Nottefonda: regista e attori ci presentano un film che arriva da lontano e colpisce al cuore, al cinema l'8 maggio
Scritto e diretto da Giuseppe Miale Di Mauro, da un suo romanzo, in collaborazione col protagonista Francesco Di Leva, è stato presentato alla stampa Nottefonda, dove l'attore recita col figlio Mario e con un cast di attori/complici del NEST, il Teatro da loro fondato a San Giovanni a Teduccio.

Ci sono film che si amano più di altri: per la passione e l'impegno di cui sono espressione, per gli artisti che li hanno realizzati e la creatività di un gruppo di persone che si sono unite per fare del nostro mondo tormentato un posto migliore. Può sembrare retorica, ma vi assicuriamo che non lo è che anche il critico stagionato si emoziona quando vede un film come Nottefonda, che ha dietro la bellissima realtà del NEST Napoli Est Teatro, fondato in una palestra dismessa di San Giovanni a Teduccio nel 2007 dal regista e autore Giuseppe Miale di Mauro, oggi al suo debutto al al cinema, ispirato al suo romanzo “La strada degli americani” (Frassinelli), con gli attori Francesco Di Leva e Adriano Pantaleo, cui si sono aggiunti poi Giuseppe Gaudino e altri, come lo scenografo Carmine Guarino, la costumista Giovanna Napolitano e il grafico e fotografo di scena Carmine Luino. Un luogo diventato anche centro di resistenza e recupero del degrado attraverso l’arte, e che fa scuola. Ed è proprio questo gruppo, famoso per i bellissimi spettacoli messi in scena (a partire da Gomorra, una tournée infinita e oltre 600 repliche, che li ha portati anche all’estero, prima ancora del film e della serie) che oggi arriva al cinema l’8 maggio con lo spirito di corpo e di amicizia che lo contraddistingue. Come se non bastasse, dietro Nottefonda c’è un’altra realtà che ha portato Napoli alla ribalta internazionale: la Mad Entertainment di Luciano Stella, Maria Carolina Terzi, Carlo Stella e Lorenza Stella, a cui si devono, tra gli altri, i premiati film d’animazione di Alessandro Rak. E ci sono Luce Cinecittà e Rai Cinema, in una di quelle sinergie virtuose che di tanto in tanto si creano nel nostro Paese.

Nottefonda, di cui torneremo a parlare, è una storia di perdita, quella di Ciro, un uomo che ha perso la moglie in un incidente, ricorre al crack per attutire il dolore e ha preso le distanze da tutti, ma prima ancora da se stesso. Vive di notte, percorrendo in auto col figlio Luigi la strada su cui la moglie ha avuto l’incidente, nella speranza di rintracciare la macchina che lo ha causato. Ma un giorno succede qualcosa che lo risveglia e lo aiuta a ritrovare una speranza. A presentare questa storia intensa e piena di sorprese, che si svolge in un’ “altra Napoli”, una delle tante anime di questa città unica al mondo per bellezza e sofferenza, c’erano i produttori e buona parte del “Clan NEST”, Francesco Di Leva e Mario di Leva, 13 anni e già bravissimo, Adriano Pantaleo, che tanti ricorderanno anche per i suoi inizi al cinema da bambino e Giuseppe Gaudino, oltre alla lombarda Valeria Colombo, che vediamo nei flashback nel ruolo della moglie. Del cast fanno parte anche la fantastica Dora Romano e Chiara Celotto, ormai una certezza. Erano presenti anche l’autore delle musiche e della canzone sui titoli di coda con Aldo De Scalzi, Pivio, di cui vi proporremo più avanti l’intervista, e la montatrice Cecilia Zanuso, mentre è stato citato giustamente più volte l'autore della bella fotografia notturna, Davide D'Attanasio.
Quello che è emerso forte e chiaro dall’incontro è la felicità e l’orgoglio di un gruppo molto coeso, che condivide da oltre 20 anni vita e teatro. Giuseppe Miale Di Mauro racconta la genesi del film, partendo da un suo romanzo che per diventare film ha dovuto aspettare sette anni e subire una trasformazione:
Il libro l’ho scritto un po’ di anni fa e mentre lo scrivevo pensavo al cinema, non come ambizione ma come aspirazione. Molti, durante le tantissime presentazioni fatte, mi dicevano che era molto cinematografico e questa cosa mi ha illuso facendomi pensare che il passaggio dal libro al cinema potesse essere semplice. Invece poi ho capito che il libro ha un linguaggio che non è quello del cinema e che spesso questa parola viene usata anche troppo, senza un vero e specifico senso. A volte anche a teatro mi dicono “è uno spettacolo molto cinematografico”, ma poi il cinema è un’altra cosa. Questo libro ha avuto un percorso molto tortuoso per arrivare al cinema, perché prima di arrivare alla Mad avevamo provato con un’altra casa di produzione che non ha portato a nulla e allora ho pensato che ci avevo provato, non doveva essere e andava bene lo stesso. Poi Luciano Stella, che è anche un poeta, è venuto a presentare un suo libro di poesie al NEST, mi ha detto che lo aveva letto e all’epoca era interessato. Io gli ho detto che era ancora disponibile. Questo è successo giovedì, la domenica mi ha chiamato e da lì è partito questo viaggio incredibile che mi ha fatto capire che il libro non è cinematografico, tanto che abbiamo dovuto fare un grande lavoro di trasposizione. (…) Il libro è un po’ il padre di questo film che a un certo punto ha lasciato andare il figlio per la propria strada e nel tempo passato dalla pubblicazione del libro alla sceneggiatura c’è stato un margine di vita che mi ha fatto capire che io adesso avevo voglia e necessità di raccontare una storia un po’ diversa da quella che era nel libro, dove Ciro è senza speranza, mentre nel film abbiamo provato a dargliela.

Francesco e Mario Di Leva sono padre e figlio nella realtà e questo scambio nel cinema ha arricchito il loro rapporto e la loro professionalità. Di Leva senior sul rapporto tra i personaggi, Ciro e Luigi: "Lavorare con mio figlio Mario è stata un’esperienza bella, vedere quanto un figlio è riuscito a essere padre. Guardare negli occhi tuo figlio dal punto di vista dei personaggi e vedere che quella persona ti vede debole e pensa di doverti proteggere, è qualcosa di molto emozionante, molto toccante. Ovviamente questa cosa l’ho percepita quando ho visto il film, non quando recitavo, tutto quello che circondava Ciro stava nella sua testa, non voleva incontrare le persone e si rifugiava nella notte, ma il figlio gli ha fatto molta compagnia, il figlio per lui è stato un’ancora di salvezza per tenere accesa questa luce, attraversare questa notte".
Mario Di Leva parla così dell’ispirazione per entrare nella parte e della sua prima esperienza da co-protagonista: "Dall’inizio alla fine abbiamo lavorato pensando ad una sola persona, che è mia madre e sua moglie e ci dicevamo “pensa se esce a fare la spesa e non torna più” e questa cosa ci ha aiutato a lavorare sul set. Questo film mi ha insegnato tanto, a parte che è stato fatto letteralmente con la mia famiglia, mio padre, Adriano che è il mio padrino di battesimo, sono nato e cresciuto con zio Peppe (il regista, ndr), poi sono nato davvero nel NEST e mi sentivo coccolato sul set, mi sentivo in famiglia un po’ come alle cene di Natale e a Capodanno quando stiamo tutti quanti insieme a mangiare".
Francesco Di Leva ancora sui personaggi: "Come padre ho scoperto questa forza in mio figlio Mario. Un padre si sente sempre in dovere di dare delle regole, di insegnare qualcosa e invece su questo set, nella relazione tra i personaggi era Luigi (Mario) che insegnava qualcosa a me, a non avere paura, a capire che ci vuole il tempo che ci vuole per fare le cose. Durante la lavorazione mi è sembrata una cosa così naturale, così semplice, non dico scontata perché è una parola che non mi piace ma mi sembrava naturale che fosse Mario, che tenevo sulle spalle quando leggevo le pagine del libro, quando Giuseppe mi diceva ‘ma posso pensare a tuo figlio per questo personaggio’= o quando Luciano Stella ha detto ‘si fa questo film soltanto se ci stanno i Di Leva’, manco fossimo i Penn. E’ stato un processo naturale e a tutto questo si aggiunge la componente NEST, che è stata molto importante. Gli sguardi, le carezze, i silenzi soprattutto di questi due personaggi in quella macchina e in quella notte fonda sono stati una grande coccola per Ciro, senza la quale non avrebbe mai superato questo momento". Mario Di Leva è già sulla strada giusta e ha solo parole di ammirazione per il padre: "In questo set mio padre mi ha insegnato a lavorare giocando, perché è il mio primo film da protagonista e non sapevo come affrontarlo. E’ venuto nella mia cameretta, ha preso la sedia, si è seduto e mi ha detto “è arrivato o’ momento’. Si è seduto e ci siamo messi a leggere il copione insieme, mi ha dato un po’ un metodo di lavoro che in realtà è un gioco perché a me piace questa cosa, e, come si dice, “se fai un lavoro che ti piace non lavorerai mai un giorno in vita tua”. Mio padre mi ha insegnato la dedizione sul lavoro, una cosa che mi porterò dietro per tutta la vita".

Adriano Pantaleo e Giuseppe Gaudino (da non confondere col quasi omonimo regista) sottolineano quanto Nottefonda sia stato un progetto nato da una vita artistica comune:
Vent’anni fa eravamo dei ragazzini e abbiamo deciso di unirci per portare avanti la nostra idea di arte e di cultura in una città come Napoli dove ce n’è tanta, ma noi cercavamo un posto che potesse identificare quello che volevamo fare. Siccome Francesco, Giuseppe e Carmine sono di San Giovanni a Teduccio, abbiamo trovato lì questa ex palestra e partendo da lì ci siamo buttati in questo sogno e abbiamo iniziato a costruire un vero e proprio teatro che ha ospitato tantissimi artisti nazionali e internazionali e da oltre 15 anni fa stagione. Però avevamo sempre un po’ il pallino, mentre io, Francesco e Carmine Guarino portavamo avanti in parallelo la nostra carriera individuale di attori anche di cinema, di provare un giorno a fare questo debutto insieme al cinema. Forse non ce l’eravamo mai neanche detto ma sapevamo tutti che prima o poi l’occasione sarebbe arrivata. Mentre eravamo in tournée con Gomorra, la sera dopo lo spettacolo Giuseppe scriveva il libro e dopo cena ci faceva leggere i rispettivi personaggi, e quando facevamo poi le presentazioni e leggevamo passi del libro sentivamo che queste pagine potevano diventare carne, sangue. All’inizio da ragazzi ci siamo accaniti, ma poi non è andata e crescendo abbiamo capito che le cose vanno anche lasciate andare. E quando è tornato e siamo stati il primo giorno sul set è stato emozionante. Io e Giuseppe non lavoravamo il primo giorno ma eravamo tutti lì e - senza retorica - vedere Giuseppe dietro al monitor battere il suo primo ciak e pensare da dove eravamo partiti, da quella palestra abbandonata, è stata un’emozione unica. Per noi non è solo un film, ma un pezzo di cuore, un pezzo di anima.
Gaudino conferma: "La cosa che mi affascina in questo salto che abbiamo fatto è aver sentito la gioia e il peso di aver avuto la possibilità, la fortuna e la bellezza di chi fa questo mestiere, di lavorare con Francesco, Adriano e Mario. Quando poi si è concretizzato il tutto mi ha fatto un certo effetto girare quella scena con Francesco, sia da un punto di vista umano, per quello che ci lega nel quotidiano, ma soprattutto da un punto di vista professionale perché noi ci siamo scelti ma ancora oggi nutro una stima profonda per artisti come loro. E’ stato un viaggio in questa notte che ha visto poi una luce più felice".
E di emozioni e verità, credeteci, Nottefonda è davvero ricolmo. Dall’8 maggio vi aspetta al cinema. Intanto, se siete a Roma e volete vedere Francesco Di Leva, Giuseppe Gaudino e Adriano Pantaleo impegnati nella commedia di Vincenzo Salemme, Premiata Pasticceria Bellavista, li trovate sul palcoscenico del Teatro Sala Umberto, diretti da Giuseppe Miale Di Mauro, dove termineranno una bella tournèe, dal 23 al 27 aprile.