Magic Mike XXL: recensione della nuova avventura degli stripper con Channing Tatum
Il film si muove fra femminismo e Scemo e più scemo.
Ragazze belle ma non bellissime e alla ricerca di un uomo che vi faccia sentire per la prima volta desiderabili regine, tremate! O meglio, preparatevi a detergervi la fronte e ad agitare furiosamente il ventaglio: Magic Mike, Ken, BDR Tito e Tarzan son tornati e – come annuncia l’XXL che accompagna il titolo del nuovo film – hanno in serbo per voi uno show larger, bigger e soprattutto hotter.
Bene, benissimo, anche chi scrive si rallegrava sinceramente del ritorno
dei Re di Tampa, peccato però che questa seconda avventura
degli spogliarellisti "forgiati" da Matthew McConaughey (uffa:
dov’è finito costui?) sia di molto inferiore alla prima.
Senza temere
di offendere Channing Tatum
– che nel frattempo si è levato di dosso l’etichetta di "bel
manzo" grazie a Foxcatcher – possiamo
affermare che la colpa non è di Gregory Jacobs, perché la sua regia
è mossa e precisa, anche se la macchina da presa di Steven Soderbergh si incollava meglio ai corpi
degli stripper, esaltandone, seppure con dignitoso distacco, la ruvida sensualità.
No, il vero problema del tanto atteso sequel di Magic Mike è la sceneggiatura. D’accordo, ci sono una partenza e un arrivo, un viaggio rocambolesco, la celebrazione dell’amicizia maschile, il desiderio di un ultimo ballo prima di ricominciare con la vita vera, quella in cui i soldi ti arrivano in tasca – e sono pochi – e non più nel perizoma. Però, in quest’avventura on the road che ammicca a The Blues Brothers , ma che in realtà si colloca idealmente fra Road Trip e Scemo & + scemo, a venire fuori sono soprattutto dei personaggi completamente idioti, ragazzoni di 30 anni che si esprimono ancora a suon di "Yo", "fratello" e "e la sei sc…?".
Con la sola eccezione del ragazzo sensibile, metrosexual e
dall’ugola d’oro interpretato da Matt Bomer, gli spogliarellisti col tartarughino
sono dei dementi al servizio dell’autostima del gentil sesso e il sospetto è
che una simile mancanza di arguzia dipenda in parte dal messaggio femminista che i
produttori hanno voluto appiccicare al film.
Perché ci sono molti modi di
essere femministi, e questo qui è banale e qualunquista, con orde di donne
volutamente imperfette o tremendamente insicure a cui ricordare di continuo che la
felicità è appannaggio di tutti, salvo poi constatare che un Joe Manganiello resterà sempre un
miraggio lontano, un pianeta incandescente su cui non si potrà mai atterrare.
A Soderberg che comunque fotografa e monta, e allo stesso Tatum che produce, verrebbe da chiedere: che fine hanno fatto i ragazzi maledetti della working class di Magic Mike numero 1? Dov’è il sogno americano vagheggiato o infranto che nel film del 2012 si insinuava attraverso le pareti sporche e fumose dell’Xquisite Club? In MMXXL l’unico sogno su cui ci si sofferma un po’ è la voglia di realizzarsi professionalmente della fotografa con il volto di Amber Heard, che sostiene di avere un animo da drag queen e filosofeggia sul senso dell’esistenza mangiando con le mani una costosissima torta rosa fucsia (perché nei film americani i personaggi si leccano sempre le dita?).
Procede a strattoni proprio come il furgone malmesso su cui si spostano i
suoi protagonisti questo film che pure ci regala numeri di strip tease ottimamente
coreografati. A volte si muove con passo spedito, altre si blocca, ma è come se fra
le tappe del viaggio non esistesse alcun reale collegamento.
Nessuno cambia,
nessuno cresce, e allora è probabile che il modo migliore per prendere il seguito del
buon film diretto dal regista di Sesso, bugie e
videotape sia accostarlo a quelle commedie un po’
demenziali che trovano forza proprio nell’esagerazione e nella caricatura, beandosi
della fortuna di poter condividere con tanti altri spettatori lo spettacolo di tanta e tale
beltade.
Per non lasciarci sopraffare dalla delusione, non chiediamoci se
l’America sia veramente così, non lo vogliamo sapere. Godiamoci piuttosto
l’assolo di freestyle di Channing Tatum in garage
con il chiaro riferimento a Gene Kelly e a
Flashdance.
Ecco, c’è un che di
retrò e di anni Ottanta in Magic Mike XXL
che in fin dei conti gli si addice. Jennifer Beals che, pur facendo l’operaia,
viveva in un loft mascherato da magazzino dismesso, in fondo era una meravigliosa
contraddizione che molti hanno abbracciato con entusiasmo: non si potrebbe fare lo stesso
con questo secondo episodio? Dipende dal grado di tolleranza. E di frivolezza.
- Giornalista specializzata in interviste
- Appassionata di cinema italiano e commedie sentimentali