La nebbia di Delta, dal Po alla Piazza Grande del Locarno Film Festival
Presentato in Piazza Grande, Delta, il nuovo film di Michele Vannucci con Alessandro Borghi e Luigi Lo Cascio, racconta una storia intensa di violenza pronta ad esplodere sulle rive del fiume.
La pioggia si è abbattuta in Piazza Grande, come a riconoscere la giusta atmosfera per assonanza le nebbie umide e gelide del Po invernale, al centro di Delta, il film di Michele Vannucci, di nuovo insieme ad Alessandro Borghi, oltre che Luigi Lo Cascio, presentato in prima mondiale al Locarno Film Festival 2022, in attesa di uscire poi nelle sale per 01 distribution.
Il Delta del Po è il luogo in cui si scontrano bracconieri e pescatori. Osso (Luigi Lo Cascio) vuole difendere il fiume dalla pesca indiscriminata della famiglia Florian, in fuga dal Danubio. Insieme a loro, ormai uno di loro, c’è Elia (Alessandro Borghi), che in quelle terre è nato. Travolti dalla violenza, dall’esplosione di pulsioni rabbiose e l’assenza dello stato, i due si affronteranno tra la nebbia.
Michele Vannucci è al secondo lungometraggio dopo l’esordio con Il più grande sogno (2016) - candidato al David di Donatello per il Miglior regista esordiente. “Il fiume è stato raccontato tanto tanti anni fa”, ha dichiarato il regista incontrando la stampa a Locarno, “poi è sparito nella vita delle persone e quindi anche nell’immaginario cinematografico. Tutti i posti che spariscono diventano spazi di disagio. Delta racconta anche questo: come uno spazio abbandonato può diventare una frontiera in cui esprimere le pulsioni più oscure. Ho iniziato un viaggio da Bologna con il direttore della fotografia Matteo Vieille Rivara nella comunità del fiume, raccogliendo testimonianze e per due anni siamo rimasti lì registrando interviste. Erano persone abbandonate. Mi sembrava un'occasione per creare un nuovo luogo dell’immaginario cinematografico italiano e raccontare una crisi identitaria, cosa che mi sta sempre a cuore. Quello che succede lungo il fiume sta succedendo in tanta provincia italiana. Viviamo in un paese in cui molte persone si sentono abbondate a loro stesse e in diritto di commettere prepotenze sull’altro. Così è nato Delta, come uno storytelling che cerca di ridare a una comunità quello che mi aveva dato. Uno spazio immaginifico unico che abbiamo cercato di sfruttare creando uno western contemporaneo. Come tale al centro c’è sempre la sfida fra uomo e natura, lo stare dentro una comunità e gli istinti che la natura ci ha dato. La mia idea di cinema, che condivido con il mio amico Alessandro Borghi, è fidarsi di un pubblico a cui non spiegare tutto. Amo il cinema che lascia del mistero cercando di afferrarlo, come accade tantissimi western. La fiducia totale che avevo in Alessandro mi ha permesso di osare qualcosa in più in sceneggiatura”.
A proposito dell’attore romano, Borghi racconta quando è nato il loro sodalizio. “Dieci anni fa facevo il sorvegliante notturno e Michele veniva di nascosto per fare dei provini di quello che sarebbe stato il suo corto di diploma del Centro sperimentale. Questo per far capire la dimensione in cui io e questo essere umano ci siamo innamorati. Uniti dal bisogno di raccontare delle storie. La vita quando ti vuole fare un regalo ti regala un grande amico, quando ti va di lusso ha anche un grande talento. A me ha detto molto bene. Quando mi dice che ha scritto un nuovo film so che poi lo faremo. Con molta fatica, visto il sistema completamente sbagliato in cui escono cose inguardabili e noi invece fatichiamo per fare dei film che lo sono nel senso più bello della parola, e mi sento di dirlo da spettatore. Ci unisce una grande amicizia e la voglia di lavorare sempre insieme, oltre alla sicurezza di fare qualcosa di ambizioso, sicuramente emotivamente. Scrive cose che richiedono sincerità e libertà, al servizio dei personaggi e delle storie che raccontiamo”.
Per Lo Cascio è stata un’esperienza diversa dalle altre, in un ruolo distante da lui. “Era un terreno che non conoscevo e forse era meglio non prepararmi troppo, altrimenti avrei riproposto qualcosa che già conoscevo e che mi era familiare. Come quando un atleta prepara la rincorsa nei salti, segna i passi per capire la traiettoria, ma poi il salto lo riserva al momento della competizione, della prestazione atletica. Ero talmente affascinato leggendo la sceneggiatura che sono andato a incontrare Michele per dirgli che per vari motivi non ero in grado di farlo. Ma con il suo sguardo, in cui abbassa la testa, senza parole, mi ha detto: ‘fidati, sei la persona giusta per fare questo viaggio’. Alla fine si ricava anche un film, ma la chiave è stare in un mondo, vivere un certo universo e poi le cose arrivano. È molto sottile fin dalla sceneggiatura, il mio personaggio fa tenere in equilibrio la terra e l’acqua negli stabilimenti idrovori. Tutto il tempo deve seguire le precipitazioni per vedere come si spostano, in un luogo già palude che da un momento all’altro può venire sommerso, anche se poi con sé stesso non è capace di adottare lo stesso metodo. Quando si va oltre, l’uomo aspetta che finisca la calamità poi conta disastri e danni e progetta un altro futuro”.