Ferzan Ozpetek, un regista in 4 città: i luoghi dell'anima dei suoi film
In occasione dell'uscita de La Dea Fortuna, andiamo alla scoperta delle ambientazioni delle storie per il cinema dell'artista.

La Dea Fortuna riporta Ferzan Ozpetek a Roma, nel quartiere Tiburtino, dove la monotona vita di coppia di Arturo (Stefano Accorsi) e Alessandro (Edoardo Leo) viene scossa e vivacizzata dall'arrivo di due bambini, che sono i figli di una cara amica (Jasmine Trinca). L'effetto che il nuovo assetto avrà sul ménage sarà dirompente e prima di scoprire cosa accadrà precisamente, bisogna aspettare pochissimo, perché il film sarà in sala a partire dal 19 dicembre.
Il ritorno a Roma e alle sue strade che percorre da quasi cinquant'anni avviene per il regista dopo una nuova incursione fra i ricordi di infanzia e le atmosfere ormai chiassose di Istanbul e un rapido passaggio a Napoli, che fa da sfondo a Napoli velata. Per Ozpetek le città dei suoi film sono anche luoghi dell'anima e parlano attraverso i loro suoni e i loro abitanti. Spesso racchiudono misteri, segreti di famiglia se non addirittura fantasmi, e sono un ponte fra il presente e il passato in direzione del futuro. Sul ponte danzano uomini e donne che gioiscono o soffrono, rimpiangono cose o sperano, accompagnati da musiche a volte allegre, più spesso malinconiche.
le città dei film di Ferzan Ozpetek
La Napoli di Napoli velata
Nel marzo del 2019 Ferzan Ozpetek è diventato cittadino onorario di Napoli, ricevendo dal sindaco Luigi De Magistris la Medaglia del Comune e la pergamena della cittadinanza. Il regista è innamorato da lungo tempo della città di Eduardo De Filippo e Totò, precisamente da quando, nel lontano 1983, fu assistente volontario di Massimo Troisi per Scusate il ritardo. All'epoca ebbe modo di girovagare sia per i quartieri "bene" che per le zone più popolari e ricche di una variegata umanità. A Napoli Ferzan voleva ambientare già Cuore Sacro e l'idea di renderla lo sfondo di Napoli velata gli è venuta dopo aver diretto, per il San Carlo, una versione de "La Traviata". Anche in quell'occasione se ne andò a zonzo, registrando cambiamenti e nuove energie. Per lui Napoli ha un lato imperscrutabile, e per questo, fra i suoi palazzi storici e i suoi vicoletti, ha voluto ambientare un thriller nel quale il mistero alberga nella mente del personaggio principale. Napoli è per Ozpetek enigma e carnalità, reliquie, chiese e la tombola dei "femminielli", e con la macchina da presa il regista si introduce addirittura nella casa dov'è stato girato L'Oro di Napoli di De Sica. La città del film è anche esoterica e superstiziosa, è l'alto che incontra il basso, la lingua italiana che si mescola con l'idioma napoletano. Infine, è La Cappella del Principe di San Severo che ospita il Cristo Velato e la Farmacia dell'Ospedale degli Incurabili.
la Lecce di Mine vaganti e Allacciate le cinture
Per il suo film forse più leggero e scanzonato, nonostante un personaggio diabetico che si suicida mangiando dolci e dolcetti, Ferzan Ozpetek sceglie come ambientazione Lecce. In Mine vaganti, la cittadina barocca pugliese è innanzitutto il luogo dove Tommaso, il personaggio di Scamarcio, non può vivere liberamente la propria omosessualità, quindi un posto bello ma legato a convinzioni decisamente old fashion. A Lecce, nella famosa Piazza Sant'Oronzo, seduti a un tavolino della celebre pasticceria Alvino, Tommaso e suo padre (un favoloso Ennio Fantastichini) si siedono per far vedere alla gente che va tutto bene. I personaggi del film attraversano le vie del centro anche se abitano in una masseria nella campagna, mentre in spiaggia, a Punta della Suina, i tre amici gay di Tommaso ballano in costume, dimenando braccia e fondoschiena e scatenando l'ilarità generale. Ferzan Ozpetek ha conosciuto il Salento nel 2001, quando si è recato a Otranto per ricevere un premio. In quell'occasione è andato a Lecce e, appena l'ha vista… boom!, è scoppiato l'amore. Il regista ha spiegato che la sua passione aveva molto a che vedere con gli abitanti della città, con la loro gentilezza e vivacità.
Lecce fa da sfondo anche ad Allacciate le cinture, film del 2014 con Kasia Smutniak e Francesco Arca che ha toni molto diversi da Mine vaganti, senz'altro più drammatici e melodrammatici. Del suo ritorno in Salento Ferzan ha detto: "Avrei potuto ambientare questa storia a Brescia o in qualsiasi altra città, ma mi piaceva molto l'idea del Sud e del sole da mettere in contrasto con la malattia della protagonista femminile".
La Roma di Saturno contro, Le fate ignoranti, Magnifica Presenza, Cuore Sacro, La Dea Fortuna, La finestra di fronte, Un giorno perfetto
Le fate ignoranti, La finestra di fronte, Cuore sacro, Saturno contro, Un giorno perfetto, Magnifica presenza e La Dea Fortuna sono tutti ambientati a Roma, città in cui Ferzan Ozpetek arriva negli anni '70, stabilendosi nel quartiere Ostiense. "All'epoca Via Ostiense era piena di alberi" - ha spiegato in un'intervista - "e la prima volta che la vidi, a bordo dell'autobus 23, in una giornata di sole di settembre, rimasi folgorato". Per questa ragione, il primo film del regista girato lontano dall'amata Turchia non poteva che svolgersi "a casa", e cioè fra il Gasometro, i Mercati Generali e la Piramide. Quando gira il film con Margherita Buy e Stefano Accorsi, Ozpetek dichiara, preventivamente: "Sono stati fatti talmente tanti film su questa città, che sento forte l'esigenza di posarvi uno sguardo diverso da quello degli altri". Poi si affida allo scenografo premio Oscar Bruno Cesari, che trova un vecchio lanificio che diventa la casa di Michele e soprattutto la bella terrazza che ospita moltissime scene del film, momenti in cui si mangia, si beve, e si chiacchiera. Anche la coppia di Saturno contro formata da Davide (Pierfrancesco Favino) e Lorenzo (Luca Argentero), abita nel quartiere Ostiense, precisamente nella casa dello stesso Ozpetek, che la sceglie non tanto per questioni di comodità quanto per l'esigenza di dare un'idea di familiarità. Del resto, è intorno a una famiglia "alternativa", composta da amici, che ruota la storia. C'è un pezzetto di Ostiense perfino ne La finestra di fronte, perché le torte che prepara il personaggio di Giovanna arrivano dall'iconica pasticceria Andreotti.
Per il melò con la Mezzogiorno e Raoul Bova, Ferzan si sposta però nel Ghetto, e siccome vuole narrare la piccola borghesia, spinge la sua macchina da presa nelle case popolari dai soffitti bassi di Via Donna Olimpia, a Monteverde. E Monteverde ospita anche il continuo via vai e di Elio Germano (fra Via Cavalcanti e Via Poerio) e la casa dei fantasmi di Magnifica presenza, che è un villino liberty semidiroccato del primo '900 che si dice appartenga a 32 eredi in eterna contesa. Subito dopo l'uscita del film, sembra che la zona sia diventata teatro di pellegrinaggi, e tutti i superfan di Ozpetek ci sono stati almeno una volta.
Terminate le riprese de Le fate ignoranti, Ferzan Ozpetek si trasferisce vicino al Colosseo e scrive insieme a Gianni Romoli Cuore sacro, collocando la vicenda nel Rione Monti, filmato di giorno ma anche di notte, fra le strette strade illuminate dalla luce dei vecchi lampioni. In questo film più che mai, Roma diventa la città in cui le strade sembrano raccontare le persone che le hanno calpestate, magari tenendosi per mano, magari baciandosi o cercando un tetto o, più spesso, un piatto caldo di minestra in un ricovero.
La Istanbul di Rosso Istanbul, Il bagno turco, Harem Suaré
Se Roma è per Ferzan Ozpetek la sua "città di vita", Istanbul è la città dei ricordi d'infanzia, familiari. E’ nella vecchia Costantinopoli che il regista ambienta una buona parte de Il bagno turco, inoltrandosi, insieme ad Alessandro Gassmann, tra i vapori di un hammam, che è un posto che custodisce segreti forse inconfessabili. Il film rappresenta un incontro fra Oriente e Occidente e Istanbul è prima di tutto luogo di rigenerazione, città decadente e insieme accogliente magnificamente illuminata dalla fotografia Pasquale Mari e raccontata nei suoi più piccoli dettagli. Quando decide di rituffarsi tra le sue strade, con Rosso Istanbul, il regista è determinato a girare nella sua casa di bambino, ma quando va a caccia di location, scopre che l'edificio non esiste più e che al suo posto c'è un grattacielo. Il ritorno alle radici, nel film del 2017, è per Ozpetek struggimento, malinconia e un pizzico di nostalgia, e anche uno spaesamento di fronte ai cambiamenti, in primis "sonori". "Nel film c'è una trivella che scava" - dichiara alla stampa - "si sente in continuazione l'infernale rumore che fa, che copre addirittura il muezzin e le campane. Ho voluto mettere questo 'inquinamento acustico' in Rosso Istanbul, che sta a indicare una sovrapposizione continua fra sacro e profano". Ozpetek e la sua troupe girano di fronte alle grandi moschee e anche sul Bosforo, sulle cui rive Ferzan piccolo trascorreva le estati. Non hanno piena libertà d'azione, vista la tesa situazione politica, e quindi devono arrangiarsi, o fare in fretta.
Istanbul, infine è il setting di Harem Suarè, unico film in costume di Ferzan Ozpetek, che si svolge nel 1909, nel momento della deposizione del sultano-califfo Abdülhamit II da parte dei giovani turchi. All'aria aperta il regista predilige qui gli interni, ricostruendo in studio l'harem originario, distrutto da un incendio negli anni '20. I set su cui muoversi con la macchina da presa sono ben 15 e ci sono dei luoghi storici: alcuni interni di Palazzo di Yıldız e il teatro e la centrale elettrica del 1901 che dava la luce al palazzo del sultano.