Interviste Cinema

Esterno notte, Il racconto senza dietrologie visto da Marco Bellocchio di chi cercò di salvare Moro

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Incontro con il regista che sta per esordire nella serialità televisiva con una serie dedicata al rapimento e l’uccisione dello statista democristiano.

Esterno notte, Il racconto senza dietrologie visto da Marco Bellocchio di chi cercò di salvare Moro

Incontrare i giornalisti per Marco Bellocchio è come andare dal dentista, anche se a sentire lui, “invecchiando sono diventato più buono”. Ormai l’accetta perché sa di aiutare i suoi film, e le persone che ci hanno lavorato, ma rimane un appuntamento doloroso. Non lo è stato, però, perché Il traditore è rimasto a bocca asciutta agli EFA 2019; viste le premesse, lui come tutti, erano ben contenti delle quattro candidature. Lo abbiamo incontrato a Berlino e ci ha colpito l’energia propositiva da cui è posseduto a 80 anni, come del resto il suo quasi coetaneo Martin Scorsese (“è più giovane di qualche anno), con cui si è incontrato recentemente a Lione e Roma. “Ho visto The Irishman, e l’ho molto apprezzato”, dice. Racconta come abbiano parlato, oltre dei loro ultimi film, che hanno temi in comune come la vecchiaia e la morte, di quanti progetti avrebbero voglia di realizzare, di come non ci sia tempo da perdere.

Il futuro a cui guarda Bellocchio è già presente, visto che sta finendo di scrivere, insieme allo stesso team de Il traditore, composto anche da Ludovica Rampoldi e Francesco Piccolo, le sei puntate della sua prima (mini)serie televisiva: Esterno notte. Un titolo che rimanda al suo riuscito affresco sul rapimento di Aldo Moro, Buongiorno, notte, anche se si concentrerà questa volta sulle persone occupate a cercare di salvarlo. “Per il prossimo film preferisco tacere”, ha dichiarato, “ma Esterno notte è un progetto a cui sto lavorando, siamo alla scrittura della quarta puntata, sarà piuttosto costosa, perché vorrei ricostruire l’esterno della prigione, coinvolgerà Wildiside e Rai in una coproduzione con la Francia, con Arte e Canal+. Moro compare nella prima puntata, dedicata al rapimento e alla strage di Via Fani, poi scompare e ci occupiamo di una serie di personaggi intorno a lui che hanno cercato di fare qualcosa; lo facciamo senza dietrologie. Ci saranno Cossiga, Papà Paolo VI, la famiglia, i terroristi. Moro riappare poi nell’ultima puntata, quella del ritrovamento del corpo. Siamo in cerca di attori importanti, servono di livello, non abbiamo ancora deciso se puntare sulla somiglianza o sull’uso di maschere integrali o fregarcene e rinunciare alla somiglianza. Stiamo lavorando con il tanto materiale fattuale che abbiamo raccolto, poi abbiano anche inventato, ma stando sempre all’esterno, mentre nell’ultima puntata ci sarà l’epilogo tragico che tutti conosciamo”.

Ci tiene a ricordare Enzo Doria, da poco scomparso, produttore del suo esordio dirompente, I pugni in tasca, uscito nel 1965. “Non ci vedevamo da tempo, ma all’epoca ci sostenne, non fu per niente invadente, anche se i soldi non erano tanti. Poi litigammo, ma purtroppo il successo porta a questo. Vorrei ricordarlo e rendergli omaggio.”

Sollecitato a guardare al passato, alla sua carriera, nonostante la citata pulsione all’oggi e all’agire, rifiuta l’etichetta di regista della rabbia, che ritiene associabile in pieno solo al suo esordio, il citato I pugni in tasca, con la sua pulsione generazionale del figlio a uccidere il padre.”Ho fatto dei film di cui sono orgoglioso, come Il diavolo in corpo o Il regista di matrimoni. L’opera prima ha qualcosa di unico indiscutibile, per definizione, oltre a una dimensione anarchica, nel mio caso. Nel rapporto con i miei figli, quello con Pier Giorgio è il più completo, Elena si è appena laureata, farà la sua strada. Difficile dire se Il traditore sia stato il mio maggiore successo commerciale, bisognerebbe fare la comparazione fra lira ed euro, La Cina è vicina fu un grandissimo successo in Italia. Certo, Il traditore nel mondo è stato venduto in 92 paesi e uscirà anche negli Stati Uniti, il 31 gennaio, distribuito da Sony Pictures Classics”.

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