Caracas: Marco D'Amore e Toni Servillo presentano il loro sorprendente film tratto dal libro di Ermanno Rea
Presentato oggi 26 febbraio a Roma il nuovo film di Marco D'Amore, Caracas, dal romanzo "Napoli Ferrovia" di Ermanno Rea, con i protagonisti D'Amore, Toni Servillo e Lina Camélia Lumbroso.

Se Caracas, il personaggio che dà il titolo al secondo film di finzione diretto e interpretato da Marco D’Amore, è un uomo di pensiero e d’azione, come è stato detto in conferenza stampa, lo stesso si può dire dell’attore e regista napoletano, che mette l’anima in quello che fa ed è capace di filtrare la realtà con un occhio sempre attento all’estetica e all’action cinematografica, dopo essere sceso nelle profondità dell’inconscio di uno scrittore, un personaggio, una città. Non a caso nella conferenza stampa di presentazione del film, che innesta su elementi realistici uno sguardo visionario di grande suggestione, D’Amore ha citato il titolo del libro di interviste sul cinema di David Lynch, uno che con l'inconscio ha parecchio a che fare, “Perdersi è meraviglioso”, perché è smarrirsi fino in fondo nelle storie che racconta quello che ama. Per chi scrive, Caracas, di cui torneremo a parlare in modo più approfondito e che non si adagia sugli allori de L'immortale e dell'immaginario di Gomorra, è una scommessa vinta. Tratto dal romanzo del 2007 “Napoli Ferrovia” di Ermanno Rea, uno scrittore fondamentale per il suo rapporto con Napoli, il cui “Nostalgia” Mario Martone ha portato al cinema nel film omonimo, Caracas è un film sorprendente, sincero e coraggioso, una benvenuta boccata d’aria nel prevedibile panorama del cinema italiano che non osa, non rischia e finisce per ripetersi.
A presentarlo, oltre a Marco D’Amore, c’era il suo Maestro, l’incomparabile Toni Servillo nel ruolo del "Maestro", l'anziano scrittore che torna dopo anni a Napoli intenzionato a non scrivere più, ma incontra il personaggio di Caracas, diviso tra l’aderenza neofascista e la conversione all’Islam e l’amore per la giovane tossicodipendente Yasmina, interpretata dall’attrice francese Lina Camélia Lumbroso. E naturalmente erano presenti i produttori di Picomedia, Mad Entertainment e Vision Distribution, che hanno scommesso su un film che merita un riscontro anche di pubblico e che uscirà al cinema il 29 febbraio.

Il produttore Luciano Stella, che aveva già acquistato i diritti di “Nostalgia”, parlando dell’importanza della figura di Ermanno Rea, ha detto che “dentro i suoi libri c’è sempre l’anima della città e ci sono dei personaggi molto forti. In questo c’era Caracas – come abbiamo sempre chiamato il film -, una storia che ci ha colpito molto e in cui, tra i tanti, sono presenti anche elementi come la conversione all’Islam, che in Italia, a differenza che in Francia e in Inghilterra, non è stata raccontata”. Toni Servillo, che pure col suo enorme talento ha graziato con la sua presenza molti debutti, è particolarmente felice di aver dato vita al Giordano Fonte di questo film, che definisce “un’emozionante circostanza in cui si sono invertiti i ruoli, Marco è cresciuto nella mia compagnia teatrale quando era molto giovane e l’idea che ora mi dirigesse è stata molto bella, è un giovane autore che ha conquistato un enorme popolarità col personaggio di Gomorra, sceglie questa popolarità per realizzare un film dal linguaggio complesso su argomenti complessi e decide di offrirli a quelli della sua generazione. Poi c’è il personaggio di Fonte che affascina molto, l’idea che una vecchia cariatide comunista – come lui si definisca - che decide di tornare a Napoli, da dove manca da molto, per ritirare un premio e dire che non scriverà più, è nel pieno di una crisi professionale ed esistenziale, in uno stato di smarrimento, e in questo momento di crisi incontra questo personaggio con cui nasce un’amicizia che più paradossale non si può immaginare, per cui questo scrittore di cose vere si trasforma in una macchina dei sogni, è un’avventura letteraria opportuna dal punto di vista cinematografico e lo spettatore si chiede se ha davvero incontrato Caracas o se sia il protagonista del suo ultimo romanzo o addirittura un demone dentro di lui che l’occasione gli consente di espellere. Ma la molla principale per aver accettato il ruolo, ci tengo a dirlo, è stata quella di stare accanto a un giovane scrittore e regista che fa una scelta molto coraggiosa".

Per la giovane interprete di Yasmina, la francese Lina Camélia Lumbroso, Caracas è stato “Una sfida. Ho imparato molto su questo set e mi sono riconnessa con le mie origini tunisine e la lingua araba. I miei sono emigrati in Francia e in casa non si parla arabo ma francese, quindi avere questa possibilità di praticarlo durante le riprese è stato incredibile, Marco è una persona molto importante nella mia vita, il mio mentore, ho imparato molto da Toni e da lui e siccome tutto accade per un motivo, mi è venuta voglia di continuare a fare film in Italia”. Su D’Amore regista Lina ha parole di grande e affettuoso apprezzamento: “Marco è una persona speciale, molto profonda, mi ha guardato molto, in silenzio - e i suoi occhi dicono tante cose - e a volte mi sussurrava nell’orecchio e mi dava dei consigli in modo molto delicato, come un topolino che mi diceva delle cose molto pertinenti, dirette a me dopo avermi guardato e studiato. In più ha un’estrema lucidità, sa come parlare e non dirige per sé ma per gli altri, in genere i registi fanno dei film molto egoisti ma lui condivide e questo fa della sua regia una regia speciale, così come Napoli è una città molto speciale con personaggi particolari”. Francesco Ghiaccio, co-sceneggiatore del film, dice che trasporre il testo in una sceneggiatura è stato: “molto, molto complicato perché il libro è un diario esistenziale, la storia di un uomo che fa i conti con la propria vita, un grande romanzo di un grande autore e abbiamo cercato di non tradirlo raccontando lo scrittore che seguendo questo spirito guida si perde nella città che non riconosce e dove è cresciuto e ha provato la passione per le grandi ideologie, per scoprire che le religioni sono molto meno forti e importanti della mano che ti stringe quando stai per esalare l’ultimo respiro”.

Sulla bellissima fotografia che contribuisce alla rappresentazione di una Napoli poco riconoscibile, che potrebbe essere un luogo multietnico ovunque nel mondo, con tratti da girone infero, Marco D’Amore, che ama promuovere i talenti e ha già valorizzato Guido Michelotti, promuovendolo da operatore di ripresa a direttore di fotografia, dice di aver fatto lo stesso con Stefano Meloni, che ha fatto esordire in una puntata della quinta stagione di Gomorra e a cui per Caracas ha dato indicazioni molto particolari: “Ho chiesto a Stefano di far fumare, sudare, piangere la città, di fotografare Napoli come Gotham City, renderla irriconoscibile, sullo sfondo, un po’ Gotham City e un po’ Sin City. Volevo una città bagnata, un film umido, un film di muffe perché scendiamo in luoghi dell’anima profondi”. Parlando dei suoi film “napoletani” e dei temi del film, Toni Servillo dice: “Ho avuto modo di partecipare a tanti film su Napoli, una città che non finisce di sorprendere, dal bellissimo esordio di Mario Martone con Morte di un matematico napoletano, a L’uomo in più, Gorbaciov, Gomorra. Mai come in questa circostanza una macchina da presa era entrata con tanta impudicizia nel mondo dell’estrema destra fascista, mai raccontato, e nella comunità islamica napoletana”.
In una risposta ad una domanda sullo smarrimento dei protagonisti, oltre a Lynch, Marco D'Amore cita l’attore Louis Jouvet e il suo "elogio del disordine", e l’educazione teatrale ricevuta da Servillo, “questo signore che si maschera dietro questa timidezza ed è un esempio unico di intransigenza e ossessione (...) Ho imparato e appreso in un mondo che è stato Teatri Uniti, che mi ha messo alle prese con la complessità del mestiere e della sua bellezza e dato il desiderio di ambire a cose quasi inafferrabili”. E sulla ricerca di Caracas, che dalla sequenza iniziale, dove si butta da un aereo, dice che “precipita nell’amore, col rischio di rompersi l’osso del collo, con quel cazzo di elemento dì adrenalina che dà il rischio di morire e aprire il paracadute all’ultimo minuto, che è anche e il senso del nostro lavoro. Spero che questa caduta alla quale abbiamo aderito facendo il film, ci veda alla fine tutti sani e salvi”. E Toni Servillo non potrebbe fargli augurio migliore quando dice: “Spero che Marco possa da qui in avanti tenere fermi questi principi, non navigare su cose comode, non seguire l’ovvio ma rischiare e accettare le difficoltà come occasione di mettersi in gioco”. Ce lo auguriamo anche noi, stanchi di visioni asfittiche, prevedibili e conformiste: perché osando si può sbagliare, certo, ma anche offrire momenti di autentica poesia e stimoli ad uno spettatore non addormentato. Potrete verificare, se vorrete, se abbiamo o meno ragione, dal 29 febbraio, quando Caracas arriverà al cinema.