Deadpool & Wolverine, la recensione del delirante Deadpool 3

24 luglio 2024
3 di 5

Deadpool & Wolverine è finalmente arrivato: coronamento di un sogno per Ryan Reynolds, rimpatriata per Hugh Jackman, scommessa per i Marvel Studios disneyani. La nostra recensione.

Deadpool & Wolverine, la recensione del delirante Deadpool 3

Wade Wilson (Ryan Reynolds) non vorrebbe essere più Deadpool, ma delle circostanze alquanto strane lo costringono a rimettere il costume e per giunta ad andare in cerca di un Logan / Wolverine (Hugh Jackman), che rappresenta l'opposto di quello che Wade si sente di essere. Dal momento però che come sappiamo il Wolverine di Jackman è deceduto nella timeline Fox in Logan (2017), ne trova un altro che ha qualche scheletro nell'armadio. Questo sarà un vero buddy movie...

Mettiamola semplicemente: Deadpool & Wolverine è un film davvero assurdo. Dopo l'acquisizione della Fox da parte della Disney nel 2019, la saga vietata ai minori dedicata a Deadpool, assai voluta come interprete, producer e cosceneggiatore da Ryan Reynolds, composta da Deadpool (2016) e Deadpool 2 (2018), si sarebbe dovuta fermare lì, incompatibile sulla carta col mondo per famiglie dei Marvel Studios. Eppure questo Deadpool 3 è qui, esiste, condotto nel porto diverso della Disney ancora da Reynolds, con la complicità alla regia di Shawn Levy (che l'ha già diretto in Free Guy e The Adam Project), ma soprattutto grazie al legame profondo che lui stesso ha col vecchio amico Hugh Jackman.

Deadpool & Wolverine è una faccenda privata. L'amicizia tra Reynolds e Jackman travalica le regole della continuity, complici i comodi multiversi della Time Variance Authority. Soprattutto consente a due attori di rendere omaggio sia ai personaggi che sono stati nodali nella loro carriera, sia al fandom che li ha così apprezzati in quei ruoli, un fandom che è a sua volta famiglia. Le scene che li vedono interagire hanno il sapore di un regalo ai nerd (esplicitamente chiamati in causa da Deadpool sfondando come al solito la quarta parete), più che una necessità narrativa. Reynolds e gli altri sceneggiatori però vanno un po' oltre, perché celebrano in diverse maniere non soltanto se stessi, ma la condizione degli artisti che in decenni hanno lavorato o si sono avvicinati a questo fenomeno del cinecomic: colgono l'occasione quindi per uno stralunato sberleffo alle logiche produttive che travolgono attori, interpreti e racconti, in nome di licenze, contratti, saghe che si interrompono, storie che saltano, casting ballerini, solo per le regole del business hollywoodiano e del boxoffice. Ma quelle esperienze ci sono state, per tutti, sia per gli attori sia per il pubblico. Siamo tutti sulla stessa barca, e Reynolds vuole scherzarci su, alla faccia della logica del reboot, che rottama o ricicla tutti, superumani e attori.

Deadpool & Wolverine è una scheggia impazzita nei Marvel Studios disneyani, e Kevin Feige ha dato carta bianca al team Reynolds, tra turpiloquio a mille, violenza fisica splatter e qualche suggestiva e goliardica schifezza visiva: non aveva motivo per opporsi, perché in cambio ha avuto un'esplosione nucleare di ammiccamenti e strizzate d'occhio all'universo marveliano, una mitragliata di trovate che non possiamo spoilerare, ma che già in proiezione stampa hanno generato reazioni scomposte da parte di qualche collega. Reynolds, Levy e Jackman scherzano, ma conoscono anche assai bene il materiale che maneggiano, e sanno quello che ai fan piace vedere. E non si limitano a darlo, seppelliscono il fandom di stimoli per decine e decine di video YouTube con analisi, approfondimenti, elenchi di citazioni.

Non ci piace suonare guastafeste, però abbiamo un dubbio pesante. Al di là della sua dimensione metanarrativa, strafottente come si addice a Deadpool e Ryan Reynolds, la storia in sé ci è sembrata debole. Concentrato com'è sull'effetto che ciascuna scena deve ricavare, per un combattimento "figo", una gag folle, una battuta tagliente, il film ci è apparso poco coeso, sfilacciato e pretestuoso sul piano narrativo: questo nonostante la sceneggiatura si sforzi di trovare uno spazio emotivo per Wade e Logan, purtroppo per noi insufficiente a dare una vera marcia in più "di cuore" a questa cavalcata a briglia sciolta (Deadpool 2 era più riuscito in questo risvolto). La sua identità particolare gli garantirà un successo notevole al boxoffice, però se (sottolineiamo "se") la crisi della Marvel era arrivata da una stanchezza verso le sue singole storie poco coinvolgenti e subordinate al benedetto "universe", Deadpool & Wolverine non fa eccezione. Se la cava perché Reynolds prende tutto questo in giro, certo, ma in fondo nemmeno lui riesce a evitarlo, si fa travolgere dalla stessa logica, con la differenza che la vede, la sottolinea e la esorcizza prendendola a pernacchie.

Probabili incassi stratosferici a parte, è presto per dire se davvero Deadpool sia stato "il Gesù della Marvel" (come sostiene lui), in grado di risollevare un momento di stanca del Marvel Cinematic Universe. Di certo Reynolds, di suo, è riuscito a vincere una battaglia personale come quella di Wade, che anche nel trailer spiega di non essere in realtà in grado di salvare il mondo intero. Gli interessa salvare solo il suo micromondo, così come a Ryan interessava che la Disney gli consentisse di proteggere Deadpool così com'era nato, in un contesto diverso. Forse Deadpool & Wolverine riflette questo: è una piccola grande impresa, ma è meglio non esagerare con gli osanna. Wade Wilson e Ryan Reynolds i miracoli li lasciano ad altri.



  • Giornalista specializzato in audiovisivi
  • Autore di "La stirpe di Topolino"
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