Captain America: Brave New World, la nostra recensione del film con Anthony Mackie e Harrison Ford
Captain America: Brave New World ha l'onore ma anche l'ingrato compito di riavviare il Marvel Cinematic Universe al boxoffice. Nell'attesa di capire se ci riuscirà, ragioniamo sul film in sé con la nostra recensione: agile, asciutto, senza svacchi umoristici, se la cava piuttosto bene.
Ormai nuovo Captain America dopo gli eventi narrati in The Falcon and the Winter Soldier, il buon Sam Wilson (Anthony Mackie) non sa ancora come porsi con il neo-Presidente degli Stati Uniti Thaddeus "Thunderbolt" Ross (Harrison Ford), già persecutore in passato degli Avengers. Non ha molto tempo per ambientarsi, perché un attentato ai danni di Ross lo costringe ad aprire un'investigazione parallela non autorizzata, per capire cosa stia accadendo: Thaddeus è rimasto infido? C'è qualcun altro che trama nell'ombra? Il nuovo Cap sarà l'ago della bilancia per evitare un caos che potrebbe portare a una Guerra Mondiale...
Il peso che in Captain America Brave New World grava sulle spalle di Sam Wilson, che ne è consapevole, è il paragone con Steve Rogers. A ben vedere però è anche la metafora perfetta di un Marvel Cinematic Universe che ha avuto enormi difficoltà nell'essere all'altezza del climax che portò al trionfo di Avengers: Endgame nel 2019. In questi cinque anni ci sono stati mezzi successi e tonfi, come quelli di Ant-Man 3, The Marvels e She-Hulk. Sia i fan sia Kevin Feige, mente dei Marvel Studios, sanno benissimo che l'exploit di Deadpool & Wolverine l'anno scorso è stata una necessaria oasi nella quale rifugiarsi, ma anche un'oasi un po' slegata dall'MCU, un po' autoreferenziale, una storia a sé. Questo film invece fa ripartire la vera continuity e deve dimostrare di saper appassionare, perché il pubblico sembra aver chiuso la corsia preferenziale alla Marvel-Disney.
Non vediamo in franchezza buoni motivi per girare le spalle a Captain America: Brave New World, perché funziona. Il film di Julius Onah abbraccia la struttura del thriller politico con inserti fantastici stile Marvel, sulla scia appunto di The Falcon and the Winter Soldier, con una sceneggiatura cofirmata anche dal Malcolm Spellman showrunner di quel lavoro. Di conseguenza limita gli svacchi umoristici, anzi le poche battute sono riservate agli scambi tra Sam e Joaquin nuovo Falcon (Danny Ramirez), ma per il resto la narrazione è tesa e piuttosto seria. C'è un dramma familiare che suona forse piuttosto ingenuo, ma appartiene a quella cifra di fiaba marveliana in un racconto altrimenti plausibile. Non realistico, ma plausibile, con un occhio alla fantapolitica di The Manchurian Candidate.
Il crescendo e la suspense lavorano bene, senza stupire ma con un timone che Onah mantiene piuttosto saldo, in poco meno di due ore di durata, quindi in una proposta più asciutta del solito e dritta al punto (vivaddio!). Persino l'obbligatorio climax nel tripudio di combattimento in CGI riesce più naturale, perché ben costruito su un confronto tra psicologie... e qui forse Brave New World sfodera la sua più convincente dimensione politica. Non si parla di ideologie "woke" o di contestazioni a Trump, come qualcuno nelle ultime settimane negli Usa si è affrettato a sottolineare. Ross non è Donald Trump. Quel che conta è che la grande narrazione avventurosa eroica di Hollywood ha spesso messo in scena il valore identitario della democrazia che arriva prima del potere... o che argina le derive autocratiche che quel potere può avere. Wilson, più che un supereroe, è un esempio perché cerca di essere equo e di non puntare sul conflitto, che pure si sporca le mani per fermare, quando proprio non è riuscito a evitarlo. E così il film diventa un racconto di avventura edificante, che castiga i cattivi e i meno cattivi, disposti ad anteporre la propria salvaguardia e il proprio ego all'equilibrio del mondo intero. In questo senso Brave New World è politico: non ad personam, bensì in chiave universale.
Mackie è consapevole dell'onore di diventare protagonista con un ruolo del genere, e anche da executive producer si è reso uno dei motori del film, nel quale ha coinvolto Giancarlo Esposito (Sidewinder, al momento un po' sacrificato), ulteriore elemento di un cast di caratteristi piuttosto solido. A questo proposito, risulta quasi strano annoverare in questa squadra come "caratterista" la colonna Harrison Ford, ma è proprio lui che riesce a sorprendere ancora. Duttile più che mai in questi ultimi anni, tra western e comedy in serie tv (1923 e Shrinking), Ford a oltre ottant'anni è un volto perfetto per combinare la solennità di un uomo di potere con la fisicità necessaria a far esplodere Red Hulk. Senza voler nulla togliere al compianto William Hurt, che fino alla sua morte è stato Ross nel MCU, Ford è da sempre una "faccia da blockbuster" ed è incredibile che riesca a esserlo ancora in modo credibile, anche quando l'età chiamerebbe fuori dai giochi altri suoi colleghi.
Captain America: Brave New World è un'opera agile che sa dove andare a parare: non sappiamo se sarà sufficiente a riassestare la rotta dell'intero Marvel Cinematic Universe, né sappiamo se ormai il pubblico mostrerà segni di stanchezza a prescindere, ma può essere un buon punto di ripartenza.
- Giornalista specializzato in audiovisivi
- Autore di "La stirpe di Topolino"