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Tra natura e quota - incontro a Trento con Giovanni Storti, protagonista di un documentario sulle Alpi Apuane

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Giovanni Storti è protagonista di un documentario affascinante lungo uno dei territori più affascinanti del nostro paese, a pochi chilometri dal mare e dalle cave di marmo famoso nel mondo. Abbiamo incontrato il comico al Trento Film Festival

Tra natura e quota - incontro a Trento con Giovanni Storti, protagonista di un documentario sulle Alpi Apuane

Quando l’abbiamo definito “influencer botanico” non ci ha scaricato un patagarru alla Nico, ma ha perfino accennato un sorriso. Giovanni Storti è lanciato ormai nel suo racconto della natura e degli alberi, ma soprattutto di come tutti noi, nella nostra quotidianità, possiamo fare piccoli gesti per tutelarla e non contribuire a violarla. Lo fa sui social con grande passione e la sua ironia che ora ha messo al servizio come protagonista di un documentario, Tra natura e quota - Giovanni Storti sopravvive alle Alpi Apuane, diretto da Manuel Zarpellon e Giorgia Lorenzato e presentato al Trento Film Festival.

Un viaggio per i suoi follower e gli spettatori di questo viaggio in uno dei territori più affascinanti, ma forse non troppo noti, della nostra penisola, fra Garfagnana e Lunigiana, fra Toscana e Liguria, lardo di colonnata e le cave di marmo che hanno per sempre segnato queste montagne. Alpi non troppo alte, ma con la specificità di trovarsi a pochi chilometri dalla Versilia, dal mare, tanto da avere alcuni arbusti caratteristici della macchia mediterranea. Giovanni Storti nel film affronta una via ferrata lungo uno scenario tanto bello quanto aspro. Quel ghigno di terrore sul viso, nell’affrontarla, è stato naturale, o dato dal talento recitativo, gli abbiamo chiesto? Dopo una risata ha ammesso che era “fattibile, la discesa però… in genere la ferrata si fa in salita e poi si scende da un sentiero, ma in questo caso è stato impegnativo, perché non mi avevano detto che avrei dovuto scendere dalla stessa parte. Ho chiesto dov'era il sentiero, ma non c’era. Il nostro è stato un racconto non per alpinisti eroici, ma per mostrare che in montagna si può andare, in sicurezza, con i mezzi che ormai ci sono, godendosela in tranquillità”.

Non manca la cifra tipica di Giovanni, quella che abbiamo amato da anni nel trio, insieme ad Aldo e Giacomo. “Affronto tutto cercando di portare ironia e comicità. È una sfida per me, impegnarmi a sensibilizzare sull’ambiente, perché penso che tutto debba partire dalla consapevolezza di quanto sia importante la natura, il riscaldamento globale, anche se spesso non viene percepito come tale. Il primo passo è quindi la consapevolezza anche nelle piccole cose, che purtroppo non cambiano il mondo, sono quelle grosse che possono farlo. Però rendono coscienti che le nostre azioni sono importanti. Niente di buono arriva dalla città, viene tutto da fuori. La parola chiave è equilibrio, ma in un posto come le AlpI Apuane è molto difficile da trovare. Ha una lunga storia di scavi ed estrazione, ormai il capitalismo ha vinto da tempo. C’è ancora un territorio molto selvaggio, con molte possibilità di bellezza naturale, ma è molto difficile trovare un equilibrio fra i posti di lavoro per l’estrazione del marmo e la preservazione della natura”.

Parlando del contributo del protagonista, la co-regista Giorgia Lorenzato ci ha detto di aver scelto “ironia e leggerezza, in molta parte improvvisando, venendo da una tragedia come quella raccontata in Marmolada. 03.07.22, visto qui a Trento lo scorso anno. Abbiamo trovato nell’ironia di Giovanni un modo di sdrammatizzare ma anche riflettere su cose anche importanti, su cui bisognerebbe aprire gli occhi. Le Apuane sono un territorio aspro, ci si rende conto della facilità di perdersi, è tutto rimasto statico. Ci sono piaciute moltissimo le storie delle persone che invece quel territorio hanno deciso di valorizzarlo, da chi gestisce l’orto botanico a chi prende in gestione un rifugio del Club Alpino Italiano. Sono storie di sopravvivenza di chi vuole migliorare il posto in cui è cresciuto”

Ma non solo, Giovanni Storti porta anche nella sua Milano “temi molto complessi”, ha aggiunto l’altro regista, Manuel Zarpellon, “come quando sui social porta avanti le battaglie sulla potatura degli alberi, fino a temi molto più seri come la tutela della biodiversità. Far discernimento sui social sta diventando sempre più complicato, per questo per Tra natura e quota abbiamo voluto scegliere un buon maestro, dice delle cose credibili, non gira in Lamborghini. Nel film abbiamo voluto raccontare del sentiero come luogo di incontro, di persone ma anche di animali. Giovanni poi ha saputo dare la grinta a tutto il gruppo che si è costituito. La gente comune va in montagna per caricare le batterie o scaricarle”.

Parlando della sua ormai seconda carriera, di grande successo, come influencer in Green, Storti ha tenuto a precisare che si trova “sui social per caso, non guardo i commenti, se una cosa mi piace mostrarla lo faccio. Chiaro che poi il consenso totale non esiste. Me ne frego abbastanza, anzi sono stupito che tanta gente segua, ma è sempre un meccanismo ambiguo, non vuol dire stare veramente attenti e cambiare quello che si fa. I social sono una cosa strana, almeno così li vedo. Hanno una potenzialità enorme, il problema è come raccontare, ma c’è la tendenza a enfatizzare, a raccontare più sé stessi, ma non quello che è l’ambiente che ci circonda e come viverlo in modo piacevole e rispettarlo. Sono tantissime le sensazioni che andare in montagna o a camminare nella natura ti regala. Prima di tutto la libertà, il piacere e la fatica, che in genere si cerca di tenere lontana, ma in realtà senza non si ottiene niente. Poi una sensazione di euforia, di conoscenza, nell'arrivare in cima, anche a una montagna piccola. Io abito a Milano e vado spesso sul Bollettone, che è 1300 metri, però arrivi e vedi il Lago di Como, se non c’è nebbia o piove. E poi c’è l’imprevisto, e la montagna te ne regala molti, e sono un po’ il sale della vita. Quindi andate in montagna, in natura, non state col culo seduto”.

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