Valerian e la Città dei mille pianeti: la nostra intervista esclusiva a Cara Delevingne e Dane DeHaan
Il nuovo film di Luc Besson arriva nei cinema italiani il 21 settembre
Da sempre Luc Besson ci ha abituato a scelte anticonformiste quando si tratta di scegliere gli attori dei propri film, soprattutto quando si tratta di personaggi femminili: la giovanissima Natalie Portman di Leon, oppure la splendida Milla Jovovich de Il quinto elemento ne sono esempi ancora impressi nella memoria cinematografica collettiva. Adesso tocca alla sempre più lanciata Cara Delevingne recitare per il regista francese, nel suo nuovo colossal Valerian e la città dei mille pianeti, megaproduzione da 175 milioni di dollari, in uscita nei cinema italiani il 21 settembre. A New York abbiamo incontrato l’attrice e il coprotagonista del film Dane DeHaan. Ecco il risultato della nostra chiacchierata con la nuova coppia inedita del cinema fantasy mainstream.
Come ha lavorato all’accento americano che nel film sfodera così bene?
C.D - Penso faccia parte del lavoro dell’attore imparare a parlare con accenti diversi. Per molto tempo abbiamo discusso con Luc se i due protagonisti dovessero avere un accento europeo o meno, alla fine ci è sembrato fosse più omogeneo con lo stile del film che Valerian e Laureline parlassero con quello statunitense. Non ci ho messo molto a impararlo, non è stato particolarmente difficile.
Entrambi avete già fatto film fantastici ad altro budget come ad esempio The Amazing Spider-man o Suicide Squad. In cosa Valerian si differenzia da questo tipo di produzioni?
D.D. - Prima di tutto l’epica del film è più vasta. I due protagonisti viaggiano per mondi diversi, ricreati con centinaia di effetti speciali mirabolanti. Si respira un’atmosfera diversa rispetto a quella dei blockbuster americani, più libera e giocosa.
C.D. - Esatto, e lo stesso è avvenuto sul set durante la lavorazione. Luc ha mantenuto un approccio molto sereno e divertito mentre giravamo, altro che ore di straordinario, molto spesso finivamo anche prima dell’orario stabilito! Giare con lui è stata decisamente un’esperienza diversa rispetto a Suicide Squad. Luc è un artista incredibile e insieme uno che non ama prendersi sul serio, è un qualità che ho apprezzato moltissimo, che condivido.
Entrambi non somigliate ai due protagonisti del fumetto. Come avete lavorato per dare la vostra interpretazione di Valerian e Laureline?
D.D. - Il comic book originale è stato senz’altro una fonte di informazioni preziosa, ma fin dall’inizio Luc Besson è stato chiaro su un punto: l’adattamento cinematografico avrebbe avuto una sua vita indipendente, una sua identità. Sono felice che mi abbai scelto nonostante non somigli al Valerian disegnato da Jean-Claude Mézières.
C.D. - Luc ha voluto che sentissimo i personaggi piuttosto che riprodurli o emularli, dovevamo trovare delle affinità con il loro essere senza paura, pronti a tutto allo scopo di riuscire nella loro missione. C’è poi il discorso del tempo che passa: il fumetto è stato realizzato negli anni 70, il nostro film invece voleva essere più contemporaneo nell’estetica.
Cara, molti dei personaggi che hai interpretato fino ad ora sono donne forti, pronte a menare le mani. Ti rispecchiano in qualche modo e cosa ci hai messi di tuo in queste figure?
C.D. - Onestamente non saprei dirlo, penso che nell’industria cinematografica trovare personaggi come questi, donne forti e determinate, oggi sia un lusso. Bisogna continuare a tratteggiare donne indipendenti e sicure, non so se i produttori quando mi incontrano vedono questo in me, io mi sento comunque davvero fortunata di poter dar loro vita sul grande schermo. Luc Besson in particolare ha sempre trattato le donne alla stessa stregua degli uomini nei suoi film, anzi talvolta personaggi come Nikita o Lucy sono addirittura più forti e combattive dell’altro sesso. Sono stata onorata di entrare a far parte del gruppo di eroine che Luc ha portato sul grande schermo. Molti mi vedono come una che ama oltrepassare i confini, rompere le barriere. Io semplicemente penso sia orrendo confinare le persone dentro scatole preconfezionate, riduce la loro identità. Non credo che tutte le regole debbano essere infrante, solo quelle che intendono limitare la libertà di espressione, qualunque essa sia.
Se dovesse scegliere il suo personaggio femminile nella storia del cinema di sci-fi chi direbbe?
Sigourney Weaver in Alien, l’originale e inimitabile.
Vedendo il film si capisce chiaramente che anche girarlo deve essere stato uno spasso. Quale momento vi è rimasto maggiormente nel cuore delle riprese?
D.D. - Sono felice che tu lo abbia visto, è stato per me il film più divertente da girare tra quelli che ho fatto fino a oggi. È difficile scegliere un momento piuttosto di un altro, tutto il lavoro che abbiamo dovuto fare appesi ai fili per simulare salti e voli è stato molto divertente. Ma anche le scene dentro la nostra navetta spaziale sono state spassose, così come quelle in cui c’erano molte creature aliene sul set, o meglio molte comparse vestite con il pigiama verde per gli effetti speciali…
Quale è il messaggio principale che vorreste il pubblico cogliesse vedendo Valerian?
C.D. - L’ambientazione principale è una città che nel corso del tempo ha accolto e abbracciato civiltà provenienti da tutto l’universo, favorendo lo scambio culturale, la democrazia e la pace. È esattamente quello che dovremmo fare tutti noi nel mondo di oggi.
Prima modella, poi attrice, cantante e prossimamente anche scrittrice con l’esordio letterario di Mirror, Mirror. Come hai vissuto tutte queste transizioni?
C.D. - Non parlerei di transizioni quanto piuttosto di diverse forme di espressione. Una non esclude l’altra o ne chiude la storia in qualche modo. Amo scrivere fin da quando ero una bambina, anche se a scuola avevo enormi difficoltà di concentrazione nel farlo, soprattutto perché mi sentivo costretta. Adesso invece che ho la libertà di scrivere quando e come voglio, senza la pressione degli insegnanti o degli esami, ho deciso di cimentarmi con una forma di espressione che amo.
Nel romanzo troveremo qualcosa di autobiografico?
C.D. - Senza dubbio vi ho inserito alcune esperienze personali, ma le ho usate maggiormente come ispirazione che per costruire la storia vera e propria.