Kristen Stewart alla Berlinale, in cerca di film "anche odiosi ma sbalorditivi”
Aperti e senza programmi. Così saranno i giurati presieduti da Kristen Stewart al Festival di Berlino 2023. L’attrice e presto regista ha parlato dell’invito che la fa tremare, della necessità di venire scossi e di come le discussioni aiuteranno a crescere.

“Non è stata una mia decisione, sono ancora scioccata che mi abbiano chiamato ma non potevo dire di no. Sto tremando”. È una Kristen Stewart emozionata, ancora più timida del solito, quella che ha presentato alla stampa al Festival di Berlino la “sua” giuria. La presidente più giovane che si ricordi. Capelli effetto bagnato come va di moda, mani sempre in movimento e tanta passione pronta ogni tanto a sbloccarsi con frasi dette a macchinetta che confermano quella che lei stessa definisce la sua ossessione: “il cinema”.
Particolarmente frizzanti sono già apparsi gli scambi con il vulcanico regista rumeno Radu Jude (“ha sempre un opinione” come ha detto con un sorriso misto a smorfia la Stewart). Un collega, presto, visto che è impegnata con il suo primo film da regista, dopo aver diretto un corto. In giuria in questa 73esima edizione della Berlinale ci sono anche l’attrice Golshifteh Farahani, particolarmente impegnata da Parigi a fare da cassa di risonanza allo sforzo di libertà così commovente e da sostenere da parte delle donne e del popolo del suo Iran, la direttrice di casting Francine Maisler, la regista tedesca Valeska Grisebach, la vincitrice dello scorso Orso d’oro per Alcaras, Carla Simón, e il mitico maestro di Hong Kong, Johnnie To.
Sono mesi difficili a livello globale, in cui anche fare un film sembra un miracolo, e tutti lottano per un ritorno in sala, vedi il ringraziamento di Spielberg (da queste parti fra qualche giorno) a Tom Cruise per Top Gun: Maverick. In un incontro pieno di belle parole e ottime intenzioni, ci sono stati un paio di bastian contrari in azione: Johnnie To che ha detto che i film non sono più quelli di una volta e il “solito” Jude che ha evocato una frase di settant’anni fa che definiva il cinema il regno della “stupidità e del denaro”. “Mi spiace di rovinare la festa”.
Nel frattempo, Kristen Stewart continuava a tremare, “a essere trasparente non capisco in pieno l’invito, ma mi sento sostenuta nel compito gravoso da una giuria così talentosa, non vedo l’ora di scoprire chi saremo alla fine di questa esperienza, pronti a cambiare alla fine di queste visioni e delle discussioni con le persone sedute a questo tavolo”. Quale criterio deve avere un film per vincere? “Difficile dirlo”, ha ovviamente risposto, “sicuramente è soggettivo, ma possiamo odiare un film ma venire colpiti dal risultato sbalorditivo. Dobbiamo aprirci all’ambizione, alla ricerca di qualcosa di nuovo. È la ragione per cui i festival esistono, non solo quella di celebrarsi, ma di sorprenderci nel profondo, che ci piaccia o meno, soprattutto storicamente qui alla Berlinale, che ha una tradizione, lo dico in senso positivo, conflittuale e politica. Non dovremo avere programmi, accogliere novità e diversità, il respiro di materiali sfidanti con prospettive nuove. Se ci sarà un film che si distingue, su cui non andremo d’accordo, allora probabilmente sarà molto bello e rappresenterà la scelta giusta. È un privilegio in un momento del genere potersi sedere e lasciarsi andare a discussioni, digressioni, in un’epoca in cui tutti reagiscono subito. In fondo l’artista deve prendere le brutte cose e mutarle in qualcosa di bello attraverso il proprio corpo. È una risposta a quello che sta accadendo nel mondo, per questo non potevo dire di no a questo invito, anche se è così gravoso parlarne con voi, oggi”.
Donna dai molteplici talenti, anche pianista di qualità, poliglotta e splendida attrice, Golshifteh Farahani ha sottolineato l’importanza della sua presenza proprio quest’anno. “È simbolico essere in questa città in cui un muro reale è stato abbattuto, verso l’uguaglianza e la libertà, mentre stanno succedendo cose terribili in Iran, in Ucraina, ora il terremoto. Non è un caso che la dittatura se la prende subito con l’arte, come accade in questo momento di transizione in Iran. L’arte non è solo intellettuale, ma essenziale come l’ossigeno, l’artista è pericoloso per loro. Sono felice di essere qui a celebrare il cinema, la libertà insieme, anche se il mondo sembra collassare da ogni parte. Ci riscalderemo con l’arte e lotteremo sempre per la libertà in Iran e nel mondo”.