Il Rotterdam Film Festival torna in presenza e con una rinnovata attenzione verso il cinema italiano
Dopo due edizioni falcidiate dalla pandemia e costrette davanti a un monitor, finalmente il Rotterdam Film Festival e la sua ormai non più tanto nuova direttrice Vanja Kaludjercic tornano in presenza a presentare un programma variegato e attento anche al nostro cinema.
Sono stati i più colpiti dalla pandemia, i grandi festival cinematografici invernali, sfavoriti ancor di più dalle condizioni climatiche ideali per la diffusione del virus. Per loro questo 2023 segnerà finalmente il ritorno in pieno stile in presenza, a partire dall’International Film Festival Rotterdam che si è aperto il 25 gennaio e proseguirà fino al 5 febbraio. Occasione finalmente per la direttrice Vanja Kaludjercic, in carica dal fatidico 2020, di presentare al pubblico tradizionalmente molto appassionato della città olandese un programma più versatile rispetto al solito.
C’è naturalmente spazio al cinema di scoperta, a un concorso (la Tiger Competition) con 16 titoli che si contendono il Tiger Award, giudicati da una giuria presieduta dall’autore filippino di culto Lav Diaz e composta, fra gli altri, anche da Sabrina Baracetti, storica anima del cruciale Far East Film Fest. Come ha dichiarato Kaludjercic a Screen International, “non ci piace distinguere molto fra l’arte cinematografica che avviene sul grande schermo e al di fuori, in una galleria o da qualche altra parte”. Da qui la presenza come ospite d’onore di Steve McQueen, sempre in movimento fra cinema e arti visive, a cui è stata commissionata un’opera che è esposta per l’occasione.
L’apertura del festival ha visto protagonista il biopic norvegese Munch, diretto da Henrik Martin Dahlsbakken, sulla vita del pittore celeberrimo per L’urlo, che ha presentato una scelta particolare, à la Io non sono qui di Haynes su Bob Dylan, facendo interpretare a differenti attori l’artista, in modo da rappresentarne le varie personalità e i molteplici talenti, in momenti diversi della sua vita. Uno spaccato su uno dei più significativi artisti visuali attivi fra XIX e XX secolo, specie considerando come il suo capolavoro, L’urlo, è diventato una sorta di icona nordica del subconscio del secolo scorso, simbolo come pochi di paura e disperata solitudine. Quello che probabilmente pochi di noi sapevano (e il film mostra) è come Munch fosse libero pensatore, anarchico, avventuriero sessuale e molte altre cose ancora.
Un artista, e pure nordico, niente di meglio per aprire dodici giorni di proiezioni qui nella più innovativa città olandese, completamente distrutta durante la Seconda guerra mondiale e quindi condannata a rigenerarsi continamente, all’avanguardia per design, architettura, rispetto dell’ambiente e molto altro ancora. Un festival, quello di Rotterdam, che fin dai primi giorni sta presentando sale tutte esaurite e una rinnovata attenzione per il cinema italiano. Saranno presenti film di grandi autori delle nostre parti, curiosamente mai invitati dalle parti del porto più importante d’Europa, come Marco Bellocchio per Esterno notte e Mario Martone per Nostalgia. Pienone per tutte le proiezioni (anche future), così come è stato molto apprezzato (e invitato) dalla direttrice La stranezza di Roberto Andò, appena sbarcato da queste parti per presentarlo.
Nella sezione Harbour sarà presentato poi in prima mondiale l’esordio di Lyda Patitucci, Come pecore in mezzo ai lupi, un crime duro con un’inedita Isabella Ragonese insieme ad Andrea Arcangeli. Scritto da Filippo Gravino e prodotto da Matteo Rovere per Groenlandia, il film è l’opera prima di Patitucci, già regista di alcuni episodi della serie Netflix, Curon, e seconda unità in Smetto quando voglio, Il primo re e Veloce come il vento. Ma su questo film torneremo nei prossimi giorni.