Obi-Wan Kenobi, la recensione definitiva della serie di Star Wars su Disney+
La Lucasfilm, Ewan McGregor e la regista Deborah Chow collegano la trilogia prequel con la trilogia storica di Star Wars, creando un ponte intrigante... imperfetto ma ugualmente toccante. La nostra recensione definitiva di Obi-Wan Kenobi.
- Obi-Wan Kenobi, le sfide epiche di Ewan McGregor, Deborah Chow e Joby Harold
- Obi-Wan Kenobi, la chiave femminista e disneyana
- Obi-Wan Kenobi, le migliori intenzioni per un risultato discreto
Con Obi-Wan Kenobi la Lucasfilm si è posta l'obiettivo di collegare la trilogia prequel di Star Wars (1999-2005) con quella storica (1977-1983), ambientandola a dieci anni di distanza da da Star Wars Episodio III - La vendetta dei Sith, che per chi scrive è un capolavoro non riconosciuto. La sua originale forza diventa la più grossa sfida di questa miniserie originale su Disney+: George Lucas aveva costruito il crescendo drammatico di Episodio III proprio sullo scarto di consapevolezza tra i personaggi e lo spettatore. Se i "buoni" potevano nutrire speranze, il pubblico sapeva bene che Obi-Wan (Ewan McGregor) nulla avrebbe potuto contro la discesa nel Lato Oscuro di Anakin Skywalker (Hayden Christensen), la cui trasformazione in Darth Vader era inesorabile, significativa e simbolica, nel suo metaforizzare lo scivolare verso la dittatura di un'intera società. Insomma, la forza drammatica di Episodio III era negli spoiler all'interno dell'originale Guerre Stellari! Un paradosso, nell'epoca che li teme come la peste. Nell'epoca in cui Obi-Wan Kenobi deve muoversi.
Obi-Wan Kenobi, le sfide epiche di Ewan McGregor, Deborah Chow e Joby Harold
Lo showrunner Joby Harold, Ewan McGregor (anche co-executive producer) e la regista Deborah Chow hanno avuto di che sudare con Obi-Wan Kenobi. La sua narrazione infatti farebbe i conti con un'assenza di vero climax, che spetta al mito degli Episodi IV-V-VI. Parte tuttavia con un vantaggio: c'è obiettivamente uno scarto tra l'Obi-Wan di McGregor di La vendetta dei Sith e quello di Alec Guinness in Guerre Stellari. Tra l'apice della "crisi di fede" per la missione fallita con Anakin e il distacco saggio dell'anziano Ben c'è un cambiamento emotivo: prima che le necessità Disney-Lucasfilm ci obbligassero a osservarlo in questi specifici avvenimenti, l'avremmo attribuito alla semplice saggezza che arriva con l'età, però Leia in Guerre Stellari chiedeva aiuto a Obi-Wan con troppa decisione per immaginare che i due non si fossero mai conosciuti prima.
Lo spazio per incunearsi in una mitologia cinematografica potente, con una storia sensata, è stato insomma trovato con molta chiarezza, cosa che non si può dire delle insicurezze nella nuova trilogia (2015-2019). Certo, nel grande respiro della saga degli Skywalker il climax non può qui esserci, ma il "climax in piccolo" di Obi-Wan, che nei sei episodi deve accettare uno stato di cose che l'ha fatto vacillare, per lasciarselo alle spalle, funziona e garantisce una sentita commozione nel finale. Un risultato non banale da ottenere, quando sappiamo già tutti (non chiamiamoli spoiler!) che qualsiasi scontro tra Kenobi e Vader non può di certo risolversi in modo definitivo, e che per ora Luke e Leia non possono davvero rischiare nulla di serio.
Obi-Wan Kenobi, la chiave femminista e disneyana
Ogni volta che ci si ricollega alla saga storica, il marchio femminista è potente e chiaro, incarnato da Leia (e da Carrie Fisher anche nella sua stessa vita): una simbiosi perfetta con l'emancipazione femminile che negli ultimi anni è diventata una priorità nella società e, di conseguenza, più che mai a Hollywood. In Obi-Wan Kenobi è proprio una piccola Leia, interpretata con simpatica tenacia da Vivien Lyra Blair, a sostenere tramite quella chiave la presa, anzi la ripresa di coscienza di Ben: le vicende sono abbastanza diverse da non far pesare troppo l'ammiccamento a The Mandalorian, che già si reggeva sul meccanismo narrativo della protezione. La presenza di Leia non è cosmetica ma sostanziale, perché la sua carica in erba, la sua volontà già evidente di sacrificarsi per gli altri, riattivano i valori che Obi-Wan nella disperazione ha perso di vista. E, in una lettura molto disneyana, sulle spalle dell'infanzia viene caricata quindi, una volta ancora, la speranza, la grande assente da Episodio III.
L'Inquisitrice dell'Impero "Terza Sorella" Reva (Moses Ingram) e Tala (Indira Varma), che ha voltato invece le spalle alla dittatura, completano questo mosaico, rappresentando con Leia aspetti diversi della dedizione alle loro cause, ma sempre declinati al femminile: si dà quindi alle donne un ruolo preminente che rende onore alle radici della saga, ribadendone l'attualità, senza oscurare il dramma sottostante tra Obi-Wan e Anakin.
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Obi-Wan Kenobi, le migliori intenzioni per un risultato discreto
Fino ad ora abbiamo elencato gli aspetti per noi più riusciti di Obi-Wan Kenobi, che però non abbiamo trovato complessivamente un'esperienza all'altezza delle sue mire e potenzialità. Come avevamo avuto modo di anticipare, la miniserie è diversa da The Mandalorian e The Book of Boba Fett, perché le sue sei puntate non sono davvero "episodi" nel senso linguistico del termine: non hanno cioè un carattere autonomo nel quadro di una storia generale, sono bensì sei parti di un unico film, con un'unica regia. Non stupisce, perché se ricordate questo progetto era nato anni fa come spin-off cinematografico, come un lungometraggio destinato alla sala: poco dopo la metà dell'esperienza, abbiamo avvertito la sensazione di quello che in gergo poco tecnico ma efficace si definisce "stiracchiamento". La ripetizione di alcune situazioni o il loro allungamento sono andati per noi ogni tanto a incrinare la sospensione di incredulità (specie per ciò che riguarda il personaggio di Reva). Ci riesce difficile scrollarci di dosso la sensazione che sei episodi, pur brevi sui 40 minuti, siano stati comunque troppi per quello che si doveva raccontare o per come si è scelto di raccontarlo.
Obi-Wan Kenobi è una serie piacevole che ha molte frecce al suo arco: l'estetica sicura della regia e dell'allestimento garantito dal sistema StageCraft dell'Industrial Light & Magic, la benedizione di John Williams in persona con un bel tema musicale originale, convinte interpretazioni da parte di veterani e nuovi arrivati. Solo sembra che alla sua grande nitidezza emotiva, e alla sua solida direzione generale, non sia corrisposta una dinamica del racconto altrettanto forte ed equilibrata. Onore delle armi, perché è facile perdere di vista che questa miniserie è un atto di equilibrismo.
Guarda Obi-Wan Kenobi su Disney+
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"