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Il Principe di Roma: Marco Giallini come Scrooge tra i fantasmi della città eterna

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Marco Giallini torna a farsi dirigere da Edoardo Falcone ne Il Principe di Roma, che racconta una storia di redenzione e prende spunto da Canto di Natale di Dickens cambiando l'identità dei fantasmi. Il film è da oggi al cinema, distribuito da Lucky Red.

Il Principe di Roma: Marco Giallini come Scrooge tra i fantasmi della città eterna

Attraverso una vasta e variegata galleria di personaggi, Marco Giallini ha saputo rappresentare a meraviglia, parlando spesso la lingua della commedia, la romanità, che da sempre è sinonimo di ironia e autoironia, arte di arrangiarsi, allegria, sbruffoneria. A possedere queste caratteristiche erano i personaggi della grande commedia all'italiana interpretati da grandi mattatori come Alberto Sordi, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi e a suo modo anche Gigi Proietti, con il quale Giallini ha avuto la fortuna di recitare in Io sono Babbo Natale, ultima prova cinematografica dell'ottavo Re di Roma.

Marco Giallini ha straordinari tempi comici e occhi che strizza quando è concentrato o quando sonda l'intelligenza emotiva di chi ha di fronte. Giallini, inoltre, è un uomo che, nonostante il successo e la battuta pronta, riesce ancora a essere trasparente. Nelle situazioni informali, ama parlare di suo padre e della moglie che non c'è più, e stringe chi lo ha intervistato già tante volte in un abbraccio paterno.

È proprio questa sua umanità a consentirgli di dare spessore a personaggi più o meno tridimensionali e a trasformare il suo viso in una maschera triste, su cui leggere "Questo sono io e ogni tanto mi sento malinconico". Il regista Edoardo Falcone conosce bene tutte le sfumature di Marco e lo ha già diretto in Se Dio Vuole e nel sopracitato Io sono Babbo Natale. Era inevitabile, quindi, che lo lo volesse ne Il Principe di Roma, commedia senza parolacce ambientata, nel 1829, in una Città Eterna avida e disgraziata come il cinico Bartolomeo che l'attore interpreta, ma nello stesso tempo di una bellezza struggente.

Il Principe di Roma: la trama del film e il trailer

Ne Il Principe di Roma, il ricco Bartolomeo detto Meo sembra avere il mondo in gran dispetto e più di ogni cosa brama il titolo nobiliare. Potrebbe ottenerlo sposando la figlia di un nobile spiantato impersonato da Sergio Rubini: il Principe Accoramboni. Bartolomeo ha un fratello ridotto sul lastrico, che ha scelto la via della rivoluzione e rischia di perdere un figlio perché non ha soldi per pagare un dottore. Ha anche una governante, Teta, che lo ama teneramente. Lui però non se ne accorge e continua a trattarla senza alcun rispetto. Bartolomeo non è cattivo, e la visita inaspettata di tre spiriti tutto sommato innocui lo porterà a ripensare alla sua dolorosa infanzia in un orfanotrofio, al matrimonio di imminente celebrazione e a come cambiare il suo doloroso futuro.

A firmare la sceneggiatura de Il Principe di Roma sono Paolo Costella e lo stesso Edoardo Falcone, e nel cast del film troviamo anche Denise Tantucci, Liliana Bottone, Giulia Bevilacqua, Andrea SartorettiGiuseppe Battiston e Filippo Timi. Gli ultimi due fanno una strana impressione a chi ben li conosce, perché il primo porta lenti a contatto azzurre e il secondo si ritrova per la prima volta senza la sua mitica barba.

Il Principe di Roma: i riferimenti cinematografici e letterari

Quando si ambienta un film nella Roma ottocentesca, non si può non tenere conto della lezione di Luigi Magni, in particolare della famosa trilogia ambientata nella Roma papalina e risorgimentale. Iniziata da Nell'anno del signore (1969) e proseguita con In nome del Papa Re (1977), si è conclusa nel 1990 con In nome del popolo sovrano (1990). A distinguere i film sono un'attenta ricostruzione scenografica, dei costumi magnifici, l'uso del dialetto romano e una riflessione puntuale e schietta sui rapporti fra la chiesa (o meglio il potere pontificio), il popolo e l'aristocrazia. Il protagonista è sempre Nino Manfredi, diventato poi carissimo amico di Luigi Magni.

Nell'anno del Signore si svolge nella Roma del 1825 e si basa su un fatto realmente accaduto: l'esecuzione capitale di due carbonari. Siamo sotto il pontificato di Leone XII e Manfredi è il poeta satirico Pasquino innamorato di Giuditta (Claudia Cardinale). C’è anche il Cardinal Rivarola, che ha il volto di Ugo Tognazzi. Il film totalizza un incasso da capogiro, costringendo gli esercenti a organizzare uno spettacolo supplementare alle 13:30.

Se Nell'anno del Signore si aggiudica due David di Donatello (miglior attore protagonista e miglior film), In nome del Papa Re ottiene anche quello per il miglior produttore. Luigi Magni racconta l'ultima condanna a morte ordinata dalla chiesa romana. Siamo nel 1867 e il papa è Pio IX. Manfredi fa la parte di Monsignor Colombo da Priverno, giudice del tribunale pontificio. Il potere temporale appare qui decrepito e corrotto, tanto che Magni viene accusato di essere anticlericale.

Il film che chiude il ciclo, In nome del popolo sovrano, ha un impianto più tradizionale, da film storico. La vicenda si svolge fra l'autunno del 1848 e l'estate del 1949, durante la Prima Guerra di Indipendenza, e si parla della Repubblica Romana e dei francesi di Luigi Napoleone Bonaparte che assediano la città. Nino Manfredi impersona il popolano Ciceruacchio e non vince il David di Donatello. Al suo posto, si assicurano il più importante premio cinematografico italiano i costumi di Piero Tosi.

L'altra grande fonte di ispirazione de Il Principe di Roma è "Canto di Natale", racconto lungo di Charles Dickens scritto nel 1843 e adattato infinite volte dai registi cinematografici. Il personaggio principale è Ebenezer Scrooge, vecchio arcigno e decisamente avaro che, la notte di Natale, si redime grazie alla visita di tre fantasmi: lo spirito del Natale passato, lo spirito del Natale presente e lo spirito del Natale futuro. Anche se strizza l’occhio al romanzo gotico, "Canto di Natale" contiene una critica feroce alla società londinese e inglese, denunciando l'analfabetismo, la differenza abissale fra le classi sociali e lo sfruttamento dell'infanzia. Il racconto ottiene un successo strepitoso vendendo un'infinità di copie e ispirando, molto tempo dopo, il personaggio disneyano di Zio Paperone (che nei paesi di lingua anglosassone è Uncle Scrooge) nonché lo spilorcio Mr. Potter de La vita è meravigliosa. Ne Il Principe di Roma i tre fantasmi sono sempre legati a passato, presente e futuro ma il Natale non c'entra niente, visto che si tratta di tre personaggi legati alla storia della città eterna.

Chi sono i fantasmi de Il Principe di Roma?

Il primo fantasma ad apparire a Bartolomeo è Beatrice Cenci. Poi tocca a Giordano Bruno e infine arriva Alessandro VI aliasPapa Borgia. In vita, i tre personaggi erano seri e consapevoli dei pericoli che correvano, mentre da morti hanno guadagnato senso dell'umorismo, pace e rassegnazione.

Beatrice Cenci

Beatrice Cenci odiava suo padre fin da quando era bambina. Francesco Cenci, che ebbe ben 12 figli, la maltrattava arrivando a picchiarla selvaggiamente. L'uomo era dissoluto e spendaccione, e consumò gran parte del patrimonio familiare. A nulla valse una lettera scritta da Beatrice al Papa Clemente VII in cui la povera ragazza chiedeva di essere mandata in un convento o di sposarsi. Francesco Cenci era un nobile, e non c’era modo di farlo finire in prigione. Rinchiusa, insieme alla seconda moglie del padre, in un castello di Petrella Salto chiamato La Rocca, Beatrice continuò a subire violenze da parte del genitore. Non potendone più, lo uccise con la complicità della matrigna, di due fratelli e dell’amministratore Olimpio Calvetti. Fu decapitata il 1° settembre del 1599 davanti a Castel Sant'Angelo.

Giordano Bruno

I romani conoscono la storia di Giordano Bruno perché la sua statua incombe su chi si trova ad attraversare Piazza Campo de’ Fiori. Per fortuna, i banchi di frutta e verdura del mercato tolgono un po’ di austerità al monumento, e l’'accostamento è spettacolare. Giordano Bruno è stato un importante filosofo nonché un frate domenicano che per le sue idee controcorrente, in particolare nell’ambito religioso, è stato condannato a morte e quindi ucciso. Uomo colto e di un’intelligenza sopraffina, ha cominciato a scontentare la chiesa dopo aver negato la dottrina della Trinità. Per sfuggire alla Santa Inquisizione, Bruno viaggiò per l'Italia e l'Europa. All'inizio del 1559 fu consegnato alla Congregazione del cardinali inquisitori e gli venne chiesto di abiurare ben 8 proposizioni eretiche, fra cui la negazione della creazione divina. Il filosofo rifiutò: fu portato a piazza Campo de’ Fiori, quindi spogliato, legato a un palo e bruciato vivo.

Alessandro VI detto Papa Borgia

Anche se non ha rispettato l'obbligo di castità, Rodrigo Borgia è stato un buon papa per la città di Roma. 214° pontefice, diede i natali al crudele Cesare Borgia e alla sensuale e libertina Lucrezia Borgia, e sotto di lui Michelangelo realizzò la sua Pietà. Papa Borgia riformò gli ordini religiosi, riconobbe i mali della chiesa e fu un attento statista. Cercò inutilmente di salvare dall'esecuzione capitale Girolamo Savonarola, ma fallì a causa di una finta scomunica contro il filosofo e predicatore. Ad Alessandro VI dobbiamo l'orto botanico di Roma ma anche, ahinoi, l'assassinio di diversi cardinali. Il religioso morì nel 1503 a causa di un attacco di apoplessia dovuta alla malaria. Secondo alcuni, invece, bevve per sbaglio il veleno destinato a un cardinale.

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