La crisi del cinema secondo Alfonso Cuarón, Guillermo Del Toro e Alejandro González Iñárritu
In un'intervista con Deadline, gli amici Alfonso Cuarón, Guillermo Del Toro e Alejandro González Iñárritu, stimati registi internazionali, hanno detto la loro sulla crisi del cinema. Con parole di intelligente speranza.
Non è mai stato così vivo il dibattito sulla crisi del cinema e della sala, in rapporto alle piattaforme di streaming e non solo: nella lunga conversazione raccolta da Deadline, tre vecchi amici e stimati registi come Guillermo Del Toro, Alfonso Cuarón e Alejandro González Iñárritu hanno toccato l'argomento, però non aspettatevi prese di posizioni scontate. Il rapporto fraterno tra i tre autori e la loro schiettezza prendono direzioni... inaspettatamente tranquille, anche perché non disdegnano le piattaforme.
[Foto dei registi da Wikimedia Commons]
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Alfonso Cuarón, in questo periodo al lavoro sulle serie Ascension e Disclaimer, prende di petto la questione: "Tutta questa conversazione sulla morte del cinema, sì, forse il cinema sta morendo come lo conosciamo, ma ne sta nascendo uno nuovo, perché dovrebbe morire oggi? Per quale ragione? Dicono: oh, sempre meno persone vanno al cinema, ma chissà. Sempre più persone sono attaccate ai loro computer, dobbiamo riconoscere che una nuova generazione si rapporta al cinema diversamente. Naturalmente amo l'esperienza di andare al cinema, a vedere film in sala ogni volta che posso. Ma non direi mai che sia l'unica maniera di vivere un film. C'è un sacco di cinema che sono molto felice di guardare su una piattaforma. Secondo me dobbiamo ricordare di essere più umili, sapendo che le nuove generazioni arriveranno e utilizzeranno al meglio gli strumenti che hanno per creare stupefacenti forme di espressione. Il cinema prevarrà." Alejandro González Iñárritu, recente autore di Bardo, paragona il cinema alla musica, che dopo l'avvento dei dischi e della radio si poteva ascoltare anche fuori dalle sale da concerto: sempre meglio andarci per ascoltare musicisti dal vivo, ma l'idea dietro alla musica non viene sminuita da una fruizione in cuffia: "Non smette mica di essere grande musica."
Qual è allora la questione sulla quale focalizzarsi? Per Alejandro l'attenzione va spostata: "Il discorso sulla tecnologia e sul modo in cui la gente guarda il cinema m'interessa meno della dittatura delle idee. [...] La riduzione delle idee è quello di cui dovremmo discutere, non dei modi di fruizione." A questo proposito, Cuarón teme un'espressione: "C'è questa parola, contenuto, che è diventato difficile non usare, ma la cosa triste è che molto di quello che viene fatto è contenuto. Viene ordinato come contenuto. [...] L'errore è ammassare tutta la roba fantastica che viene fatta nel contesto delle piattaforme e etichettarla come contenuto". Del Toro, da poco vincitore del Golden Globe per Pinocchio, spiega il rischio dietro questa generalizzazione: "Siamo in un momento molto pericoloso, non se ne parla molto, si punisce l'ambizione. Ci si aspetta quasi che ti allinei al contenuto in un certo modo. Penso ci siano grossi rischi che devi prenderti come cineasta e narratore, ma sono visti in modo strano dalla prospettiva del contenuto. [...] Ora come ora ti dicono che secondo l'algoritmo il pubblico dev'essere coinvolto nei primi cinque minuti del film. Ma era vero pure negli anni Settanta e Ottanta, è sempre stato vero! Devi avere una forte sequenza d'apertura. Sarà bello, perché si alzeranno nuove voci contro queste stupidaggini, così come si alzarono quando noi eravamo giovani."
Che ne sarà allora del futuro? Cuarón è persino annoiato dal discorso: "Non credo che questa conversazione [sulla crisi del cinema, ndr] cambierà, perché è pigra, è facile farla, vende bene. Non cambierà. Quello che cambierà sarà il modo in cui i cineasti vi si rapporteranno, come ne usciranno. Le generazioni più vecchie criticano i giovani dicendo che sono deboli, ma per me è il contrario. Questa generazione cresce nel mondo delle critiche e delle umiliazioni sui social, sono abituati."
Del Toro allarga la prospettiva: "È sempre interessante, a livello generazionale: quando pensi che una forma d'arte stia morendo, ciò che sta realmente morendo è il modo in cui concepisci quella forma d'arte. Continuerà dopo che saremo tutti morti, devi capire quando è arrivato il momento di ascoltare di più e parlare meno. Quello che è successo al mezzo dipende dal cambiamento del mercato, e il mercato è cambiato perché il pubblico ha imposto quello che voleva. Il dialogo continua, tutto si trasforma."