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Pino Daniele e Napoli: un documentario racconta il grande musicista fra tradizione e sperimentazione

Un sodalizio assoluto fin dalla nascita, un rapporto speciale quello di un grande artista con Napoli. Pino Daniele è raccontato ora in un documentario pieno di materiali inediti e privati, in sala dal 31 marzo al 2 aprile per Lucky Red. Ne parlano il regista Francesco Lettieri e Alessandro Daniele.

Pino Daniele e Napoli: un documentario racconta il grande musicista fra tradizione e sperimentazione

Certo, Massimo Troisi per il cinema e Maradona per il calcio, ma la divinità musicale di Napoli è stata, è e sarà sempre Pino Daniele, nato e cresciuto nel cuore del centro storico, santificato con un concerto memorabile ancora nella leggenda, nel 1981, nella cattedrale laica della città, Piazza del Plebiscito. Capace di rappresentare e mettere in versi e musica virtù e vizi di un popolo, viene ora raccontato in Pino, un documentario in occasione dei 10 anni dalla sua scomparsa e dei 70 anni dalla sua nascita, in sala il 31 marzo, 1 e 2 aprile per Lucky Red, e prossimamente su Netflix. Un film, guarda caso, in cui ci sono anche Troisi e Maradona, ma soprattutto c’è Napoli.

Nel documentario, in collaborazione con la Fondazione Pino Daniele Ets e il figlio Alessandro, il regista (napoletano) Francesco Lettieri conduce dietro la macchina da presa Federico Vacalebre, giornalista e critico musicale, sulle tracce di un Pino privato e intimo, ancora poco raccontato, grazie a immagini mai diffuse di concerti, backstage e sale d’incisione, inediti musicali, foto degli album di famiglia, appunti tratti dal diario e strumenti musicali. Emerge il grande cantautore e chitarrista, capace di unire la tradizione napoletana con la musica black e sperimentando sonorità sempre più internazionali, creando sound originali, dai vicoli di Napoli al palco di Chicago insieme a Eric Clapton e i più grandi virtuosi della chitarra. Pino presenta interviste a molti artisti che hanno collaborato con Daniele, tra cui Rosario Fiorello, Jovanotti, Vasco Rossi, Fiorella Mannoia, Loredana Bertè ma anche James Senese, Rosario Jermano, Enzo Avitabile, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, amici di infanzia, parenti e discografici.

Francesco Lettieri ha collaborato molte volte con il mondo della musica, dirigendo videoclip soprattutto per Liberato, lavorando all’elaborazione di un sodalizio con Napoli originale e fuori dagli schemi e dai luoghi comuni. “Il punto di partenza sono stati degli interludi”, ha detto incontrando la stampa, “sorta di videoclip delle sue canzoni con dentro l’idea del film di raccontare la città e come Pino sia ancora attuale. Partendo da quella Napoli della mia infanzia che esiste ancora, anche se è difficile trovarla. Non mi piacciono le interviste con camera fissa, poi, e visivamente volevo fare qualcosa di diverso dal format del documentario musicale standard ormai molto diffuso. Quindi l’idea, rischiosa, è stata quella di effettuare quasi tutte le interviste solo in audio. Mi sembra che, dal punto di vista narrativo, sia stata una vittoria, quelle parole sono diventate una sorta di voice over corale mantenendo come protagonista Pino, non gli intervistati, valorizzando i materiali di archivio che avevamo, visivamente molto più forti di qualcuno che parlava”.

Se sono emersi alcuni inediti in questi anni - nel film ce n’è uno, Tiéne ‘mmàno - il figlio Alessandro non si sbilancia ma sembra far intuire come presto possano esserci novità da quel punto di vista, magari con un vero album dedicato alle tante canzoni non inserite nella discografia pubblicata del padre. La sua fondazione ospita un vero tesoro, con cose mai viste e sorprendenti inediti. Come la registrazione audio integrale del celeberrimo concerto di Piazza del Plebiscito dell’81.

Alessandro Daniele si è detto contento di aver contribuito al progetto, “per la prima volta abbiamo aperto gli archivi della fondazione ma anche quelli privati della famiglia, per continuare a far vivere Pino anche attraverso i racconti degli altri, come facciamo con un premio per i giovani dedicato a lui, in cui rielaborano suoi brani, che diventano matrice di qualcosa di nuovo. Lettieri ha avuto massima libertà, è riuscito a far vivere Pino nella quotidianità del presente, non solo nella memoria storica. Non poteva vivere lontano dal mare, per cui quando la popolarità non gli ha permesso più di vivere la sua città ha scelto Formia, non troppo lontana da Napoli e da Roma. Poi in altri luoghi riparati dagli occhi, in cui come si vede nel film riprendeva con la telecamere la quotidianità della nostra famiglia. Era contento di quello spazio, facevamo lunghe camminate. Ho dovuto metabolizzare l’uso di quei materiali così privati in Piano, ma credo sia stato giusto per dare una visione diversa”.

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  • critico e giornalista cinematografico
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