L'Abbaglio: epicità, tragedia della guerra e grottesco si incontrano nella colonna sonora di Michele Braga ed Emanuele Bossi
Abbiamo intervistato gli autori della colonna sonora de L'Abbaglio Emanuele Bossi e Michele Braga, che per Roberto Andò hanno già lavorato scrivendo le musiche de La Stranezza. Questa volta la sfida era più grande, perché il film ha più di un'anima

Cosa sarebbe il cinema senza la musica? Le immagini in movimento, e non siamo certo i primi a dirlo, sembrano nate per essere accompagnate dalle note di una canzone, di un’aria, di una sinfonia, di una suite, di una ballata rock o di un assolo di jazz. La musica esprime il mood di un film, racconta ciò che non appare subito evidente a uno spettatore. Quello spettatore, passato un po’ di tempo, probabilmente non rammenterà per filo e per segno la trama del film che ha visto, ma di sicuro ricorderà uno o più temi musicali, e questo perché la musica veicola le emozioni e rende immersiva l'esperienza cinematografica.
Di colonne sonore e dell'impatto emotivo della musica abbiamo parlato con Michele Braga ed Emanuele Bossi, a cui dobbiamo la colonna sonora de L'Abbaglio di Roberto Andò. Entrambi hanno un curriculum di tutto rispetto, e se al primo dobbiamo le musiche di Lo chiamavano Jeeg Robot, Dogman, Benedetta Follia, Smetto quando voglio e Il cattivo poeta, il secondo ha messo la sua arte a disposizione di Scusa ma ti voglio sposare, Il Commissario Manara, Una Famiglia Perfetta, La dama velata e Sotto Copertura. Braga e Bossi hanno già messo la propria arte a disposizione di Roberto Andò. Lo hanno fatto per La Stranezza, che è un film estremamente diverso da L'Abbaglio, anche se entrambi mescolano finzione e realtà e introducono nella "grande storia" un elemento comico o comunque più leggero, rappresentato da Salvatore Ficarra e Valentino Picone e dai loro buffi duetti. La nuova fatica di Andò ha dunque una doppia anima, e rispetto a La Stranezza ha una maggiore complessità, perché affronta una pluralità di argomenti. Nell’avvicinarsi all’impresa del Colonnello Vincenzo Giordano Orsini (Toni Servillo), figura chiave della Spedizione dei Mille, i due musicisti non potevano tener conto di questa pluralità di suggestioni, come ci ha spiegato Michele Braga: "Nel film ci soffermiamo su un evento decisamente epico, una partita giocata sul campo di battaglia. Quindi, rispetto a La Stranezza, c'era molta più azione. Inoltre era di scena la tragedia, ad esempio con la morte dei soldati, perché l’impresa dei Mille è stata, in alcuni territori, una vera e propria carneficina, sia per i nostri che per i Borboni. Era perciò necessario raccontare il coraggio dei giovani volontari che andarono a combattere insieme a Giuseppe Garibaldi. In loro era fortissimo il desiderio di unire l'Italia e di lottare per un ideale. Questi elementi, che suscitano commozione, andavano raccontati anche con la musica. Se ti trovi di fronte a un momento di grande epicità, come può essere quello dello scontro fra i garibaldini e i Borboni, non puoi usare sempre la stessa musica. Nel film prima viene narrata l'attesa della battaglia e poi la battaglia stessa, ma nel momento in cui si parla di morti e di feriti, è come se ci fosse una sorta di astrazione, e a quel punto cambia anche la musica, o meglio il suo registro, e si entra nella prospettiva del Colonnello Vincenzo Giordano Orsini, che lotta per degli ideali alti e puri. A questo punto è come se guardassimo gli avvenimenti storici con gli occhi di Orsini, che sembra dirci, per citare Francesco De Gregori, che 'la guerra è bella anche se fa male’. E tuttavia veder cadere sul campo di battaglia ragazzi giovani che si erano arruolati volontari e avevano fatto un viaggio mostruoso, è doloroso, e quindi ci sembrava giusto che la musica in questi momenti si limitasse a fare da contrappunto alla narrazione cinematografica, raccontando la visione del regista, che è un po’ l'alter ego di Orsini. Ovviamente c’è anche il nostro punto di vista, con la necessità di stemperare la drammaticità di ciò che viene mostrato. Come ha fatto Andò, anche noi abbiamo cercato la leggerezza nelle scene in cui ci sono Rosario Spitale e Domenico Tricò. Con Emanuele cerchiamo sempre di stare attenti a dosare la musica. Questa volta era ancora più importante perché ci trovavamo a lavorare con un regista sempre molto attento a non strafare e incline a lavorare di sottrazione".
Roberto Andò vi ha coinvolto nel progetto fin da subito o dopo aver girato il film? Come avete lavorato insieme a lui?
M.B.: Se per La Stranezza abbiamo cominciato a lavorare quando il montaggio era già a buon punto, per L'Abbaglio Roberto Andò ci ha chiesto di ascoltare delle cose e di metterci all'opera appena è arrivato sul set. Così abbiamo iniziato a mandargli alcuni temi, molti dei quali sono poi rimasti all'interno del film. Avevamo letto la sceneggiatura e scrivevamo tenendo conto dell'indicazione iniziale di Roberto, che era quella di prendere ispirazione da Giuseppe Verdi. Lui lo ascoltava spesso, in particolare i Vespri Siciliani, e quindi abbiamo cercato di seguire quella scia. Essendo anche un regista di teatro e di opere liriche, Andò conosce la musica, però riesce ad essere aperto verso le tue proposte, che è sempre curioso di sentire.
Avete trovato subito la musica giusta per il film oppure è stato un processo lungo e complicato?
E.B.: Ci tengo a dire che questo è stato un film in cui abbiamo avuto la necessità di sbagliare tante volte musica prima di trovare la giusta miscela delle suggestioni di cui parlava Michele. Abbiamo detto che c’è l’epicità, poi ci sono l'elemento picaresco quasi grottesco e l'aspetto militare. Inoltre il film ha una sua ironia complessiva, che serpeggia in ogni scena, quindi L’Abbaglio non è mai epico tout court e non è mai grottesco tout court, perché in ogni sequenza c’è sempre un doppio, e nella nostra musica dovevamo tenerne conto. Abbiamo usato come ispirazione Verdi per quanto riguarda l’aspetto epico, mentre per la parte più picaresca abbiamo optato per qualcosa che potesse andare verso il mondo di Nino Rota. Se dico parte picaresca invece che commedia è perché secondo me ne L'Abbaglio non c'è la commedia. In fondo Tricò e Spitale sono sostanzialmente due disincantati che quasi per caso influenzano il corso della storia. Aggiungo che abbiamo usato anche una linea gregoriana modale, perché sono monodie che emotivamente non si schierano mai, infatti è difficile che i canti gregoriani suscitino grandi emozioni. Sono sempre asettici, e questa asetticità ci aiutava a non drammatizzare troppo alcune sequenze già di per sé piuttosto tragiche.
A proposito di Giuseppe Verdi, nel film sentiamo "Va, pensiero", un coro che ha un fortissimo impatto emotivo…
M.B.: Verdi si sposa perfettamente con i moti di indipendenza: lo dimostra il fatto che lo slogan "Viva Verdi!" veniva utilizzato per dire: "Viva Vittorio Emanuele, Re d’Italia!", e quindi Verdi è in assoluto il simbolo musicale del Risorgimento. Possiamo dire che a suo modo era popolare, anche perché, non essendoci a quel tempo la radio, Spotify, eccetera, per sentire la musica la gente andava all'opera e a teatro, poi quelle melodie venivano riprodotte da un singolo mandolino per strada oppure venivano suonate al pianoforte. Perciò, nelle scene del film in cui si si racconta un po’ di più il popolo, abbiamo utilizzato il mandolino, la chitarra classica, il violino e la fisarmonica.
Cosa vi piace particolarmente del vostro lavoro di autori di colonne sonore?
E.B.: La cosa speciale è che abbiamo sempre l'opportunità di raccontare quello che non si vede, o più precisamente quello che non è subito chiaro. Possiamo dare tridimensionalità alle immagini. La musica ha la straordinaria capacità di raccontare il mondo che c'è dietro a una semplice immagine. Quello che mi ha sempre affascinato di questo lavoro è il fatto di avere a disposizione una sorta di occhiale da poter mettere a un'altra persona per farle vedere le cose attraverso la mia sensibilità o comunque il mio modo di tradurre la visione del regista. Della musica per un film amo in particolar modo il suo mettersi al servizio di un'idea, di un'emozione, ed è questo che mi porta a scrivere e a comporre.
M.B.: Da quando ero piccolino, la musica è sempre stata una compagna fondamentale per me. La cosa che più mi piaceva era la mia capacità di scrivere delle melodie immediate, istantanee, insomma di improvvisare. Mi appassionava l’idea di potermi astrarre dalla realtà con la musica. Se penso ai vari momenti della mia vita, la vera costante è stata sempre la musica, e quindi mi sento un privilegiato ad aver fatto della musica un lavoro. La musica che preferisco è quella che mi provoca delle emozioni. Sono il più giovane di 4 figli maschi e i miei fratelli, che da bambino erano i miei punti di riferimento, erano completamente diversi l'uno dall’altro: uno ascoltava tutto il giorno cantautori italiani, un altro solo la musica pop, un altro ancora la musica punk. Questo mi ha permesso di conoscere tanta musica differente e mi ha reso curioso. Amo tantissimo comporre musica per il cinema, perché è un lavoro che mi permette non solo di vivere altre vite, in una sorta di schizofrenia, ma anche di entrare in altri mondi musicali.
Quali colonne sonore vi commuovono di più?
M.B.: Per me una colonna sonora non può prescindere dal film per cui è stata composta, per cui a contare sono anche la sceneggiatura e la resa scenica. Come non ricordare, allora, le immagini finali di Nuovo Cinema Paradiso? In quella scena viene raccontata la debolezza umana nella maniera più semplice e meravigliosa possibile, e cioè attraverso i baci. Quei baci, accompagnati da una musica struggente e meravigliosa, ci parlano di tutto quello che non abbiamo vissuto e di tutte le occasioni perse. Ci sono tantissime di colonne sonore che mi commuovono, e da quando sono diventato papà basta un niente a farmi piangere.
M.B.: Anche io sono un gran piagnone: piango tantissimo al cinema e anche fuori dal cinema, e se in un momento particolarmente strappalacrime di un film o della vita non piango, mi fa un po' strano, vuol dire che c'è qualcosa che non va. Mi piace tantissimo emozionarmi davanti a un film. Personalmente le cose che amo di più sono molto semplici, molto classiche, forse perché quando ero piccolo a farmi piangere è stata la musica di C'era una volta in America. L'inizio di C’era una volta in America mi emoziona ogni volta, così come Mission: sono due colonne sonore di Ennio Morricone che veramente mi spaccano in quattro. Per restare sull’attualità, confesso che da un po’ di tempo mi emozionano molto le musiche dei film di Hayao Miyazaki.