Michele Riondino a Creuza de Mà: "Ora mi sento una musica classica, una sinfonia"
Ospite con Palazzina Laf della diciottesima edizione del Festival diretto da Gianfranco Cabiddu Creuza de Mà - Musica per il cinema, Michele Riondino ci racconta il suo cinema e il suo rapporto con la musica e con l'insegnamento.
Era l'estate del 2019 quando siamo approdati per la prima volta sull'Isola di San Pietro, che ospita la splendida cittadina di Carloforte tanto cara a Fabrizio De André. Il cantautore genovese ha infatti scritto il suo LP in dialetto "Creuza de Mà" seduto al tavolino di un bar/caffè subito dietro il Cineteatro Cavallera, e quando Gianfranco Cabiddu ha pensato di organizzare un festival dedicato alla musica per il cinema, e quindi anche al rapporto fra le due arti, a ragione lo ha chiamato proprio come l'album. Da allora, molti musicisti e autori di colonne sonore hanno accettato il suo invito di suonare e cantare nel locale all'aperto Il Giardino di Note e di incontrare gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia, protagonisti di un progetto di alta formazione chiamato Campus.
Accanto ad alcuni dei più importanti compositori di colonne sonore, Cabiddu chiama ogni anno a presentare i loro film registi che hanno un legame molto forte con la musica. Già ospite della tredicesima edizione di Creuza de Mà, è tornato volentieri a Carloforte un attore che ha da poco esordito come regista e che questa sera farà un concerto con la sua band, i Revolving Bridge. Parliamo di Michele Riondino, che con Palazzina Laf ha vinto 3 David di Donatello e 5 Nastri d'Argento. Riondino è sull'isola insieme alla famiglia e lo intervistiamo prima del suo incontro con la "truppa" del Centro Sperimentale di Cinematografia. Arriva con un cappello da baseball in testa e lo sguardo gioioso di chi sta ancora festeggiando un trionfo inaspettato. Siccome il festival parla di cinema e di musica, gli chiediamo che rapporto abbia e abbia avuto nel corso della vita, con melodie e note: "Ho cominciato a nutrirmi di musica molto presto grazie un padre che mi ha fatto ascoltare i Pink Floyd e la PFM" - risponde. "Prima di diventare attore, volevo fare il musicista, però, non essendo un accanito studioso, ho subito lasciato perdere e mi sono appassionato alla musica in generale. Mi sarebbe davvero piaciuto suonare, però non ho mai avuto le capacità e la pazienza per farlo. Quindi la musica è arrivata prima della recitazione, anche se ho capito che volevo imparare a suonare soprattutto per poter stare su un palco, e allora quale miglior mestiere per stare sul palco se non quello dell'attore?".
La musica ha un ruolo fondamentale anche nel tuo lavoro di regista e di attore?
La musica la uso per creare i personaggi e chiedo sempre ai registi con cui lavoro quale musica sceglierebbero per accompagnare il personaggio che interpreto. Inoltre la musica mi aiuta a trovare un canale di comunicazione con i registi, che sono animali strani. Noi registi pensiamo di essere chiari quando parliamo, ma siamo chiari solo a noi stessi, e quindi i riferimenti esterni finiscono per essere inevitabilmente quelli più chiari da cogliere. Ai registi domando se abbiano riferimenti letterari, pittorici, di fumetti, insomma tutto ciò che possa restituirmi l'idea che hanno di quel personaggio, ed è quello che faccio anche io con i miei attori e con il mio lavoro, persino in fase di scrittura. Per Palazzina Laf ho lavorato tanto con le musiche, e per la scena iniziale mi è venuta subito in mente la marcia funebre.
Caterino, il protagonista di Palazzina Laf, che musica è?
Caterino è proprio la marcia funebre, perché il personaggio è un penitente. La marcia funebre è legata alle processioni della settimana santa, che da noi, che tu sia credente o meno, sono sacre, nel senso che sono fortemente radicate in ognuno di noi. Gli incappucciati che popolano le nostre processioni nella settimana santa altro non sono che persone che chiedono perdono, e chiedere perdono è una cosa molto banale oggi, perché serve per ripulirti. Ecco, Caterino è un penitente di questo tipo, nel senso che chiede perdono per ripulire una coscienza che non ha, e quindi quella marcia funebre fa sicuramente parte della sua colonna sonora, ma subito dopo c'è il pezzo dissacrante dei Bloodhound Gang, che è un 4/4 con un linguaggio scurrile e parla di accoppiamento tra mammiferi.
E quale musica rappresenta invece Michele Riondino?
In questo momento sono una musica classica, diciamo una sinfonia. Ho un’idea sinfonica dei miei pensieri, nel senso che si incastrano bene, che vanno insieme.
Tra poco incontrerai gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia, che impareranno qualcosa da te. Hai mai fatto l'insegnante? Ti piacerebbe insegnare recitazione o regia?
Mi è capitato di insegnare in diverse occasioni, anche se è una cosa che mi ha sempre terrorizzato. Più che altro mi ha sempre spaventato iniziare, perché evidentemente continuo a pensare di essere un allievo piuttosto che un maestro, così come fai fatica a pensarti genitore quando ancora sei figlio. In realtà hai il terrore di diventare papà, però poi quando conosci tua figlia tutto viene più naturale. Mentre insegnavo ho avuto proprio questa sensazione, e cioè dapprima la paura di conoscere gli allievi e poi, invece, la voglia di condividere cose con loro più che di insegnare, perché poi alla fine, proprio come non sono un insegnante, non sono un regista, ma continuo ad essere un attore e, in quanto attore, sono un ladro, e quindi rubo, e perciò anche quelle esperienze di insegnamento sono servite a me quanto ai miei allievi.
A me invece sembri un regista, anzi un bravo regista
Non ho fatto Palazzina Laf per diventare un regista. Sono molto contento e mi sento un regista, però, quando dico che non sono un regista, lo dico perché ho fatto questo film perché avevo una storia da raccontare e un linguaggio che volevo sperimentare, e cioè il grottesco. È come quando hai una ricetta per una pietanza e vuoi fare una prova, ma non sai esattamente quale sarà il risultato. Conosci gli ingredienti che userai e i sapori che vuoi far emergere, ma non sei sicuro che le quantità che utilizzerai serviranno a creare quel sapore oppure a fare un pastrocchio. Ecco, diciamo che per questo film vevo in mente delle cifre, dei colori e delle cose che, messe insieme, evidentemente hanno funzionato.
Qual è stato il complimento più bello che hai ricevuto per il tuo film?
Durante la promozione del film, descrivevo Caterino come un uomo ignorante. Un giorno un ragazzo di Taranto di 16, 17 anni mi ha scritto: "Ma così semplifichi! Caterino non è ignorante, o meglio in qualche modo lo è nel senso che "ignora" e quindi alimenta un certo disinteresse, che crea una disaffezione per le cose che possiede e che dovrebbe curare. Però Caterino è soprattutto ineducato, e la sua è un’ineducazione all'amore per sé stessi e naturalmente per il territorio e per qualunque altra persona che gli stia accanto, quindi l’aggettivo ineducato è molto più corretto e io l’ho fatto mio. Ineducato è il prodotto di qualcosa, e Caterino è il prodotto di qualcosa.
Le storie più forti, quelle che arrivano di più al pubblico, sono spesso storie personali, che ci riguardano da vicino. Tuo padre ha lavorato all'Ilva e anche tu, se non fossi partito per Roma per studiare recitazione, avresti lavorato in fabbrica...
Io ho messo me stesso dentro il film. Nel '97 andavo via da Taranto proprio mentre succedevano i fatti che racconto in Palazzina Laf. La ragazzina che a tavola accusa l'Ilva e accusa i tarantini di aver venduto l'acciaieria ai Riva e sostiene che Riva non rispetti la città sono io, sono io a tavola con mio padre, e quindi quei pranzi me li ricordo benissimo Rammento mio padre che mi diceva: "Non ti devi mai mettere contro la fabbrica perché la fabbrica ti dà da mangiare". Mio papà ha continuato ad essere preoccupato anche negli anni successivi, perché la mia presa di posizione, che avevo già a 16-16 anni, e che poi è cresciuta ed è diventata polemica e successivamente politica, lo terrorizzava. Ecco perché temeva il film. Per questo è stato il primo che ha letto la sceneggiatura e che ha visto Palazzina Laf, e quando lo ha visto si è tranquillizzato, e questo perché si aspettava da me un film molto più battagliero, molto più violento, molto reazionario. In realtà Palazzina Laf è un film molto riflessivo.