo essere stato in carcere viene contattato dai Servizi Segreti per aiutarli a catturare l'ultimo grande latitante in circolazione, Matteo, figlioccio di Catello. Nato nella mente degli autori prima della cattura di Matteo Messina Denaro, ma anche nata dalla lettura dei numerosi pizzini ritrovati nel corso della lunga latitanza del capomafia, Iddu è un film che, più che col realismo e col dramma, è vicino ai toni della commedia, del grottesco e della farsa per raccontare una realtà - quella della mafia e delle sue infiltrazioni nella politica - che è stata e ancora è uno dei grandi mali del nostro paese, dalle complesse radici antropologiche. Protagonisti del film sono Toni Servillo nei panni di Catello, e Elio Germano in quelli di Matteo.

Queer, di Luca Guadagnino

Luca Guadagnino, uno dei maggiori registi italiani contemporanei, stimato in patria come all'estero, è sicuramente uno degli autori "del Festival di Venezia". Con le sole eccezioni di Melissa P., di Chiamami con il tuo nome (andato a Berlino), e di Challengers (che avrebbe però, come noto, dovuto aprire la Mostra dello scorso anno), tutti i film del regista sono stati presentati in prima mondiale al Lido. E ora, con Queer, il regista concorre per la quarta volta alla vittoria del Leone d'oro dopo essere stato in concorso anche con A Bigger Splash, con Suspiria e con Bones and All. Tratto dal bellissimo romanzo omonimo semi-autobiografico di William S. Burroughs, pubblicato da Adelphi, Queer vede Daniel Craig nei panni di Lee, alter ego dello scrittore, un omosessuale tossicomane che cerca l'amore, il sesso e la droga nella Città del Messico cosmopolita e decadente degli anni Cinquanta, e che trova in un giovane connazionale la possibilità di una connessione umana. Per Barbera quello di Craig in questo film è "il ruolo della vita", e Guadagnino sognava da anni di portare sullo schermo questo libro straordinario. Le premesse sono ottime, il film non dovrebbe deludere.

Kjærlight (Love), di Dag Johan Haugerud

Erano trentotto anni, da quando, nel 1986, il film X di Oddvar Einarson venne presentato in concorso vincendo un premio speciale della giuria, che un film proveniente dalla Norvegia non concorreva alla vittoria del Leone d'oro. Love è il secondo capitolo di una trilogia firmata dal regista Dag Johan Haugerud iniziata con Sex (visto alla Berlinale) e che si concluderà con Dreams. Qui, attraverso la storia parallela e intrecciata di Marianne, una dottoressa pragmatica, e Tor, un infermiere compassionevole, Haugerud esplora il rapporto tra sessualità e norme sociali, e in particolare come queste norme restringono spesso spazi e possibilità alle donne rispetto a quanto non facciano con gli uomini.

April, di Déa Kulumbegashvili

Dalle Georgia arriva invece April, opera seconda di Déa Kulumbegashvili, storia di una ginecologa accusata di eseguire aborti clandestini dopo la morte di un neonato durante il parto. Il primo film di questa regista, Beginning, avrebbe dovuto essere presentato in concorso a Cannes 2020, ma come noto quell'edizione del festival fu cancellata per via del COVID. Il film venne allora presentato a Toronto e a San Sebastian, e al festival spagnolo vinse tutti i premi principali. Una curiosa coincidenza: presidente di giuria, in quell'occasione, era Luca Guadagnino.

The Order, di Justin Kurzel

Justin Kurzel, australiano, è il regista del Macbeth con Michael Fassbender, di The Kelly Gang e del Nitram con Caleb Landry Jones che venne presentato in concorso a Cannes nel 2011. Con protagonisti questa volta Jude Law e Nicholas Hoult, The Order ci trascina nel mondo - tristemente attuale - di una banda suprematisti bianchi statunitensi che, negli Stati Uniti degli anni Ottanta,  pianificavano una rivoluzione conservatrice che finanziavano attraverso sanguinose rapine in banca. Una storia non solo attuale ma anche vera, raccontata nel libro "The Silent Brotherhood" di  Kevin Flynn e Gary Gerhardt su cui Kurzel e lo sceneggiatore Zach Baylin (quello candidato all'Oscar per Una famiglia vincente - King Richard) si sono basati.

Maria, di Pablo Larraín

Anche questo bravissimo regista cileno, uno dei più grandi talenti del cinema contemporaneo, è da tempi non sospetti strettamente legato al Festival di Venezia. Prima di questo attesissimo nuovo progetto biografico che vede Angelina Jolie nei panni della divina Maria Callas, Pablo Larraín a Venezia ha presentato Post mortem, Jackie, Ema, Spencer e El Conde, sempre in concorso, portando a casa solo un'Osella per il film con Pinochet vampiro. Chissà che con Maria il regista non riesca finalmente a portare a casa un premio maggiore con questo film che racconta la storia della vita della più grande cantante lirica del mondo, rivisitata e reinterpretata durante i suoi ultimi giorni nella Parigi degli anni Settanta. Nel cast ci sono anche Pierfrancesco Favino, Alba Rohrwacher e Valeria Golino, e il film arriverà prossimamente al cinema con 01Distribution.

Trois amies, di Emmanuel Mouret

Alberto Barbera ha definito Trois amies "una commedia sulla fugacità dell’amore tra Rohmer e Woody Allen". La storia è quella di tre coppie che si incrociano grazie al fatto che le tre parti femminili, Joan, Alice e Rebecca, sono amiche tra loro. Tradimenti, bugie, incroci inaspettati con protagonisti attori di gran talento come Camille Cottin, Sara Forestier, India Hair, Grégoire Ludig, Damien Bonnard, Vincent Macaigne, Éric Caravaca. Per il regista Emmanuel Mouret è la prima volta non solo in concorso ma nella selezione ufficiale di Venezia: al Lido arrivò nel 2007 con Solo un bacio per favore, ma solo alle Giornate degli Autori.

Kill the Jockey, di Luis Ortega

Il cinema argentino è tra i più interessanti del panorama internazionale da diversi anni a questa parte: grazie al gruppo di El Pampero Cine, quello di Mariano Llinas e Laura Citarella, certo, ma non solo. Luis Ortega, che con il precedente L'angelo del crimine era stato nella selezione ufficiale di Cannes del 2019, è uno dei suoi nuovi nomi di maggior talento. In concorso a Venezia arriva con la storia di un fantino leggendario ma dal comportamento autodistruttivo, che ne minaccia non solo la carriera ma anche la relazione con la fidanzata Abril, che è incinta. Per non parlare del fatto che, dopo un incidente, scappa con alle calcagna un boss della malavita a cui deve molti soldi. Un film, Kill the Jockey, che promette follia, fantasia e divertimento, interpretato da un cast che comprende la Úrsula Corberó della Casa di Carta e il bravissimo Daniel Giménez Cacho.

Joker: Folie à deux, di Todd Phillips

È la prima volta nella storia che in corsa per il Leone d'oro al Festival di Venezia c'è un il sequel di un altro film che il Leone d'oro, a sorpresa, lo ha già vinto. Todd Phillips e Joaquin Phoenix tornano al Lido sperando di bissare i successi del 2019, portando con loro anche la Lady Gaga che proprio a Venezia, l'anno precedente, aveva calcato il tappeto rosso come protagonista di A Star is Born di Bradley Cooper. C'è ancora mistero, attorno Joker: Folie à deux, ma oramai manca poco: il film verrà proiettato al Lido il 4 settembre, e arriverà nelle sale meno di un mese dopo, il 2 ottobre.

Babygirl, di Halina Reijn

Tra le tante star che percorreranno il tappeto rosso del Palazzo del Cinema del Lido di Venezia c'è anche Nicole Kidman, nei panni della protagonista di uno dei film che si preannunciano più "hot" di questa 81esima edizione della Mostra del Cinema. L'attrice australiana, che a Venezia è già stata con film come Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick e Birth - Io sono Sean di Jonathan Glazer, giusto per citare due titoli, è la protagonista di Babygirl, diretto dalla regista olandese Halina Reijn (quella dell'horror A24 Bodies Bodies Bodies che trovate in streaming su Netflix), in cui interpreta il ruolo di una manager affermata ma insoddisfatta che cerca conforto nel rapporto con un giovane stagista (Harris Dickinson) che assume presto risvolti sadomaso e che minaccia di distruggere la sua carriera e la sua vita familiare.

Ainda estou aqui (I’m Still Here), di Walter Salles

Produttore di Citade de Deus, regista di Central do Brasil, I diari della motocicletta e On the Road, il brasiliano Walter Salles torna a Venezia in concorso, dove era stato nel 2001 con Disperato aprile. Il suo nuovo film, Ainda estou aqui, basato su una storia vera, vede l'attrice Fernanda Torres nei panni di una donna determinata a scoprire la verità sul marito scomparso durante la dittatura militare in Brasile, all'inizio degli anni Settanta.

Diva futura di Giulia Louise Steigerwalt

Quinto film italiano in concorso, quest'opera seconda di Giulia Louise Steigerwalt, che aveva esordito con la commedia Settembre, ricostruisce con dinamismo cinematografico, spirito pop e voglia di mettere alla berlina le tante doppie morali della società italiana la storia di Riccardo Schicchi, il pioniere della via italiana alla pornografia, l'uomo che ha scoperto, lanciato e amato personaggi divenuti famosissimi ben al di fuori del mondo del porno come Cicciolina, Moana Pozzi e Eva Henger, capaci di avere un impatto sulla cultura popolare del nostro paese davvero straordinario. In Diva Futura, che prende il titolo dal nome dell'agenzia di Schicchi, a interpretare questo bizzarro personaggio è Pietro Castellitto, al cui fianco appaiono Barbara Ronchi, Denise Capezza, Tesa Litvan, Lidija Kordić. Diva Futura arriverà prossimamente al cinema con la neonata PiperFilm, e siamo certi susciterà un bel dibattito già dalla sua presentazione al Lido di Venezia.

Harvest, di Athina Rachel Tsangari

Harvest è il quarto lungometraggio della regista greca Athina Rachel Tsangari, il primo dopo molti anni passati lontano dalla macchina da presa. A Venezia Tsangari era già stata in concorso nel 2011 con l'ottimo Attenberg, interpretato da Ariane Labed, mentre ora protagonisti di questo suo nuovo film sono Caleb Landry Jones e Harry Melling. La storia è una tragicomica rilettura del western, e racconta, nel corso di sette giorni allucinati di uomo di città datosi all’agricoltura e di un suo impacciato amico d’infanzia che devono affrontare un’invasione dal mondo esterno: il trauma della modernità.

Qing chun gui (Youth – Homecoming), di Wang Bing

Terza e conclusiva parte della trilogia documentaria sui giovani lavoratori delle fabbriche cinesi, le cui prime due parti sono state proposte dal Festival di Cannes, questo Youth - Homecoming racconta - con un percorso inverso rispetto ai due film precedenti - dell'emancipazione dei giovani lavoratori del settore tessile cinese raccontati da Wang Bing, uno dei grandi autori del cinema cinese contemporaneo. Il loro ritorno alla vita, all'amore, alla famiglia.

Stranger Eyes, di Yeo Siew Hua

In concorso a Locarno nel 2018 col il suo precedente Huàn tǔ (lo trovate su Netflix col titolo di A Land Imagined), Yeo Siew Hua è uno sceneggiatore e regista di Singapore classe 1985 che con questo Stranger Eyes presenta un'opera astratta, tesa e misteriosa, con echi hitchcockiani, nella quale si racconta la storia di una giovane coppia che, dopo la scomparsa della figlia, inizia a ricevere strani video e si rende conto che qualcuno ha filmato la loro vita quotidiana, persino i momenti più intimi. La polizia mette la casa sotto sorveglianza per tentare di sorprendere il voyeur, ma la famiglia inizia a sgretolarsi a mano a mano che i segreti si svelano sotto lo sguardo attento di occhi che li osservano da ogni parte. È la prima volta che un film di Singapore concorre alla vittoria del Leone d'oro.

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