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Parthenope secondo Sorrentino, per cui "lo spettatore migliore è quello privo di senso di colpa"

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Parthenope arriva per la neonata Piperfilm nei cinema dal 24 ottobre, dopo la presentazione a Cannes e le anteprime di mezzanotte di settembre. Paolo Sorrentino lo ha raccontato alla stampa insieme al suo composito cast.

Parthenope secondo Sorrentino, per cui "lo spettatore migliore è quello privo di senso di colpa"

Parlare di cinema, come di calcio, è di una noia mortale”. Più che una dichiarazione, per Paolo Sorrentino è un aforismo in perfetta adesione con la sua filosofia di artista e, chissà, con la maniera di affrontare anche la vita. Si presta però, con sorriso e la consueta ironia, a un incontro con alcuni giornalisti, in un hotel romano e a debita distanza dalla pigra giornata in corso alla Festa di Roma, per accompagnare l’uscita nelle sale - finalmente - di Parthenope. A distribuire, la neonata Piperfilm, dal 24 ottobre e in 500 schermi, dopo la presentazione a Cannes e la settimana di anteprime di mezzanotte della metà di settembre.

Come ha detto Massimiliano Orfei, presidente di Piperfilm, “sono state proiezioni quasi tutte esaurite, con cui abbiamo cercato di avvicinarci ai giovani, dicendo agli adulti di aspettare”. Quei giovani che, secondo Sorrentino, “hanno apprezzato il film. Sono rimasto sorpreso, superando quella sorta di scetticismo senile nei confronti della capacità dei giovani di approfondire. Ho riscontrato in loro una libertà di approcciare il film che invece aumentando l’età è compromessa, senza pregiudizi o barriere filtrate dalla moda del momento o dalle ideologie. Si sono lasciati andare, commuovendosi, ridendo o sorridendo. Forse gli adulti avevano delle aspettative particolari, mentre lo spettatore migliore è quello privo di sensi di colpa”.

Circondato dal sua ricco cast, il regista napoletano ha raccontato l’esperienza di Parthenope, in cerca di qualcosa di originale rispetto a quanto già detto in questi mesi. Ma il punto di partenza è ovviamente uno, e rimane la volontà di cambiare, "per noia, dopo nove film con protagonisti maschili e passare a una donna per il decimo. Come ha detto Joyce, 'l’epica selvaggia vitalità si addice maggiormente a una donna', o almeno a me piace immaginare così. Non sono in grado di confrontarlo con altri film, vado poco al cinema. Sono condannato a fare quello che sento, per me non c’è altro modo, non riesco a dirigere un certo film di un determinato genere su commissione. Non so fare calcoli, e questa è la storia che mi riguardava maggiormente quando l’ho concepita. Mi rimane da questa esperienza una grande commozione per un racconto solo apparentemente ambizioso, ma che trovo semplice. Un film sentimentale sulle varie tappe della vita, dalla giovinezza in cui ci si abbandona a momenti estatici, se si è fortunati, in cui si è, come diceva Penna, 'talmente vivi che così vivi non si può'. Poi c’è l’età di mezzo, il periodo della responsabilità che fa da contraltare, un momento da adulti che molti qui in molti stiamo vivendo, in cui anziché abbandonarsi alla vita si ha la vaga percezione che sia la vita ad abbandonarci. Mentre da giovani la vita ti tocca, in quell’età provi a vederla ma è lei che non ti vede e ti volta le spalle. Sembra malinconico e pessimistico, ma è tutto smentito nel film, non mi interessa degli spoiler, dal meraviglioso sospiro finale di Stefania Sandrelli, nei panni di Parthenope anziana. Davanti alla città di Napoli, è come se sintetizzasse il senso del film: la vita è andata così”.

In uscita in oltre cinquanta paesi, Parthenope sarà nelle sale americane per la quotatissima distribuzione A24, che ha “adorato il film e voluto a tutti i costi portarlo in sala in America”, come dice Annamaria Morelli di The Apartment. Sorrentino si lascia volentieri andare a una lettura della sua visione del cinema, che deve “vedere le cose in maniera sbilenca, se è lineare piace a tanti ma a me no, necessita di un lieve scarto rappresentato dall’immaginazione e dalla fantasia. Così intendo i miei film, che non devono dare risposte, ma suscitare nuove domande. È un equivoco quello che porta lo spettatore ad aspettarsi delle risposte da un film, in casi patologici addirittura dei messaggi, dinamica legata alla nostra deriva cattolica legata alla parabola, che prevede un messaggio finale. Spero con Parthenope di aver alimentate nuove domande sulle donne, più che aver dato risposte. Non ha poi importanza cosa abbia provato io nei confronti del film, ma quello che importa è il film in sé, scritto attingendo a quelle che Manganelli definiva 'zone anonime del proprio io'. Ferito a morte, il libro di Raffaele La Capria, ho cercato in passato di adattarlo, ho scritto anche una sceneggiatura, poi non l’ho realizzato perché troppo costoso. Ma l'ho saccheggiato involontariamente e a più riprese in vari film, come La grande bellezza o anche in questo caso”.

All’inevitabile domanda su Napoli, ma non a quella sul Napoli calcio, risponde così, “la vedo cambiata, come tutti, per certi versi assediata dal turismo e merceologicamente è molto diversa rispetto a quando ci vivevo io, ma come sempre resiste brillantemente agli arrivi dall’esterno e conserva una sua identità. Magari in maniera sconclusionata, ma resiste. L’ho definita snob? Sì, nel senso che a Napoli tutti piegano ogni cosa a esigenze strettamente napoletane. Anche le elezioni americane”.

A proposito della città, interviene Silvio Orlando, magnifico e toccante professore universitario nel film, che ricorda come sia stato anche lui “investito da quella moda degli anni settanta delle scienze umane. Ho fatto studi di sociologia, tipica facoltà di parcheggio per me in attesa di iniziare la professione di attore. Il ruolo che ho interpretato in Parthenope con l’orgoglio di incarnare quel pezzo di Napoli raccontato pochissimo, mentre si vive un fermento culturale altissimo, di livello straordinario. Spero serva come contributo per ricostruire l’affresco, poi Paolo ha la sua spudoratezza nell’aggiungere anche questo al racconto di tanti pezzi di una città irraccontabile come Napoli, che sfugge da tutte le parti”.

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