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Lumière - L'avventura del cinema: arriva al cinema il film di Thierry Frémaux

120 vedute dei fratelli Lumière splendidamente restaurate e commentate dal direttore del festival di Cannes, "per restituite ai Lumière e al loro gesto cinematografico il posto che spetta loro nella storia del cinema". In sala dal 3 aprile con Cineteca di Bologna e Lucky Red. Ecco come Frémaux ha presentato il film alla stampa.

Lumière - L'avventura del cinema: arriva al cinema il film di Thierry Frémaux

Si sa: per convenzione la nascita del cinema viene fatta risalire al 1895 quando i fratelli Auguste e Louis Lumière, che misero a punto la prima vera macchina da presa, realizzarono la celebre Uscita dalla fabbrica, la prima di quelle che sarebbero diventate oltre duemila “vedute”, o “film Lumière”, brevi filmati di cinquanta secondi massimo che dimostravano le potenzialità di quello che di lì a poco avrebbero chiamato “cinematografo” ma che, anche, hanno gettato le basi per un nuovo linguaggio, che è quello del cinema che conosciamo.
È questo il punto di partenza di Lumière – L’avventura del cinema, secondo film realizzato da Thierry Frémaux (che oltre a essere il direttore del Festival di Cannes lo è anche dell’Institut Lumière di Lione) utilizzando lo straordinario materiale a sua disposizione, restaurato splendidamente dal laboratorio L’Immagine Ritrovata, che arriverà al cinema italiane da lunedì 3 aprile, distribuito dalla Cineteca di Bologna (con il suo progetto Il Cinema Ritrovato. Al cinema) e Lucky Red.

“Posso dire che questo è un film sublime anche se ne sono io l’autore, ma solo perché posso contare sulle vedute dei Lumière”, scherza Frémaux, a Roma per presentarlo alla stampa nonostante sia nei giorni convulsi della chiusura del programma di Cannes 2025, che verrà annunciato il 10 aprile.
“La posizione dei Lumière nella storia del cinema è sempre stata strana”, spiega, “schiacciati tra gli inventori puri venuti prima di loro e i primi veri cineasti venuti dopo: ma qui noi abbiamo voluto ribadire che loro sono stati entrambe le cose a pieno titolo. Fin da quando ho visto per la prima volta Uscita dalla fabbrica su un grande schermo nel 1982 alla conferenza stampa di inaugurazione dell’Institut Lumière, con Bertrand Tavernier, ho capito che le loro vedute, che io porto sempre tutte con me in una chiavetta USB, nascondevano tesori che era fondamentale far scoprire, e che bisognava restituire ai Lumière e al loro importantissimo gesto cinematografico il posto che spetta loro nella storia del cinema”.

Lumière - L'avvenura del cinema: il trailer del film

Il gesto cinematografico. È questo il punto fondamentale, per Frémaux. Il fatto che Louis Lumière, e i suoi operatori, in grado di utilizzare questa nuova macchina in modo tale da gettare le basi per un linguaggio estetico e narrativo. Un gesto che, ricorda Frémaux, partiva dalla domanda principale che ogni regista si pone: “Qual è il posto giusto dove posizionare la macchina da presa?”. E anche “Qual è il modo migliore per riprendere e raccontare quello che ho di fronte ai miei occhi?”.
Una domanda che implica, ricorda giustamente Frémaux, una responsabilità. E di fronte a Lumière - L’avventura del cinema questa responsabilità è particolarmente evidente. Perché le vedute dei Lumière non sono così diverse, da alcuni punti di vista, in certo soggetti o in certe durate, dai reel di Instagram o dai video di TikTok di oggi, ma la differenza sta appunto lì: “Oggi tutti producono immagini ma non se ne prendono la responsabilità: le realizzano e le caricano su internet, dove si vede di tutto. Con il cinema questo non è mai accaduto. Il cinema è una cosa seria, i telefonini non lo sono. Il cinema è un’arte etica”, dice Frémaux ricordando Claude Lanzmann, “non filma l’orrore e è per la pace, perché produce poesia, e la poesia è pace”. Per Frémaux, quindi, “questo è un film che ci permette di riflettere sull’uso delle immagini e sulla responsabilità che queste implicano; che ci costringe a riflettere sulla storia e l’importanza delle immagini; che ci permette, guardandolo, di pulire i nostri occhi contaminati dalle troppe immagini irresponsabili che ci circondano, e di riabituraci al silenzio. Che ci fa capire come possiamo ancora imparare dai Lumière”.

Frémaux tiene poi a superare una vecchia e superficiale contrapposizione, quella tra i Lumière e Georges Méliès, schematizzata in maniera grossolana tra cinema documentario da un lato e cinema di finzione dall’altro. E poco importa che la maggior parte dei film Lumière non prevedesse alcuna finzione: “In letteratura si usa il termine non fiction, ma non per questo i libri di non fiction o di autofiction non sono letteratura: allo stesso modo i film Lumière sono cinema. Louis Lumière raccontava un mondo reale e normale che il gesto cinematografico trasfigura e rende ancora più bello; il cinema esiste nella realtà per via del gesto della camera; Méliès ha reinventato il mondo e il teatro con l’illusione e la magia”.
Dai film Lumière, spiega Frémaux, “sono venuti Robert Bresson, Roberto Rossellini, la Nouvelle Vague, Agnès Varda, Chantal Akerman, Alice Rohrwacher”. Dalle fantasmagorie di Méliès “Hollywood, Federico Fellini, James Cameron”. E la cosa bella è che “si possono amare entrambe le famiglie, che non sono in opposizione ma complementari”.

Tra scene di vita quotidiana, esplorazioni ai quattro angoli del pianeta, parate militari, treni in viaggio, riprese urbane e marine, le 120 vedute dei Lumière che si possono ammirare nel film di Frémaux, molte delle quali inedite, sono quindi uno straordinario documento della storia del cinema, ma anche della storia tout court, raccontando nel dettaglio, senza filtri né modifiche, città, abitudini, volti, abbigliamenti, modi di vivere di 130 anni fa. “Il progetto è quello di mettere il materiale di Lumière al servizio della storia collettiva”, spiega Frémaux, storico di formazione, e in questa direzione va anche il lancio, che avverrà a settembre, di una piattaforma chiamata Lumière+ che permetterà agli appassionati e agli studiosi di tutto il mondo di accedere alle duemila vedute dei fratelli e restituirà al mondo questo inestimabile patrimonio di immagini.
Intanto, non resta da fare altro che ammirare queste immagini Lumière - L’avventura del cinema, e rigorosamente in sala, poiché i fratelli, è bene ricordarlo, hanno anche inventato il consumo collettivo dei loro film sul grande schermo.
“È da sempre che si parla di morte del cinema, ma il cinema ha sempre trionfato ed è dappertutto, e andare al cinema è un gesto carico di magia così come lo era 130 anni fa”, sostiene Frémaux. “Tarantino mi dice che sono troppo ottimista perché sono francese, e in Francia ci sono politiche a protezione del cinema, la stampa, gli artisti e i professionisti proteggono il cinema. Ma il cinema è parte delle nostre vite, e se si prendiamo cura del cinema ci prendiamo cura di noi stessi. Nietzsche diceva che senza la musica la vita è un errore, ma noi possiamo dire che lo è anche senza il cinema. Questo è il nostro messaggio che deve passare, per prenderci cura della nostra stessa civiltà”.

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