Eddington, Pedro Pascal: "Abbiamo perso le verità condivise", la conferenza stampa del film di Ari Aster
Al Festival di Cannes 2025 Pedro Pascal, Joaquin Phoenix, Emma Stone e il resto del cast hanno presentato Eddington, fotografia del caos della società americana di oggi. Da quali sentimenti è nata la necessità di costruire questo film corale?

Arriverà nelle nostre sale in autunno l'ultima fatica del visionario Ari Aster, il film corale Eddington, una storia sul tilt della società americana, ambientato durante il lockdown del 2020: al Festival di Cannes 2025 l'ha presentato il regista, accompagnato dal suo cast principale, composto da Pedro Pascal, Joaquin Phoenix, Emma Stone, Austin Butler, Michael Ward, Luke Grimes. L'angoscia di quei momenti fa collidere diverse visioni della società, in un caos che inevitabilmente ha un sapore politico, dal quale non si sono del tutto sottratti i presenti alla conferenza stampa, in particolare il regista e un appassionato Pascal.
Eddington, la paura di Ari Aster: "Negli ultimi vent'anni siamo precipitati in un'era di iper-individualismo"
Da dove arriva la necessità di tuffarsi nell'America senza bussola, in Eddington? Per il regista Ari Aster, dalla "paura e dall'ansia per il mondo: volevo allargare lo sguardo e descrivere un mondo in cui nessuno converge su una visione comune di ciò che è reale. Negli ultimi vent'anni mi sembra che siamo precipitati nell'era dell'iper-individualismo. La forza sociale che sembrava essere centrale nelle democrazie liberali di massa, una visione condivisa del mondo, è morta. Ho pensato che il momento del COVID l'abbia proprio messo nero su bianco. Secondo me dobbiamo imparare di nuovo a relazionarci col prossimo, per me è centrale."
Pedro Pascal ha apprezzato proprio quest'aspetto: "Pensavo che sono molto abituato agli sguardi sull'America che arrivano da fuori. Ci sono tante maniere di guardare alle problematiche politiche e sociali, alla nostra cultura molto complessa. Prendo il film di Ari come la prima 'talpa'. Una gola profonda, quasi. Ti spiega dal di dentro quello che sta succedendo. La questione del mondo che ha perso il senso di una verità condivisa mi sembra molto vera."
Il distacco è il maggior pericolo, considera Aster, ricordando il discorso di Nietzsche sull'era satura di storia, che guarda sé stessa con troppa ironia. "Siamo tutti posseduti dal modo in cui usiamo la storia per puntellare le nostre convinzioni. Ci si sente come spettatori distaccati, senza un vero coinvolgimento. [...] Mi sembra che abbiamo preso una strada pericolosa, come se stessimo vivendo un esperimento fallito e che dovrebbe essere fermato, perché non sta funzionando. [...] Per me il film racconta cosa succede quando persone isolate vivono nelle loro singole realtà e vengono poi in contatto tra di loro: si crea una nuova logica, ognuno comincia ad amplificare le paure e le paranoie degli altri." Ma non vuole esserci da parte di Aster uno schierarsi: "Non volevo attaccarmi a un'ideologia o a prese di posizione specifiche, restringe troppo lo sguardo, non era questo il punto: il film è concepito in modo volutamente ambiguo, ritrae più che altro sul mondo in cui viviamo."
Nemmeno Pascal vorrebbe essere più netto, ma cede quando in sala stampa gli si chiede come veda le nuove politiche antimigranti americane: "Io voglio vivere dal lato giusto della storia. Io sono un immigrato, i miei genitori erano rifugiati del Cile. Io stesso ero un rifugiato. Siamo scappati da una dittatura. E sono stato abbastanza privilegiato da crescere negli USA, dopo la richiesta di asilo in Danimarca. Se non fosse stato per quello, chissà cosa ne sarebbe stato di noi. Quindi sarò sempre a favore di quella protezione." Non ha paura che i film militanti possano mettere cast e autori nel mirino? "Loro vincono con la paura, quindi bisogna continuare a raccontare storie, a esprimersi, a combattere per essere chi sei e... che altro dire? Fanculo a quelli che vogliono farti paura!"
Emma Stone e Joaquin Phoenix, il bello di lavorare per Ari Aster, che stima Fellini
Emma Stone conosceva da tempo Ari Aster, ma solo adesso ha potuto trovare con Eddington un progetto su cui lavorare insieme, un personaggio interessante da esplorare: "Credo che Ari sia uno degli sceneggiatori e registi migliori in circolazione, solo leggere cosa scrive è un'esperienza incredibile. Abbiamo parlato insieme del personaggio di Louise per un po' e siamo arrivati a questa parola: è un fantasma. Lei è un fantasma nella sua stessa vita, ne ha passate troppe, è traumatizzata. Il suo matrimonio con Joe è precario, si trova in lockdown con questa madre che legge un sacco di cose... la sua mente trabocca. È stato un personaggio bello e commovente da scoprire."
A proposito di Joe, Joaquin Phoenix lo adora: "È uno che cerca disperatamente conferme e legami, in un momento in cui eravamo tutti in lockdown, fisicamente separati uno dell'altro, eravamo connessi solo online e questa situazione ha esacerbato il suo problema. Davvero io amo tantissimo quest'uomo, mi è tanto caro, è stato interessante interpretarlo, vederlo perdere il controllo nel corso del film."
Quando un giornalista gli chiede se col suo stile Aster guardi a Federico Fellini, Ari non si tira indietro nell'individuare aspetti di quel cinema che fa volentieri suoi: "L'umorismo. E poi il modo in cui popola i suoi film con personaggi eccentrici. Non importa quante persone siano nell'inquadratura, nessuno è sprecato, ama le persone, ama i volti. Proprio come regista, quando decido le inquadrature e i movimenti di macchina, ritorno in particolare a 8 e 1/2, alla danza, è così fluida. Fellini è così idiosincratico, personale, divertente, i suoi film sono vivi, io voglio che i miei film siano vivi."
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