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La Stranizza di un amore puro come l'adolescenza: Giuseppe Fiorello esordisce in cerca di bellezza

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Una storia d'amore puro che si scontra con il pregiudizio più cupo. Stranizza d'amuri, al cinema da oggi con BIM distribuzione, è l'esordio alla regia di Giuseppe Fiorello in cui torna nella sua Sicilia degli anni '80 con sincerità e sensibilità in cerca della libertà dell'adolescenza. Protagonisti i due giovani Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto.

La Stranizza di un amore puro come l'adolescenza: Giuseppe Fiorello esordisce in cerca di bellezza

Il mare è a un passo, mentre la bellezza di un centro storico lo osserva. Si muovono in cima al borgo e lungo il mare, i due giovani adolescenti protagonisti dell’opera prima di Giuseppe Fiorello, Stranizza d'amuri, che parte dalla storia vera e tragica di due adolescenti perseguitati nel 1980 a Giarre, per il solo fatto di amarsi, e ne costruisce intorno una sensibile parabola sulla bellezza dell’amore.

In arrivo nelle sale dal 23 marzo per BIM distribuzione, è stato scritto da Andrea Cedrola, Carlo Salsa oltre che dal regista, con la collaborazione di Josella Porto. Protagonisti sono i due convincenti ragazzi, Gabriele Pizzurro e Samuele Segreto, insieme a loro un ricco cast ben assortito, composto fra gli altri da Fabrizia Sacchi e Simona Malato, le due madri, Antonio De Matteo, Enrico Roccaforte, Roberto Salemi, Giuseppe Spata.

Un amore puro come quello fra adolescenti, la personificazione della libertà assoluta: capelli al vento in motorino d’estate, in cerca di un futuro, senza paura. È la cupezza di una società incapace di superare i propri pregiudizi che vuole scardinare con il suo racconto Giuseppe Fiorello, che rievoca ricordi personali, fra musica e canzoni che diventano colonne sonore esistenziali, e una lingua che non può che essere il dialetto, vivace e a tratti violenta.

“Ho letto un articolo sulla storia di Antonio e Giorgio, a cui dedico il film, una dozzina d’anni fa e da quel momento è diventata un’ossessione”, ha raccontato Giuseppe Fiorello. “Mi è venuto quasi un senso di colpa per non averlo saputo prima. Mi sono sentito da siciliano corresponsabile di quella mentalità che ha insabbiato questa storia. Per questo ho voluto raccontarla, dopo anni di riflessioni, con un passo indietro da regista, ma avvalendomi anche di bravi sceneggiatori per metterla in scena. Non c’è mai stata una verità, in fondo, è stato trovato un bigliettino e si è pensato a un omicidio suicidio. Allora mi sono affidato all’immaginazione poetica più che tematica, in un’estate in cui due ragazzi si incontrano e fanno un percorso insieme. Una storia intimista che ho voluto appoggiare a una universale come l’avventura trionfale dei mondiali del 1982. Un momento di grande positività sociale per il paese”.

Nel discostarsi dalla vicenda reale, Fiorello ha scelto anche di non girare proprio a Giarre, per discrezione, per non far soffrire ulteriormente persone che probabilmente ancora sentono il peso gravoso delle scelte compiute quarant’anni prima. Proprio nel momento in cui, dopo l’arresto di Matteo Messina Denaro, si è tornato a parlare di Sicilia per la “consueta” iconografia mafiosa e non più, come per fortuna sempre di più negli ultimi anni, per la sua bellezza e la cultura. Proprio in questa terra in cui il patriarcato è così presente, tiene a sottolineare lo stesso Fiorello, è nato dopo il delitto di Giarre il primo movimento gay organizzato italiano, che solo anni dopo da Palermo avrebbe assunto una dimensione nazionale. C’è molta musica, in questa storia, a partire dal titolo, che rievoca una canzone di Franco Battiato, più volte presente, non solo direttamente ma anche come anima tutelare dell’autore delle musiche, Giovanni Caccamo, ma anche della bellezza culturale di questa terra.

Nell'anima dei due ragazzi regna qualcosa di personale, intimo del regista, almeno in quanto a ricordi. “Ho preso in prestito la mia adolescenza”, ha detto, “c’è parte di me in uno dei due. È un’età in cui ci si ama tra amici anche non essendo omosessuali, con una purezza che non ha bisogno del sesso per esprimersi. Siamo arretratissimi rispetto agli adolescenti, che si guardano e si amano. È tutto naturale e nomale. Alcuni dicono che ho fatto un film coraggioso, ma peccato pensare che per amarsi ci voglia coraggio, vuol dire che in agguato c’è odio che vuole aggredirti. Nel film ci sono la mia timidezza e la conoscenza della mia terra, quando la mattina andavamo a girare sapevo già cosa trovare, come muovere la macchina, i luoghi e la mentalità siciliana, l’omertà come le paure. Dentro di me speravo di fare un film storico sul ‘come eravamo’, ma mi sembra che la questione si ripeta. È più pericolosa la discriminazione fra le mura domestiche che quella per strada”.

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