Buena Vista Social Club: torna al cinema il documentario di Wim Wenders sulla musica cubana
Il 30 maggio sarà nuovamente nelle sale italiane, in occasione dei suoi primi 25 anni, Buena Vista Social Club di Wim Wenders, che ci porta a L'Avana per un'immersione nella musica cubana. Il film sarà nella versione restaurata dalla Cineteca di Bologna.

In occasione del suo venticinquesimo anniversario, torna al cinema, Buena Vista Social Club, il documentario di Wim Wenders dedicato alla musica cubana e impreziosito da una delle più belle colonne sonore di sempre.
Correva dunque l’anno 1999 quando uscì Buena Vista Social Club, che fin dal principio ebbe un grandissimo successo. Adesso, grazie alla Wim Wenders Foundation, la Cineteca di Bologna, con il suo progetto per la distribuzione dei classici restaurati Il Cinema Ritrovato. Al cinema, e CG Entertainment riportano Buena Vista Social Club nelle sale italiane dal 30 maggio.
Buena Vista Social Club: la trama
Candidato all'Oscar per il miglior documentario nel 2000, Buena Vista Social Club racconta di un gruppo di musicisti della tradizione cubana (fra cui, Compay Segundo, Ibrahim Ferrer e Omara Portuondo) che viene riunito dal chitarrista Ry Cooder (già collaboratore di Wim Wenders e autore della colonna sonora di Paris, Texas) per realizzare un disco e fare una tournée. Nel documentario si intrecciano storie personali e percorsi musicali, mentre la macchina da presa di Wim Wenders cattura il talento e la gioia di vivere di artisti a dir poco straordinari.
Wim Wenders e la musica cubana
Wim Wenders non ha mai fatto mistero della sua fascinazione per la musica cubana. Quando è andato a L'Avana la conosceva, ma ascoltarla a Cuba è stata un’esperienza inaspettata e meravigliosa. Ecco il suo racconto:
Sono andato a L'Avana per girare il film, un posto dove non ero mai stato prima. Tutto ciò che conoscevo era la musica che questi vecchi avevano prodotto, una musica elettrizzante, inebriante, contagiosa. Una volta che ho visto e filmato L'Avana, ho capito cosa c’era di così speciale in questa musica: era uscita da questa città. Quella musica era il sangue di questa città. Il luogo era trasceso nel suono, per così dire, aveva trovato un’altra forma di esistenza in queste canzoni. E questi vecchi seppero produrre e riprodurre quella storia del loro luogo, perché non l’avevano abbandonata, come tanti altri musicisti prima di loro che erano fuggiti dal paese per andare in Florida, in Messico, in Spagna. Il loro senso di identità e di appartenenza, l’incredibile amore per il proprio posto, che aveva procurato a questi vecchi tanto dolore e tanta sofferenza, si era rivelato anche la loro forza e la loro grazia salvifica. Pensavo di girare un documentario, e invece eravamo lì pronti a essere testimoni di una favola che nessuno avrebbe potuto immaginare.