Vite da registi: quando il cinema diventa autobiografia
Negli ultimi anni, molti registi hanno scelto di guardarsi indietro e trasformare i ricordi in cinema. C’è chi lo fa con fantasia, chi con coraggio, ma sempre con lo stesso bisogno: dare forma a qualcosa di personale e condividerlo con il pubblico.

- Spielberg: la nascita di una vocazione
- Belfast: quando l’infanzia è sotto assedio
- Licorice Pizza: l’ipnotico caos dell’adolescenza
- James Gray: l’America in crisi
Spielberg: la nascita di una vocazione
Steven Spielberg ha scelto di farlo con The Fabelmans (2022), mettendo in scena l’adolescenza del suo alter ego, Sam e della sua famiglia, della sua solitudine e delle sue scoperte. Ma soprattutto, del momento in cui nasce una passione. Quando Sam ricrea l’incidente ferroviario visto al cinema, sua madre dice: “Ha bisogno di vedere il treno schiantarsi per avere il controllo.” Una frase che racchiude l’intera poetica di Spielberg: usare l’arte per tenere a bada la paura. Tra le scene più intense, l’incontro con lo zio Boris, che gli ricorda quanto l’arte possa entrare in conflitto con la famiglia. È una delle scene più lucide e oneste mai girate sul tema.
Belfast: quando l’infanzia è sotto assedio
Belfast (2021) di Kenneth Branagh racconta l’infanzia del regista nell’Irlanda del Nord. A nove anni lui e la sua famiglia dovettero lasciare la città a causa degli scontri tra cattolici e protestanti. La storia del film segue, infatti, Buddy, il suo alter ego, che guarda confuso e impaurito quello che succede intorno a lui. Il bianco e nero che avvolge tutto il film non è solo una scelta estetica ma serve a farci sentire quei ricordi vivi, come fossero già parte di una leggenda.
Licorice Pizza: l’ipnotico caos dell’adolescenza
Paul Thomas Anderson ha adottato un tono completamente diverso per il suo film, Licorice Pizza (2022). Non è autobiografico in senso stretto, ma si sente che nasce dai suoi ricordi della San Fernando Valley degli anni ’70. Gary e Alana si muovono tra sogni confusi e realtà strampalate, in una storia che sembra andare un po’ dove vuole. Ma proprio in questo caos riesce a restituire perfettamente quella fase della vita in cui non sai ancora chi sei, ma vuoi capirlo a tutti i costi.
James Gray: l’America in crisi
Con Armageddon Time (2022), James Gray torna alla sua adolescenza newyorkese per raccontare il momento in cui l’infanzia finisce e qualcosa cambia per sempre. Il tono è più sobrio, a tratti persino freddo. Nonostante il racconto si spezzi spesso senza trovare una vera direzione, alcuni momenti colpiscono nel segno: il rapporto con il nonno, interpretato da Anthony Hopkins, è il cuore emotivo del film. Tocca il tema della trasmissione tra generazioni e regala le scene più intense del film. Le riflessioni su scuola, razzismo e politica restano sullo sfondo, accennate ma mai davvero approfondite, come se il film fosse diviso tra il desiderio di raccontare sé stesso e quello di parlare al mondo.
Quando il ricordo diventa linguaggio
C’è un fil rouge che unisce tutti questi film: il bisogno di trasformare i ricordi in immagini, di dare un senso al passato attraverso il linguaggio del cinema. Anche se le storie sono personali, le emozioni che raccontano sono universali.