Intervista a Doug Sweetland e Scot Spafford, due creativi della Pixar
In occasione dell'uscita italiana del dvd di Wall•E, pubblichiamo un resoconto del nostro incontro al Future Film Festival con Doug Sweetland, regista del corto Presto (abbinato in sala e in home-video proprio a Wall•E), e Scot Spafford, compositore della stessa opera. Cos'è e dove va casa Pixar?
Intervista a Doug Sweetland e Scot Spafford, due creativi della Pixar
Sia frutto di invidia o di ammirazione, la domanda che si pongono addetti ai lavori e pubblico è sempre quella: come riesce la Pixar a coniugare il grande successo al botteghino con l'anima sperimentale, evidente per esempio nella prima mezz'ora di Wall•E, priva di dialoghi? Rigiro la domanda al giovanissimo Sweetland, fresco della nomination all'Oscar per il miglior corto animato con il suo Presto. Non ha dubbi: “Facciamo i film che vogliamo vedere, non c'è un piano preciso. Il motto preferito di John Lasseter è : la qualità è la migliore strategia commerciale. La ricerca, tecnica e stilistica, è dettata dall'idea della storia che si vuole raccontare, non viceversa: la tecnologia che permise l'animazione realistica dell'acqua nacque perché si voleva raccontare Alla ricerca di Nemo.” Secondo Sweetland, il rischio vero, più che nell'intraprendere strade comunque impervie in fase di sceneggiatura e storyboard, consiste nel dare al pubblico il beneficio del dubbio. “Seguirà la gente un protagonista muto che si esprime a gesti (Wall•E)?” L'idea è che sia l'intelligenza degli spettatori a legittimare l'investimento in acrobazie normalmente considerate rischiose per i blockbuster.
Un guardare avanti quindi in senso lato, che non stringe i cordoni della borsa per ottenere dei risultati, persino quando si parla di cortometraggi. Faccio loro notare che, dopo l'età dell'oro degli anni Trenta e Quaranta, i corti animati non hanno più un effettivo mercato. Sweetland e Stafford mi confermano che, a parte una simbolica presenza su iTunes, questo è assolutamente vero, ma aggiungono che l'investimento pixariano nella produzione breve vive di un omaggio alle sue stesse origini (il primo corto, Luxo Jr., è del 1986) e ha un valore “a perdere” per consentire a giovani autori come lo stesso Sweetland di farsi le ossa con budget più ristretti. Relativamente. Doug e Scot, con un evidente e comprensibile entusiasmo, comunicano di essersi confrontati con la dirigenza solo a livello creativo, ma che per Presto non hanno incontrato alcun limite di natura economica. La folla stessa (peraltro parzialmente visibile!) presente nel teatro di Presto è interamente modellata e animata.
Ma qual è la collocazione della Pixar all'interno di quella grande esperienza quasi secolare di animazione americana? John Lasseter dirige adesso contemporaneamente Disney e Pixar, ma mi viene da pensare che un corto come Presto, ultrasonico nei tempi di regia e montaggio, sembra lontano dai tempi lenti che predicava zio Walt. Rispetto ma nessuna timidezza nella risposta di Sweetland: “E' un problema che si pose Disney, evidente nella sua opera, una sua scelta stilistica ma non una regola. Non solo il pubblico è cambiato, ma il peso dell'immersione contava nel contesto disneyano che mirava ad una credibilità interna, non allo “zany” (“schizzato”), che pure comunque era realizzato da suoi concorrenti come Hanna & Barbera, Tex Avery e Chuck Jones.” Dato che Sweetland chiama in causa questi ultimi come numi tutelari, faccio loro notare che però Presto non ricorre ad alcuna rottura della quarta parete, nessun ammiccamento alla macchina cinema o al pubblico, cavallo di battaglia proprio di Avery e Jones nei cartoon Warner. Sweetland e Stafford ridono, appellandosi ad una regola ferrea e inderogabile di casa Pixar: mai rompere la quarta parete, pena la sospensione dell'illusione. Regola questa che, curiosamente, era uno dei concetti cardine su cui insisteva Disney. Discutendo con Doug e Scot si svela il “mistero Pixar”: una sintesi non necessariamente volontaria delle esperienze migliori della tradizione animata americana, scartando o preservando precetti in funzione dell'epoca in cui viviamo. A questo punto viene spontaneo chiedere quali siano le sfide creative di questa epoca per chi lavora nel ramo. Originale il paragone che il compositore Stafford traccia tra il suo rapportarsi ad un sonoro tridimensionale, ben più ricco dell'appiattimento monofonico dei cartoon classici, e l'esperienza di grandi compositori dell'animazione come Carl Stalling, che prima dell'avvento del sonoro suonavano dal vero in sala coinvolgendo il pubblico in un'esperienza uditiva diretta. L'ironica sostanza è che “Le sfide non si esauriscono mai. Si aggiornano.” Per finire, domando se ci possano essere legami tra un precedente cortometraggio Pixar, Il gioco di Geri, con protagonista un bizzarro vecchietto, e il prossimo lungometraggio Up!, che presenta un anziano quanto scorbutico signore come inedito mattatore assoluto, per giunta chiuso nella sua casa sollevata in cielo da palloni. Nessi consapevoli a quanto sembra non ce ne sono, ma il leit motiv è sempre quello: “Una nuova sfida.” Da vivere col pubblico.