La recensione della commedia La ragazza del mio migliore amico
Commedia che alterna momenti sofisticati ad altri più vicini alla comicità stile American Pie, La ragazza del mio migliore amico perde di coesione nell’alternare toni e situazioni eterogenee. Alla fine a risollevare il tutto è il carismatico protagonista Dane Cook.
La ragazza del mio migliore amico - la recensione
Basta prendere il soggetto di un blockbuster e ribaltarne l’idea di partenza per ottenere un altro successo commerciale? A giudicare dai soli 18 milioni di dollari incassati in America da La ragazza del mio migliore amico, l’equazione non pare funzionare a dovere. Il lungometraggio originale, il punto di riferimento è più o meno esplicitamente Hitch, protagonista Will Smith: la pellicola raccontava di un novello Dottor Stranamore in grado di “adattare” uomini innamorati alle esigenze fisiche e psicologiche dell’oggetto del loro amore. Il processo che invece mette in atto Tank (Dane Cook) è quello contrario di risultare talmente odioso al suo primo appuntamento con le donne da farle correre immediatamente tra le braccia dei loro rispettivi ex, il tutto ovviamente dietro lauto compenso dei fidanzati da queste appena abbandonati. Il problema nasce, e non poteva essere altrimenti, quando proprio Tank si innamora di Alexis (Kate Hudson) donna che deve respingere verso il suo migliore amico Dustin (Jason Biggs).
Come purtroppo sta accadendo a molta commedia americana, anche questo La ragazza del mio migliore amico soffre di una evidente confusione di temi e soprattutto di toni: al fine probabilmente di arrivare ad una porzione di pubblico il più vasta possibile ( e di età sempre più giovane), quella che in altri tempi sarebbe stata in tutto e per tutto una commedia romantica e sofisticata, in molti momenti si trasforma in un teen-movie con protagonisti adulti decisamente poco maturi, che adoperano il linguaggio scurrile ed i modi spiccioli dei vari personaggi forgiati nello stile di American Pie e via dicendo (la presenza poi di Jason Biggs come co-protagonista non sembra essere un caso…). Lo scarto provocato da questa commistione genera un risultato a dir poco eterogeneo, che in più di un’occasione confonde ed infastidisce lo spettatore a fronte dei pochissimi sorrisi che invece riesce a strappargli.
Howard Deutch, specializzato in questo tipo di produzioni – basta pensare che esordì nel lontano 1986 con il cult generazionale Bella in rosa – non riesce quasi mai a padroneggiare con disinvoltura uno script talmente ondivago che alterna scene magari anche divertenti con altre in cui i personaggi agiscono e sproloquiano senza motivazioni logiche. Pregio da attribuire invece alla pellicola è senz’altro il protagonista Dane Cook, che dimostra una più che discreta presenza scenica, forse aiutato anche dal resto del cast, il quale al contrario recita in maniera poco convinta. Diseguale, mal calibrato nel ritmo delle gag, La ragazza del mio migliore amico risulta un’operazione troppo confusa per poter convincere; in alcuni momenti del film si ride, grazie soprattutto a gags e situazioni che però sembrano più sketch di comicità televisiva che veri e propri momenti di sviluppo di una storia coerentemente organizzata.
- Critico cinematografico
- Corrispondente dagli Stati Uniti