The Creator - Gareth Edwards rivela le origini dello sci-fi: "È come un figlio fra Terminator e un film di Terrence Malik"
Gareth Edwards ha fornito una peculiare definizione della sua ultima opera da regista, The Creator, che riassume il suo personale approccio al tema dell'Intelligenza Artificiale. Il film è nelle sale italiane dal 28 settembre.

The Creator ha debuttato nelle sale italiane lo scorso 28 settembre, riportando sul grande schermo il talento visionario di Gareth Edwards, già regista di Star Wars: Rogue One. Ambientato in un futuro distopico durante una guerra fra androidi ed umani, il lungometraggio ha attinto a piene mani da alcuni cult sci-fi - come Terminator -, trovando però ispirazione anche in altri generi. Durante la promozione del film, Edwards ha dunque spiegato il suo personale approccio al mondo dell'intelligenza artificiale ed ha fornito una peculiare ed incisiva definizione della sua nuova opera da regista.
The Creator - L'approccio di Gareth Edwards al tema dell'Intelligenza Artificiale
Ambientato, come accennato, in un futuro distopico ed apocalittico, The Creator segue la storia di Joshua, un ex agente delle forze speciali in lutto per la perdita della moglie, che viene incaricato di trovare ed uccidere il Creatore, la mente dietro lo sviluppo di un'avanzata A.I., in grado di porre fine alla guerra e all'umanità stessa. Superate le linee nemiche ed addentratosi nei territori controllati dell'intelligenza artificiale, Joshua farà però una scoperta agghiacciante: la pericolosa arma di distruzione di massa è in realtà un androide dalle fattezze di una bambina. Una trama complessa ed articolata, che ha portato Edwards ha interrogarsi sul modo in cui rappresentare le A.I. sullo schermo, senza dimenticare mai la natura umana tanto del progetto quanto dei suoi protagonisti:
Adoro Terminator, quindi siamo letteralmente seduti sulle spalle di un gigante. Abbiamo realizzato un film sull'A.I. Quello che mi interessava davvero fare, e che volevo realmente raccontare, era però la natura umana di tutti i personaggi. È divertente. Gli attori arrivano sul set e, se devono interpretare un robot, mi domandano come si muove e in che modo parla. Ma io rispondevo di dimenticarsi che sono dei robot, perché questi robot pensano di essere umani. Dovevano far finta che non fosse un film di fantascienza. E, alla fine, ho smesso di dire agli attori se fossero A.I o meno. Non volevo che si comportassero in modo diverso perché magari interpretavano un robot. Volevo che fosse tutto completamente naturale. La cosa fantastica del lavorare con Industrial Light Magic è stato che abbiamo potuto aspettare fino alla post-produzione e non abbiamo dovuto usare quei ridicoli costumi con i puntini addosso. Quindi potevamo guardare il film e dire: "Fallo diventare un robot, rendi quella persona un A.I.". Le mie parti preferite del film sono quelle in cui c'è un robot che sta semplicemente fumando o sta facendo qualcosa come la farebbe un bambino, oppure come la vedresti in un film di Terrence Malik, ma siamo in zona James Cameron. È come se i due avessero avuto un figlio, o qualcosa del genere. Quello era l'obiettivo finale che stavamo cercando di ottenere.
Partendo da un cult come Terminator e superando il suo retaggio in termini di rappresentazione dell'intelligenza artificiale, Gareth Edwards ha trovato la sua personale formula per declinare la tematica, guardando poi a Terrence Malik per la componente visionaria e visiva del suo progetto - il regista si è del resto occupato anche della sceneggiatura. A dar vita a questo nuovo universo narrativo è un cast all star, formato da John David Washington, Gemma Chan, Allison Jenney, Ken Watanabe, Ralph Ineson e l'esordiente Madeleine Yuna Voyles. Appuntamento dunque al cinema.