L'odio di Mathieu Kassovitz compie 20 anni - photogallery
50 immagini del film culto che ebbe ed ha tutt'oggi un fortissimo impatto artistico e sociale.
Maggio 1995.
L'edizione n.48 del Festival di Cannes premia con la Palma d'Oro il film Underground di Emir Kusturica e con il Grand Prix l'opera Lo sguardo di Ulisse di Theo Angelopoulos. Il riconoscimento per la miglior regia, però, ha un peso nettamente maggiore in termini artistici. A conseguirlo è un giovane francese di 27 anni al suo secondo lungometraggio, Mathieu Kassovitz.
Un premio per la regia a 27 anni al Festival di Cannes.
François Truffaut ebbe la stessa ricompensa a quell'età nel 1959 per I 400 colpi.
All'impatto artistico de La haine (L'odio) fa eco quello sociale quando il film esce pochi giorni più tardi nelle sale francesi, il 31 maggio 1995. Con quell'opera Kassovitz sferra un pugno nello stomaco della Francia nazionalista e fiera di sé, pone domande scomode su come possa formarsi l'odio tra i giovani delle banlieue e la polizia accusando indirettamente la politica di trascurare il fenomeno e di non comprenderne le radici. Peraltro un fenomeno sempre attuale, sfortunatamente.
Girato a colori, è successivamente in fase di montaggio che Kassovitz associa la potenza estetica del bianco e nero con i contrasti razziali della storia che racconta. Le immagini sono pregne di un'aria irrespirabile, infiammabile, in cui basta una scintilla per far esplodere il dramma. Le 24 ore di vita di Vinz, Saïd e Hubert sono un viaggio di quotidiana sopravvivenza nel loro mondo di minoranze etniche, di emarginati ma sorvegliati.
L'odio ha un grande impatto mediatico, lancia le carriere di Mathieu Kassovitz e di Vincent Cassel e lascia un segno profondo nella cinematografia francese.
Le 50 immagini qui sotto, inserite in ordine cronologico, permettono di ripercorrere il film e scorrendole si può sentire il ticchettio della storia, una bomba ad orologeria pronta alla deflagrazione.
Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di cinquanta piani.
Mano a mano che cadendo passa da un piano all'altro, il tizio per farsi coraggio si ripete:
"fino a qui, tutto bene... fino a qui, tutto bene... fino a qui, tutto bene."
Il problema non è la caduta, ma l'atterraggio.