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Le città di pianura, in eterna ricerca dell'ultimo bicchiere: incontro a Cannes con Francesco Sossai

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Francesco Sossai si era affacciato alcuni anni fa al Festival di Cannes con un corto ora giunge fino alla prestigiosa sezione Un certain regard con Le città di pianura. Lo ha presentato sulla Croisette alla stampa italiana.

Le città di pianura, in eterna ricerca dell'ultimo bicchiere: incontro a Cannes con Francesco Sossai

Più che il territorio, la terra, quella del Veneto fra i monti e la laguna, raccontata in un viaggio on the road di due personaggi in cerca eternamente dell’ultimo bicchiere, che poi diventano tre. Un oggetto inusuale nel panorama del cinema italiano, in cui riecheggia Mazzacurati, ma anche “i primi due Fantozzi, Ozu e, soprattutto Bresson, o i road movie di Risi e Monicelli”, come rivendica il regista di Le città di pianura, Francesco Sossai, durante un incontro con la stampa italiana al Festival di Cannes.

Il film, prossimamente in sala per Lucky Red, è il primo italiano presentato quest’anno nella sezione Un certain regard, per un autore nato a Feltre e formato fra Roma e Berlino, che si era già affacciato a Cannes con un corto, Il compleanno di Enrico. Ovviamente si dice “felice ed emozionato che il viaggio di Le città di pianura ci porti dal Veneto alla Croisette, con i nostri strambi protagonisti. Presentare prima il corto mi ha permesso di ambientarmi, ora lo shock è più piccolo. Ho preparato il film lavorando nei luoghi come farebbe un fotografo, scrivendo tante scene ascoltando le persone nei bar o nei mezzi di trasporto. Ho isolato i luoghi che mi interessavano e insieme davano un’idea complessa della diversità, per non dare giudizi come bello o brutto, che sono categorie che non mi interessano. Il tutto per dare un’idea diversa, forse più complessa della mia terra”.

Veneto di Feltre, quindi di montagna, ai piedi delle Dolomiti, Sossai ha scritto Le città di pianura insieme a Adriano Candiago. Protagonisti sono Carlobianchi (Sergio Romano) e Doriano (Pierpaolo Capovilla), due cinquantenni senza un soldo, ma con un’ossessione: andare a bere l’ultimo bicchiere. Una notte, vagando in macchina da un bar all’altro, si imbattono per caso in Giulio, un timido studente di architettura. “L’incontro con questi due improbabili mentori trasformerà profondamente Giulio nel suo modo di vedere il mondo e l’amore, e di immaginare il futuro. Un road movie nella sterminata pianura veneta che viaggia alla velocità con cui si smaltisce una sbronza”.

Un film che nasce, ricorda il regista, “in una notte d’inverno di quasi dieci anni fa, dopo aver preso una grandissima sbronza a Venezia con un mio caro amico. Quella notte abbiamo incontrato un giovane studente di architettura di Venezia ed è nata una grande amicizia. In Le città di pianura ho voluto seguire i legami di una tradizione di quei luoghi emersa in letteratura, indagando quelle tematiche anche con il cinema. Mi sono approcciato a una terra, raccontandone gli abitanti, non a un territorio, un termine usato per vendere qualcosa. Volevo poi indagare gli effetti della crisi del 2008, cosa mi sembra mai fatta in Italia al cinema, guardando le cose senza pregiudizi, volendo fare un film sull’oggi e sul presente. Lungo quella tradizione del nostro cinema che ha indagato le zone d’ombra, quelle che di colpo diventano poco importanti e non si possono più affrontare, che invece per me hanno un’attrazione fortissima, mi portano a gettarmi in quella piega”.

Una sequenza centrale del film è ambientata al Memoriale Brion, un complesso funebre monumentale di San Vito, frazione di Altivole, in provincia di Treviso, all’interno del quale è sepolto anche l’architetto veneziano Carlo Scarpa. “Noi siamo espressione del paesaggio in cui viviamo”, ha dichiarato Francesco Sossai, “e a Brion porto anche lo spettatore a fare una vera e propria visita, in un film tutto in movimento era importante per me far provare l’esperienza di quel luogo, in cui si mappò un futuro perduto lasciato da Scarpa. Interessante che sia una tomba. Nei paesi in cui i personaggi si aggirano non c’è più nessuno, il luogo più vitale è una bellissima tomba”.

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