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I Dannati: Roberto Minervini riscrive la guerra al cinema e presenta al 77° Festival di Cannes il suo primo film di finzione

Fa parte della sezione Un Certain Regard I Dannati, il primo film italiano presentato al Festival di Cannes 2024. Da americano di adozione, il regista Roberto Minervini racconta la Guerra di Secessione in quanto conflitto fondativo e mette al centro del racconto l'uomo.

I Dannati: Roberto Minervini riscrive la guerra al cinema e presenta al 77° Festival di Cannes il suo primo film di finzione

È l’Italian Pavillion con i suoi colori accesi su sfondo bianco a ospitare l'incontro con i giornalisti di Roberto Minervini, autore del primo film italiano al 77° Festival di Cannes. Il regista è venuto senza i suoi attori ma con la moglie e i due figli, che dalla prima fila scattano orgogliosamente fotografie al loro papà e anche alla loro mamma, che da anni è anche collaboratrice del filmmaker.

I Dannati, distribuito da Lucky Red, è il primo "non documentario" di Minervini, un'opera complessa e bellissima che nel titolo richiama non solo l'idea di un'inevitabile condanna, ma anche i peccatori dell'Inferno dantesco, e se così è, dipende dal fatto che i protagonisti della vicenda sono alle prese con un conflitto bellico, che poi sarebbe la Guerra di Secessione. Il film, in particolare, si sofferma su una compagnia di volontari dell'esercito degli Stati Uniti inviata a presidiare le terre inesplorate dell'Ovest nel 1862. Roberto Minervini è americano di adozione e ha raccontato il paese a stelle e strisce nei suoi doc, facendo quel cinema politico senza il quale, come dice lui, "qualsiasi film diventa un esercizio di stile". I Dannati, che è a metà tra cinema d’autore e mainstream, politico lo è eccome, ma nel mettere l'uomo al centro del racconto, stempera la morale con la poesia.

Dopo aver parlato con diversi giornalisti in rapide interviste one to one, il regista presenta il suo primo lungometraggio di finzione alla restante stampa italiana, parlando prima di tutto della genesi del progetto: "L'idea di questo film parte da lontano, perché ci pensavo da tempo, e da una duplice riflessione, la prima legata al genere cinematografico. Sentivo il desiderio di cimentarmi non solo nella finzione cinematografica, ma anche nel genere film di guerra, e questo perché ho avuto un rapporto, a volte simbiotico e a volte dissonante, con il cinema bellico proprio per la rappresentazione di una sovrastruttura morale riguardante l'idea di vittoria, che a volte si riduce a un'inutile conta dei morti. La guerra, al cinema, ha spesso avuto un valore intrinseco ed è stata caratterizzata da un’immagine molto muscolare della mascolinità. Erano tematiche che mi interessavano particolarmente, e così mi sono riproposto di iniziare un percorso che mi portasse per certi versi a riscrivere la guerra al cinema. Inoltre desideravo reinventare un metodo di lavoro fortemente basato sull'esperienza che prima guardava al reale e che ho sempre chiamato cinema del reale. Mi sono chiesto: 'Come faccio ad adottare i principi di questo modo di lavorare in un ambito di finzione? Come faccio ad andare a ricreare un contesto intimo che possa partire dal di dentro".

In Dannati la forma e il contenuto coincidono, e lo si vede da una messa a fuoco che ribadisce la centralità dell'uomo e da un lavoro molto accurato sul suono, in primis quello delle armi. Minervini ci tiene ad approfondire quest'ultimo aspetto e dice: "Curiosamente le armi sono state fornite dal produttore di armi d'epoca più importante che ci sia negli Stati Uniti, che poi è italiano. Per quanto riguarda il suono delle armi, ho voluto fosse registrato in presa diretta. Ciò non significa che c'è stato uno scontro a fuoco, ma semplicemente che, con le precauzioni del caso, è stato registrato il suono di quelle armi da fuoco e la riproduzione è fedele, anche perché sul set c'erano degli esperti e degli storici. Nella scena della battaglia, invece, il suono delle armi si è andato volontariamente a distorcere, trasformandosi in qualcosa di contemporaneo. Verso la fine c'è quasi un'esplosione di una granata, e quel suono diventa un po’ tutte le guerre, diventa il suono della guerra delle guerre e quindi della guerra con la "g" maiuscola, che quindi assume il ruolo di condizione esistenziale. Man mano che I Dannati va avanti, la durata degli spari cambia, il suono dei proiettili cambia e diventa un qualcosa di riconoscibile. Anche la mia scelta di andare a creare una situazione di guerra dove non esiste il fronte fa sì che si perda la percezione spazio-temporale, e dato che la guerra è uno scontro senza parole e senza grida, rimane solo l'eco di quegli spari, un’eco che parte dai moschetti e arriva fino agli AR-15".

Qualcuno fa giustamente notare a Roberto Minervini che i personaggi del film non sono i soldati a cavallo di John Ford ma uomini a cavallo, proletari che, nei momenti in cui non accade nulla, parlano del loro quotidiano. Il regista è d'accordo e spiega: "Da anni mi interfaccio con i veterani di guerra e in loro non c'è mai stato uno scambio di sguardo sull'essere dei guerrieri. La guerra non è mai stata vista come se il condottiero fosse qualcosa di diverso dall'uomo che semplicemente cerca di arrivare a fine mese. La ragione del soldato mercenario è un po’ quella della busta paga, e poi bisogna considerare che le varie branche dell'esercito offrono laute borse di studio per il college. Questo fa sì che il soldato non si aspetti fino in fondo di trovarsi in una situazione di scontro bellico. Il soldato ammette la mortalità dell'essere umano senza crederci fino in fondo, e quindi nei personaggi del film è molto presente questa incredulità di fronte all’incubo del combattimento e dell'oblio in cui si precipita dopo aver vissuto l'esperienza della battaglia. È anche per questo che ho focalizzato l'attenzione unicamente sull'umanità di questi ragazzi giovani o questi adulti che, inevitabilmente, anche durante la guerra fanno riferimento alla vita, ai loro doveri familiari, ai sogni ancora da realizzare. Pensare al bestiame da allevare è meglio che accorgersi che si è sul punto di  affrontare una carneficina. Questa prospettiva di violenza è talmente disumana che diventa impercettibile anche quando si sta a pochi momenti dallo scontro".

Sono passati 4 anni dall'ultimo documentario di Roberto Minervini, intitolato Che fare quando il mondo è in fiamme? e girato in pieno clima Black Lives Matter. All'epoca, lo scenario politico si apprestava a mutare, e infatti a vincere le Presidenziali fu, poco dopo, Joe Biden. Adesso la situazione è ancora cambiata e Donald Trump si prepara a tornare in carica. Al regista viene chiesto un parere su questo: "Ci si prospetta come unico scenario possibile l'elezione a presidente di Trump, ma ci sono anche delle certezze che, viste da vicino, fanno impressione, per esempio il fatto che la Corte Suprema sia ormai un organo politico di parte, per cui non so bene come stiate seguendo in Italia lo sviluppo del processo a Trump, ma dall'interno posso dire che non è necessario seguirlo perché già sappiamo che si arriverà alla corte suprema e tutto si concluderà con un nulla di fatto, quindi assisteremo allo spettacolo dell'utilizzo di un organo super partes come esecutore della volontà di un governo. Già questo è di per sé è uno scenario apocalittico. Poi bisogna tener conto dei movimenti grassroots. Da un po’ si nota un empowerment di questi movimenti, ad esempio il moto per il ritorno alla legge sovrana del territorio americano che è la Bibbia, o per il ritorno alla suddivisione binaria tradizionale fra i generi, o ancora per il ritorno, a livello federale, della pena di morte. Ciò che sta accadendo in America è preoccupante, è una guerra civile che ha diversi elementi in comune con la guerra di Secessione: la statalizzazione del cristianesimo, per esempio, che, con il suo in God we trust, nasce come messaggio di unione, come sentimento unificatore per le truppe allo sbando dell’esercito americano. Il governo Trump andrà perciò a riesumare dei messaggi, delle filosofie unificatrici per l'America disunita, e questi messaggi riguarderanno specialmente la religione e la famiglia".

I Dannati arriva nelle sale italiane domani 16 maggio, dando a chi non partecipa al Festival di Cannes un assaggio dell’atmosfera che si respira nel luogo della manifestazione cinematografica più importante al mondo. Ricordiamo che al film hanno partecipato sia attori che non attori, ai quali non veniva dato un copione, dal momento che le scene e i dialoghi venivano costruiti a inizio giornata, con il risultato di una grande immediatezza e una notevole spontaneità.

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